Case discografiche, quali sono le più grandi del mondo

Universal Music con il 32% batte le etichette discografiche indipendenti

Prima domanda: che cosa è una casa discografica? E’ semplicemente un’azienda che si occupa della produzione, della distribuzione e della promozione di musica in tutti i suoi formati. L’etichetta discografica, invece, non è altro che il marchio commerciale creato dalle case quindi di fatto, possiamo trattarle come sinonimi, anche se non è sempre è la stessa cosa. Questi player commerciali gestiscono ogni anno un mercato da oltre 20 miliardi di dollari. Chiarito questo concetto fondamentale, in un momento in cui continuano a cambiare formati e mezzi di distribuzione dell’industria musicale, possiamo chiederci quali sono le più grandi case discografiche al mondo.

La storia delle case discografiche

Tutto è iniziato nel 1877 quando Edison inventò il fonografo, una rivoluzione che permise il passaggio dal commercio degli spartiti a quello di dischi. Ma il primo imprenditore che intuì la grandezza del mercato musicale così come lo conosciamo oggi è Edward Wallerstein. Fu direttore della Columbia Records e fu il primo a tentare di riunire in un unico singolo almeno 17 minuti di musica per lato. Nel 1947 Wallerstein riuscì a realizzare un disco che conteneva 22 minuti di musica per lato e che bisognava riprodurre alla velocità di 33 giri e un terzo. Da lì in poi fu tutto la crescita del mercato musicale non si arrestò mai, grazie anche alle generazioni del Sessantotto che usarono la musica come uno dei mezzi principali di contestazione. Il resto è storia più o meno conosciuta: prima l’invenzione dei Cd, poi dell’iPod e oggi di quella in streaming o “liquida”, cioè adattabile e fruibili in tantissimi formati.

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Le più grandi etichette discografiche: le 3 major

Virgin Records, Atlantic Records, Rca, Capitol Records, Elektra, Interscope e Deutschegrammophon sono solo alcune delle etichette discografiche che hanno fatto la storia della musica. Alcune ancora esistono, altre sono state inglobate da gruppi più grandi e altre ancora sono fallite perché non in grado di stare al passo coi tempi. Ad oggi, come si può vedere nel grafico in alto, sono 3 le major musicali che si dividono il mercato internazionale: Universal, Warner e Sony. Fino a pochi anni fa conservava uno spicchio anche la Electric and Musical Industries (Emi), l’etichetta musicale britannica fondata nel 1931 poi acquistata in parte dalla Vivendi e in parte dalla Sony.

Le 3 major si spartiscono così l’intero giro d’affari del mondo, che ammonta in totale a circa 21,6 miliardi di dollari. Universal Music è sicuramente la più grande, seguita poi da Sony e Warner. Nell’ultimo anno gestivano rispettivamente il 32,1%, il 20,6% e 15,9% delle quote di mercato.

Quali sono gli artisti della Universal, Warner e Sony

Tra i big che sono attualmente sotto contratto con la Universal Music ci sono nomi come Justin Bibier, Elisa, Eros Ramazzotti, Lady Gaga, i Nirvana, Cesare Cremonini e Vasco Rossi. Con la Sony Music hanno firmato, invece, tra gli altri, Christina Aguilera, Giovanni Allevi, Alessandra Amoroso, Renzo Arbore, Claudio Baglioni, Mariah Carey, Depeche Mode, Francesco De Gregori. Con la Warner, invece, incidono, tra gli altri, Laura Pausini, Ligabue, Ghali, Benji & Fede, Nek, Annalisa, Irama, Fred De Palma, Levante, Max Pezzali, Coldplay, Ed Sheeran.

Le case discografiche indipendenti

Un player –  se così si può chiamare – non indifferente, sono sicuramente le etichette discografiche indipendenti. Un fattore non indifferente, visto che nel 2019 la maggior parte della musica la producevano proprio loro. Ma che cosa sono le case discografiche indipendenti? Sono tutte quelle società che non appartengono alle 3 major e che vengono generalmente create da piccoli imprenditori, contrari alle logiche delle grandi case musicali. Il grande movimento della musica Indie (abbreviazione di indipendent) nasce proprio all’interno di queste realtà che dal 2015, in cui erano padroni del 23,8% del mercato, sono arrivati ad occupare una fetta di mercato pari al 31,4% nel 2020.

Il mercato italiano delle etichette musicali

La musica italiana non vive solo di Sanremo. Specialmente negli ultimi anni sono tantissimi gli artisti che provano ad emergere anche grazie ai nuovi mezzi digitali. E qualcuno riesce a firmare contratti con le case discografiche. E’ il caso dei già citati cantanti Indie e della Trap. Ci sono poi i format musciali televisivi da ogni anno escono artisti talentuosi, come i Maneskin che sono usciti vincitori anche dall’Eurovision.

Le case discografiche che hanno venduto di più

Ma quali sono le case discografiche che hanno venduto di più? Secondo i dati Fimi è la Universal Music Italia ad aggiudicarsi il primo posto in classifica, con 1.420.000 di copie. Segue in seconda posizione la Sony Music con 1.020.000 copie e, in terza posizione, Believe. Quest’ultima è una casa discografica francese che ha più di 20 marchi ed etichette di merchandising. Al quarto gradino troviamo la Warner Music Itali, con 325mila copie. Al quinto Artist First con 175mila copie. Sotto le 100mila, ma comuqnue tra le prime 10, troviamo Self, Carosello, Tanta Roba Label, Indipende mente e Fuga.

In Italia è la Lombardia la regione con il più alto numero di case discografiche italiane. Milano distacca di gran lungo altre aree, Lazio ed Emilia-Romagna (con Bologna come polo principale) occupano invece gli altri gradini del podio. Insomma, la mercato di società italiane rimane forte grazie alle etichette indipendenti, ma la presenza delle major rimane forte per gli artisti più famosi.

Quanto guadagna davvero un cantante

Certo, è un bellissimo lavoro, ma un cantante, più o meno famoso, deve far fronte a una serie incredibili di spese. La prima riguarda proprio la casa discografica che può trattenere fino al 30% dei ricavi generati dall’attività dell’artista. Oltre ai dischi, ovviamente, anche i concerti dal vivo e, in certi casi, anche le sponsorizzazioni. Poi c’è l’agente: il manager può trattenere per sé tra il 10 e il 20%.

E i ricavi? I ricavi di un artista possono essere divisi in modo diverso a seconda della popolarità, del tipo di pubblico e della presenza sul mercato. Tuttavia, in generale, la maggior parte dei ricavi proviene da concerti dal vivo, seguiti da vendite di dischi e merchandising, streaming su piattaforme digitali, pubblicità e sponsorizzazioni, diritti d’autore e collaborazioni con altri artisti e brand.

I dati si riferiscono al: 2020-2021

Fonte: Fimi 

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