Per l’Istat l’economia non osservata al Sud raggiunge il 19,4% del valore aggiunto
Il 13,5% del valore aggiunto italiano è frutto dell’economia non osservata. Non parliamo solo di lavoro nero in Italia, ma anche di altre tipologie di attività irregolari. L’Istat, però, stima (in questo caso, non si può fare altrimenti) che in alcune regioni il peso dell’economia non osservata sia molto più alto che nelle altre. E’ il caso della Calabria: qui l’economia che sfugge alle rilevazioni fiscali, previdenziali e statistiche – vedremo più avanti da cosa è composta – vale il 21,8% del valore aggiunto. Un peso enorme, se si considera che nella Provincia di Bolzano non si supera il 9,8% (la percentuale più bassa in Italia).
Che cos’è l’economia non osservata
Quando parliamo di economia non osservata, parliamo dell’economia definita “sommersa” e delle attività illegali. E da cosa è composta l’economia sommersa? E’ generata in particolare da due voci: dalle dichiarazioni mendaci riguardanti sia fatturato e costi delle unità produttive e dal lavoro irregolare. Sia per il primo che per il secondo caso, le stime possono essere lette regione per regione nella mappa in alto passando dalla mappa della “rivalutazione da sotto dichiarazione” a quella del “lavoro irregolare“. Scorrendo sulle regioni, può essere letta la stima del perso di queste voci sul valore aggiunto totale. Nella prima mappa, invece, si può vedere il peso dell’economia non osservata in generale. Bisogna, però, ricordare che formano l’economia non osservata anche le attività illegali, le mance e gli affitti in nero. La stima del giro d’affari delle attività illegali (vengono considerate produzione e traffico di stupefacenti, servizi di prostituzione e contrabbando di tabacco) vale l’1,1% del Pil nel 2017 contro l’11,1% dell’economia sommersa. Ovviamente si tratta di una stima, una stima del Pil sommerso che, non essendo alla luce del sole, si può solo calcolare in modo induttivo.
Il lavoro nero e l’economia sommersa in Italia
Sulla mappa si può vedere che l’economia non osservata pesa di più al Sud, dove il rosso è più vivo rispetto al resto d’Italia. L’Istat, infatti, segnala che l’incidenza è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 19,4% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (14,1%). Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, sono le quote raggiunte nel Nord-ovest e nel Nord-est, pari rispettivamente a 10,6% e 11,4%.

All’interno dell’economia non osservata a pesare di più è la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8,6% del valore aggiunto) mentre nel Nord-ovest si registra il livello più contenuto (4,9%). Invece, la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è significativo nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,7%. In linea con la media nazionale (pari al 5,1%) risulta il Centro, mentre le altre due ripartizioni si collocano al di sotto di tale livello (3,9% il Nord-ovest e 4,1% il Nord-est).
Poche sanzioni per il lavoro in nero
La Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 21,8% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,9%). Puglia e Molise presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (rispettivamente 9,7% e 8,8%) mentre le quote più basse si registrano nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (3%) e nella Provincia Autonoma di Trento (3,7%). Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,7%) e Veneto (3,9%).
Fonte: Istat
I dati si riferiscono al: 2017
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