La Lombardia ha un residuo fiscale di 54 miliardi

E’ la differenza tra quanto ogni regione versa in tasse e quanto riceve in servizi

Il divario tra Nord e Sud, negli ultimi mesi, è tornato d’attualità. Studi economici si rincorrono per capire quanto il Nord e il Sud danno e ricevono in termini di versamenti fiscali e di spesa pubblica. Abbiamo già analizzato i dati della Ragioneria dello Stato sulla spesa pubblica “ricevuta” da ogni cittadino nelle varie regioni e quelli dei Conti pubblici territoriali, per certi versi più completi che riguardano anche il residuo fiscale delle Regioni. Adesso, però, vediamo cosa dicono i numeri se prendiamo in considerazione il cosiddetto residuo fiscale. In questo articolo analizzeremo il residuo fiscale attraverso i dati disponibili raccolti da una ricerca di Europolis, l’istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione della Lombardia (che dal 2018 fa parte di Polis) e quelli della Banca d’Italia (sono una media del periodo 2015-2017). Ma, prima di tutto, che cos’è?

Che cosa è il residuo fiscale

Per residuo fiscale si intende la differenza tra quanto un territorio versa sotto forma di tributi allo Stato e quanto da esso riceve sotto forma di servizi. Il grafico sopra mostra esattamente questo: a quanto ammonta la differenza tra quanto le Regioni italiane versano sotto forma di tributi a Roma e quanto dallo Stato centrale ricevono in termini di servizi e investimenti. Naturalmente se l’istogramma è a destra la Regione versa più di quanto riceve se, invece è a sinistra è residuo fiscale negativo: riceve più di quanto versa (come si può notare dai grafici presenti in questo articolo). I versamenti a Roma riguardano in particolare queste imposte e tributi:

  • Imposte dirette (per esempio l’Irpef) , imposte in conto capitale (per esempio l’Imu), imposte dirette (per esempio l’Iva)
  • Contributi sociali effettivi e figurativi versati da lavoratori e imprese (i contributi di lavoro che vanno principalmente all’Inps)
  • Interessi, dividendi, redditi prelevati dai membri di quasi società (es interessi su obbligazioni di imprese) , utili reinvestiti di investimenti all’estero, fitti di terreni e diritti sfruttamento giacimenti
  • Trasferimenti correnti o in conto capitale diversi da famiglie e imprese
  • Produzione di servizi vendibili e produzione di beni e servizi per uso proprio

Questo, invece, è un elenco delle principali voci di spesa dello Stato sui territori regionali.

  • Spesa per consumi finali (per esempio la spesa statale in giustizia, istruzione, ecc)
  • Prestazioni sociali in denaro e trasferimenti correnti diversi a famiglie e istituzioni sociali private
    (tipicamente le pensioni in particolare quelle sociali o di invalidità)
  • Contributi alla produzione e trasferimenti correnti diversi a imprese (i vari incentivi alle aziende)
  • Imposte dirette, trasferimenti ad enti pubblici (ovvero i gettiti delle tasse come l’Irap re-indirizzate alle regioni)
  • Investimenti fissi lordi (per esempio quando lo Stato costruisce una nuova autostrada in una regione)
  • Contributi agli investimenti a famiglie e imprese (trasferimenti in conto capitale, per esempio contributi a fondo perduto a start-up).

Il residuo fiscale delle Regioni

Ebbene, i complessi calcoli hanno portato a una differenza che per alcune regioni appare da record. Innanzitutto per la Lombardia, che vanta un residuo fiscale a proprio sfavore di 54 miliardi circa, come emerge dalla ricerca di Euopolis con gli ultimi dati disponibili, quelli del 2016. Parliamo della differenza tra quanto privati cittadini e imprese lombarde versano e quanto ricevono in servizi e trasferimenti è altissima, molto superiore a quella delle altre regioni.

residuo fiscale

La seconda regione, l’Emilia Romagna, vede un residuo fiscale molto minore, di 18 miliardi e 861 milioni Viene poi il Veneto, con 15 miliardi e 458 milioni. Al quarto posto c’è il Piemonte con 8 miliardi e 606 milioni. A seguire tutte le regioni del Nord, tranne la provincia di Trento, la Toscana e il Lazio. Al contrario ci sono quelle regioni in cui il calcolo del residuo fiscale dà un risultato negativo, perché quello che si riceve da Roma è più di quanto si versa.

E’ il caso di tutto il Sud: la Sicilia ha il dato con il maggior deficit, – 10 miliardi e 617 milioni e questo nonostante il livello altissimo delle tasse locali. Poi viene la Puglia, con -6 miliardi e 419 milioni; la Calabria, -5 miliardi e 871 milioni e la Campania, – 5 miliardi e 705 milioni. Tra le aree in deficit fiscale c’è anche la provincia autonoma di Trento. Che sia autonoma non è certamente un caso, l’enorme afflusso di denaro proveniente da Roma riesce infatti a superare anche quello che viene versato e prodotto dai trentini, nonostante questo non sia poco.

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La situazione fiscale pro capite

Le regioni italiane non hanno lo stesso numero di abitanti, se la Lombardia ne ha più di 10 milioni, il Molise, la Basilicata, la Valle d’Aosta non raggiungono il milione. Si deve, quindi, mettere in relazione il residuo fiscale al numero di abitanti. Dividendo il residuo fiscale per il numero di abitanti abbiamo quindi il residuo fiscale pro-capite.

In questo caso i dati più aggiornati (sono una media tra le rilevazioni 2015,2016 e 2017) sono quelli del rapporto “Economie regionali” della Banca d’Italia. Ebbene, anche in questa classifica la Lombardia è prima, con 5.426 euro per cittadino. Le differenze con le altre regioni tuttavia non sono più abissali. L’Emilia Romagna, è al secondo posto con 3.227 euro, il Veneto, al terzo, 2.031 euro. Tra le regioni con residuo negativo – come si vede nel grafico sopra – il valore record è quello della Calabria con -5.344 euro. Guardando lo stesso rapporto della Banca d’Italia possiamo misurare il residuo fiscale delle regioni anche in rapporto al Pil. Quello lombardo vale, ad esempio, lo 3,2% del Pil, mentre quello dell’Emilia Romagna rappresenta lo 0,9%.

Le critiche al residuo fiscale

Naturalmente non mancano critiche a questo metodo di calcolo. E’ chiaro che appare difficile attribuire a ogni regione tutti i gettiti delle imposte e soprattutto tutte le spese dello Stato. La spesa per la difesa, per esempio, finisce in alcune installazioni specifiche, centrali e periferiche, e anche se va in un radar magari in Puglia è chiaro che questo difende anche il resto del Paese e non solo quella regione.Così i finanziamenti per una università in Emilia Romagna in cui studiano anche giovani di tutte le altre regioni.

Poi vi sono tutte le strutture centrali dello Stato, concentrate a Roma, che tuttavia offrono servizi per tutto il Paese. Tuttavia quello che è innegabile è il grosso squilibrio che, miliardo più, miliardo meno, contraddistingue da sempre il nostro Paese. La Lombardia da sola può “mantenere” molte regioni del Mezzogiorno, non da oggi, e ci sono pochi casi simili nel resto d’Europa.

Il referendum lombardo sul residuo fiscale

Il 22 ottobre del 2017 due Regioni italiane, Lombardia e Veneto, hanno indetto referendum cosiddetti “per l’autonomi”. Intenzione della consultazione era proprio chiedere ai cittadini (il referendum era, e non poteva che essere, consultivo) il via libera alla richiesta da parte delle autorità regionali a intraprendere con lo Stato un percorso che portasse a una maggiore autonomia, appunto, sull’utilizzo dei fondi prelevati con le tasse sul territorio riducendo, quindi, il residuo fiscale, cioè la quantità di risorse che dalle Regioni arrivano a Roma. Contemporaneamente le due regioni hanno chiesto anche un aumento delle competenze, cioè, un aumento delle materie sulle quali poter legiferare. Il risultato dei due referendum è stata una vittoria schiacciante dei Sì, ma risultati concreti, a diversi anni dalla consultazione, non ci sono stati.

I dati si riferiscono al: 2015-2018 – Ultimo aggiornamento lunedì 20 aprile 2019

Fonte: EuPolis

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