Pnrr e lavoro: 8 miliardi per l’occupazione giovanile

Agli under 35 solo l’8% dei fondi del piano, in Spagna il 12%. Ecco come verranno spesi

Il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con i fondi europei, dedica una fetta importante dei finanziamenti ai giovani e al lavoro. L’obiettivo è far crescere l’occupazione giovanile del 3,3% entro il 2026 rispetto a quello che accadrebbe senza i fondi Ue. Giovani e lavoro nel Pnrr sono una componente trasversale: non esiste una missione dedicata a loro, ma le misure sono distribuite tra i vari pilastri di cui è composto il piano scritto dal governo Draghi che ha profondamente corretto quello redatto dal suo predecessore, Giuseppe Conte, e dall’ex ministro dell’economia Roberto Gualtieri, oggi sindaco di Roma.

Quanti soldi del Pnrr per il lavoro per i giovani

A fronte di questo possiamo solo fare stime su quanto effettivamente viene dedicato agli under 35. La stima dell’Osservatorio della Fondazione Bruno Visentini si aggira intorno ad una voce di spesa di 8 miliardi. Peccato che in Spagna, Paese con condizioni simili per disoccupazione giovanile, la quota di finanziamenti per i giovani prevista nel loro Pnrr sia del 12%.

Perché l’occupazione giovanile è fragile

Ma vediamo quali sono le voci principali dedicate al lavoro per i giovani nel documento ufficiale del Pnrr. Intanto, iniziamo dicendo che i giovani partono sicuramente da una situazione di debolezza. Anche durante la ripresa seguita alla recessione del 2011-2013 l’occupazione giovanile era cresciuta negli anni meno di quella dei più anziani, “costretti” a rimanere al lavoro dalle riforme delle pensioni. E soprattutto molto più protetti da contratti e tempo indeterminato, mentre una percentuale sempre maggiore di chi aveva meno di 40 anni aveva dovuto accettare quelli a termine, i primi a entrare in pericolo di non rinnovo in caso di crisi.

Giovani e lavoro, cosa prevede il Pnrr

E così è stato anche in questa occasione. Con il blocco dei licenziamenti per i dipendenti permanenti molte aziende si sono trovate costrette a non rinnovare quelli a tempo determinato o gli accordi con i free lance. Gli occupati a termine sono calati tra febbraio 2020 e febbraio 2021 del 12,8%, mentre quelli con il posto fisso sono scesi solo dell’1,5%.

Di conseguenza sono stati coloro che già si trovavano in una situazione di svantaggio da tempo a soffrire di più la crisi pandemica, i giovani. Ha piovuto sul bagnato. Ad aggravare la situazione la grande concentrazione di giovani proprio in quei segmenti dell’economia più colpiti dalle restrizioni. Il commercio, il turismo, l’intrattenimento, la ristorazione. Proprio per questo i giovani nel Pnrr pubblicato dal governo nelle ultime settimane costituiscono una delle grandi direttrici del piano assieme alle donne e al Mezzogiorno.

L’obiettivo è incrementare l’occupazione proprio di questa parte della società, più istruita eppure più povera. Nella parte del Pnrr relativa agli impatti infatti è previsto che tra il 2024 e il 2026 questa sarà del 3,3% più alta rispetto a quella dello scenario base, quello in cui non vi sarebbe alcun Next Generation Eu europeo.

Il Pnrr e il mercato del lavoro

Quasi metà dell’incremento di occupazione proviene dalle prime due missioni per risorse stanziate, quella sulla digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e quella sulla rivoluzione verde. Dal 2023 solo queste due contribuiranno con un aumento del 1,6% l’occupazione giovanile rispetto allo scenario base. Ma è soprattutto la prima missione che ha un impatto specifico sulle ultime generazioni.

A essere stimolato qui è sia il lato dell’offerta, ovvero il miglioramento delle competenze e quindi dell’appetibilità di chi esce dalla scuola e dall’università che avranno meno difficoltà a trovare un lavoro stabile e ben remunerato, sia il lato della domanda, ovvero con l’incentivo alla nascita di posti di lavoro in settori innovativi che richiedano personale giovane ed istruito.

Giovani e lavoro, parte il servizio civile digitale

In questa direzione andranno il Servizio civile digitale, che dovrà contribuire a ridurre il digital gap di “ultimo miglio”, ovvero tra le fasce più marginali anche della popolazione giovanile. E poi le riforme della Pubblica Amministrazione, che dovrà reclutare più personale specialistico, prendendolo secondo il Pnrr tra i giovani laureati. Un esempio sarà l’assunzione di 1.600 neolaureati oltre a 3mila diplomati e 750 diplomati specializzati nell’ambito della giustizia per rafforzare lo staff amministrativo e tecnico e velocizzare i processi.

I giovani e Transizione 4.0

E tutti gli incentivi di Transizione 4.0 poi sono rivolti a fare crescere quelle imprese soprattutto nel settore dell’Ict e in cui si fa più ricerca e sviluppo, che già ora occupano più giovani nella media. In quest’ottica questi ultimi potranno godere anche degli investimenti in formazione e upskilling che riguarderanno sia i lavoratori sia coloro che sono in una situazione di disoccupazione, ancora una volta soprattutto under 40. Giovani e lavoro è poi un binomio che si cercherà di rafforzare nel settore del turismo, quello che è protagonista dell’ultima componente della missione sulla digitalizzazione.

pnrr lavoro

Il programma scolastico per l’occupazione giovanile

Naturalmente un impatto decisivo lo dovranno avere anche gli investimenti nell’ambito dell’istruzione e della ricerca, inclusi nella quarta missione. Contribuiranno a fine piano a un aumento di mezzo punto dell’occupazione giovanile, non poco considerando che è tra le missioni con meno fondi, e tuttavia si tratta di interventi che probabilmente avranno un impatto superiore più avanti nel tempo.

Perché in questo caso si agirà a monte, sull’offerta formativa. Importante sarà il raddoppio dei diplomati negli Its, l’allineamento dei curricola degli istituti tecnici e professionali alle esigenze delle aziende, il potenziamento delle competenze digitali degli insegnanti e il cablaggio di 40 mila edifici scolastici. Cosa che consentirà maggiori occasioni di apprendimenti. L’aumento di 3.600 del numero dei dottorati per allinearsi con il resto d’Europa.

Un impatto forse più ravvicinato nel tempo lo avrà il sostegno alle startup. Nonché il miglioramento dei rapporti tra centri di ricerca universitari e imprese, per favorire il trasferimento tecnologico. Si tratta di ambiti in cui già ora l’impiego di lavoratori o ricercatori giovani è più importante che altrove.

Pnrr e giovani, ridurre il numero dei Neet

Di nuovo a monte agiranno invece gli interventi della missione su inclusione e coesione. Che puntano con la rigenerazione urbana e più servizi di prossimità a ridurre quella marginalità giovanile, quel degrado che colpisce molte periferie. E che è tra le cause dell’alto numero di Neet (coloro che non lavorano e non studiano) nel nostro Paese, che sono il 27,9% delle donne e il 19,9% degli uomini sotto i 35 anni.

I centri per l’impiego da potenziare

È in questa missione che sono inseriti anche il  Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (Gol) e il potenziamento dei Centri per l’Impiego e del Servizio Civile Universale. Insieme questi interventi dal 2024 dovrebbero accrescere del 0,6% l’occupazione dei giovani, per il Pnrr. Forse però sarà ben oltre il 2026, tra 10 o 20 anni, o più, quando un intero sistema educativo e sociale sarà stato riformato e gli investimenti avranno avuto il loro effetto su una intera generazione, che sarà chiaro se gli obiettivi saranno stati veramente raggiunti.

I dati si riferiscono al 2021-2026

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri

Leggi anche: Il Pnrr di Draghi e quello di Conte: il confronto

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