In Italia ci sono 3 milioni di Neet: primi in Europa

Il 23,9% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiano e non lavorano

In Italia oltre 3 milioni di giovani tra i 15 e 34 anni non sono occupati, né impegnati nel percorso di istruzione o in attività formative. Sono i cosiddetti ragazzi Neet (acronimo il cui significato è: ragazzi che non studiano e non lavorano). Il problema è che sono un quarto del totale e nessuno nell’Unione europea ne ha così tanti: lo ha ricordato anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nella sua relazione annuale. “Se ne deve tener conto nel ridefinire le priorità per lo sviluppo economico e sociale – si legge nella relazione di Visco – e nel dirigere l’impegno verso la costruzione di una economia davvero basata sulla conoscenza, il principale strumento a disposizione di un paese avanzato per consolidare e accrescere i livelli di benessere”. Ma vediamo meglio i numeri dei Neet in Italia.

Quanti sono i giovani Neet in Italia

Se stringiamo lo sguardo alla fascia d’età 15-29 anni, vediamo che i cosiddetti giovani Neet sono il 23,9% dei giovani nel secondo trimestre 2020. Nel secondo trimestre del 2019 era il 21,2%. Se è pur vero che nelle fasi negative – come il secondo trimestre 2020 – i Neet tendono ad aumentare anche nella media degli altri Paesi europei, in Italia l’aumento è stato più accentuato. É cresciuta così ulteriormente la distanza rispetto al resto d’Europa: era di circa 6 punti percentuali più alta nel secondo trimestre 2010 ed è passata a 10 nel 2020, ma per i dati aggiornati dei singoli Paesi europei dobbiamo aspettare. Concentriamoci sul fenomeno italiano.

Il significato della parola Neet

Cosa vuol dire l’acronimo? Neet sta per Not engaged in Education, Employment or Training. È stato usato per la prima volta nel luglio 1999 in un report della Social Exclusion Unit del governo del Regno Unito, come termine di classificazione per una particolare fascia di popolazione, di età compresa tra i 16 e i 24 anni. Il fenomeno dell’uscita dal sistema di istruzione e formazione preoccupa, soprattutto, in termini di disuguaglianze.

neet italia

L’aumento dei giovani Neet in Italia

I giovani che non non studiano e non lavorano tra i 15 e i 29 anni sono il 23,9% del totale, ma a cosa è dovuto questo numero così alto? Incide particolarmente la componente legata all’inattività, specie nelle regioni del Centro-Nord, dove la ricerca di lavoro ha subìto una brusca interruzione dovuta alla pandemia di Covid-19. Altrettanto alta è la quota di giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito al più il titolo di scuola secondaria di primo grado (scuola media inferiore). Nel secondo trimestre 2020, in Italia, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni, valore che risulta stabile rispetto al secondo trimestre del 2019.

La definizione di Neet e le differenze tra Nord e Sud

Il numero di coloro che non studiano e non lavorano cambia anche in base all’area geografica di riferimento. Nel Nord Italia, infatti la percentuale rilevata dall’Istat è del 16,8%, nel Centro del 20,5% e nel Sud Italia si tocca il 33,9%. Una disparità fortissima che dovrebbe far preoccupare. Tra questi, i figli di genitori con al massimo il diploma di scuola secondaria inferiore hanno un tasso d’uscita dai percorsi di istruzione e formazione del 24%, che si riduce al 5,5% tra i figli di genitori con il diploma di scuola secondaria superiore e all’1,9% tra i figli di genitori con almeno la laurea.

Analogamente, i figli con almeno un genitore occupato in professioni qualificate e tecniche abbandonano gli studi nel 2,5% dei casi rispetto al 24% dei figli di genitori occupati in professioni non qualificate. Tra i maschi e tra gli stranieri, inoltre, la quota di coloro che abbandonano gli studi è, rispettivamente del 15,4% e del 36,5%, più elevata se confrontata con quella delle ragazze (11,5%) e dei giovani di cittadinanza italiana (11,3%).

Chi sono, davvero, i giovani Neet?

Neet è un acronimo inglese che sta per “Not in education, employment or training” tradotto in italiano, appunto, con: giovani che non studiano (o non sono all’interno di un qualsiasi processo di formazione) e non studiano. Sono tutti fannulloni o “mammoni”? La maggior parte sì, ma all’interno di questa definizione ci sono alcune categorie di ragazzi che, in realtà, sono impiegati in “qualche cosa”. Le cinque categorie che compongono l’universo dei Neet in Italia sono:

  • i ragazzi che sono disoccupati veri e propri, cioè che hanno finito il ciclo di formazione, magari universitario, ma non hanno ancora trovato un impiego.
  • i ragazzi che vorrebbero lavorare ma non possono per motivi famigliari (come accudire i genitori anziani) oppure per motivi di salute.
  • i ragazzi che, magari dopo aver terminato la formazione, non vogliono lavorare, pur potendolo fare. Questa è la categoria dei veri Neet; sono disimpegnati e non cercano nemmeno occasioni per affinare la loro formazione.
  • i ragazzi che cercano lavoro ma rifiutano di fare un qualsiasi lavoro. Cercano, cioè, esattamente l’impiego adeguato al loro ciclo di formazione.
  • i ragazzi che rimandano l’inizio di un’attività lavorativa perché impegnati, per esempio, in un’esperienza di volontariato, magari all’estero.

Come si diventa Neet in Italia

Ci sono poi dei fattori precisi che influiscono sulla possibilità di diventare Neet. In molti casi, infatti, si tratta di una decisione personale: dopo aver finito di studiare basta non fare nulla per cercare un impiego, ma a volte ci sono fattori indipendenti dalla volontà personale. Ecco quali sono:

  • Prima di tutto l’educazione. Chi ha un basso livello di istruzione rischia di più di diventare un Neet.
  • Il sesso è importante: le donne rischiano più degli uomini.
  • Essere immigrati, ma con la cittadinanza italiana, aumenta il rischio di finire nel girone di chi non studia né lavora, pur volendo comunque avere un impiego. Basti pensare che i Neet stranieri sono il 15,1% del totale mentre gli immigrati con cittadinanza italiana sono solo l’8,5% della popolazione.
  • Ovviamente non dipende da una scelta personale, ma anche essere portatori di disabilità accresce la difficoltà di accedere al mondo del lavoro.
  • La provenienza famigliare è altrettanto importante: avere genitori divorziati oppure disoccupati oppure con un basso livello di istruzione aumenta il rischio di diventare Net.
  • Infine la città di residenza: chi vive in piccoli o piccolissimi centri, dove le occasioni di lavori sono scarse e le possibilità di accrescere il proprio bagaglio formativo sono poche, aumenta la possibilità di finire per non lavorare e non studiare.

Fonte: Istat 

I dati si riferiscono al: 2021

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