I lavoratori irregolari scendono a 3,7 milioni. Dalle false dichiarazioni 95,3 miliardi evasi
Lotta all’evasione? C’è molto da fare. Nel 2016 economia sommersa italiana e attività illegali, che, insieme vengono definite “economia non osservata”, hanno generato 209 miliardi e 819 milioni di euro, come mostra il grafico in alto. È quanto scritto nell’ultimo rapporto sull’economia non osservata dell’Istat.
Quanto vale l'”economia non osservata”
Il dato dell'”economia non osservata” (economia sommersa più attività illegali) è in aumento rispetto all’anno precedente: nel 2015 la cifra era di 207,3 miliardi di euro passati a 209,8 nel 2016. Nonostante l’aumento di 2 miliardi e 468 milioni (+1,2%) l’incidenza sul Pil è in calo dello 0,2% rispetto al 2015, e dello 0,7%, rispetto al 2014. La diminuzione dell’incidenza sul Pil è dovuta alla crescita dell’economia italiana e ha riguardato l’economia sommersa italiana (somma di lavoro irregolare e sottodichiarazioni) che è passato dal 13,4% del 2014, al 12,8% del 2015 per attestarsi al 12,4% del 2016.
Vediamo i dati assoluti. Le attività illegali (istogramma azzurro) sono passate da un valore di 16 miliardi e 548 milioni del 2013 a 17 miliardi e 981 milioni di euro nel 2016 mentre i dati delle sottodichiarazioni (istogramma verde) e del lavoro irregolare (istogramma rosso nel grafico) sono diminuiti: nel primo caso si passa da 99,4 miliardi a 95,3 miliardi, mentre il lavoro irregolare è diminuito di ben 14 miliardi e 289 milioni.
Come è fatta l’economia sommersa
Il grafico qui sotto mette a confronto le percentuali del 2015 e del 2016 della composizione della economia non osservata che, ripetiamo, è la somma di economia sommersa italiana ed attività illegali.
Le attività illegali aumentano dello 0,4%, mentre la fetta più grossa del nero è occupata dalla voce “sottodichiarazione”, cioè la dichiarazione falsa e/o sottostimata delle proprie prestazione professionali. Nel 2015 la sottodichiarazione incideva per il 44,9% e nel 2016 è aumentata al 45,5%. Diminuisce dello 0,1% il lavoro irregolare ma ricopre sempre la seconda fetta maggiore ben il 37,2% del totale dell’economia non osservata nel 2016. Truenumbers ha già raccontato la distribuzione regionale del lavoro nero regione per regione.
Dove manca la fattura
Il grafico qui sotto, mostra, invece, quanto incide l’economia sommersa italiana in ogni settore economico.
Come si vede, nel mondo dei servizi il nero incide per il 33,3%. Il commercio, la ristorazione e le attività di affitto, dove si ricorre spesso a mance per camerieri e concierge oppure ad accordi non contrattualizzati, soprattutto per gli alloggi, hanno un peso del 23,7%. Poco meno per l’edilizia e costruzioni dove vale il 22,7% mentre, nelle attività professionali, scientifiche, tecniche e amministrative hanno un peso del 18,2%; in questo caso si tratta principalmente di sottodichiarazione.
Quanto lavoro nero in Italia
Ma passiamo al lavoro nero vero e proprio, quello dove si viene sottopagati o non contrattualizzati. Avanti a tutti c’è la voce dei servizi alle persone: baby sitter, colf, badanti. Nonostante gli interventi tesi a incentivare la contrattualizzazione dei lavoratori (voucher e sgravi fiscali) in queste attività il nero vale ancora il 22,8% del totale. Segue l’agricoltura con il 16,4% e le costruzioni con il 10,8%.
C’è da dire che il numero di persone che lavorano in nero è calato, secondo l’Istat, a quota 3 milioni 701 mila lavoratori; erano 3 milioni 724 mila nel 2015. Tuttavia il dato è in aumento rispetto al 2013 quando erano 3 milioni 492 mila.
Aumenta il giro di droga (e sigarette)
Le attività illegali, invece, sono in costante aumento: il totale del “fatturato”, nel 2013 ammontava a 18,4 miliardi di euro, nel 2016 si è saliti a quota 19,9 miliardi.
La droga ricopre la porzione più grande: 15,3 miliardi. Stabile, invece, la prostituzione che, tra il 2013 e il 2016, il cui giro d’affari è calato dal 4,1% del 2015 al 4% del 2016. A sorpresa è, invece, in crescita il contrabbando di sigarette: 0,4% nel 2013, 0,5% nel 2014, 0,6% nel 2015 e nel 2016.
I dati si riferiscono al: 2016
Fonte: Istat
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