Decreto flussi, 497.550 immigrati in tre anni

Record storico. Nel 2026 attesi 164.850 ingressi. In Italia 5,3 milioni di stranieri


Mezzo milione di ingressi regolari.È questo l’ordine di grandezza autorizzato dal nuovo Decreto Flussi approvato dal governo per il triennio 2026-2028: 497.550 lavoratori immigrati, di cui 164.850 già nel 2026, destinati a lavori stagionali, non stagionali, colf e badanti. Per i due anni successivi sono previsti 165.850 ingressi nel 2027 e 166.850 nel 2028. Un dato mai visto prima in Italia, che supera persino il piano triennale 2023-2025, già considerato storico con 452.000 ingressi complessivi. Un’impennata più che evidente anche nel grafico di sopra sugli ingressi autorizzati di lavoratori stranieri anno per anno.

Fino al 2020, i decreti flussi autorizzavano ogni anno ingressi regolari tra 13.000 e 30.850 unità, numeri lontani dalla domanda reale di manodopera e insufficienti per molti settori. Questo ha spinto parte del lavoro straniero verso l’irregolarità. Resta però il nodo di un sistema in cui, dati del Ministero dell’Interno, solo il 16% delle domande accolte si trasforma in un permesso di soggiorno effettivo, tra burocrazia, rinunce aziendali e truffe.

Che cos’è il Decreto Flussi

Ma perché l’Italia stabilisce ogni anno quante persone possono entrare per motivi di lavoro? Il sistema si chiama Decreto Flussi ed è stato introdotto dalla legge n. 40 del 1998 proprio per regolare l’immigrazione economica. In pratica, il Governo fissa un tetto massimo di visti e permessi di soggiorno per lavoro subordinato, stagionale, non stagionale o autonomo, in base alle esigenze dei diversi settori produttivi. Ed è così che l’agricoltura, l’edilizia, i trasporti, la meccanica, il turismo e l’assistenza alla persona possono contare su una programmazione ufficiale, che oggi – con il piano triennale e la previsione di 497.550 nuovi ingressi – segna un salto senza precedenti nella politica migratoria italiana.

Decreto flussi, quando l’Italia voleva pochi immigrati

Per anni i decreti flussi hanno autorizzato numeri così bassi da non riuscire nemmeno a coprire la reale domanda di manodopera del Paese.  Dal 2014 al 2020, infatti, le quote di ingressi regolari per lavoro sono rimaste pressoché bloccate su numeri bassissimi. Nel 2014 erano stati autorizzati 17.850 ingressi per lavoro non stagionale e autonomo, a cui si aggiungevano 15.000 ingressi stagionali decisi con un decreto separato, per un totale di 32.850 ingressi. Poi il crollo. Nel 2015 il decreto flussi si era ridotto a soli 13.000 ingressi, riservati esclusivamente a lavoratori stagionali.

Dal 2016 al 2020 la quota complessiva è stata 30.850 ingressi annui, comprendendo stagionali, non stagionali e autonomi in un unico decreto, mentre dal 2017 al 2020 la quota è salita a 30.850 ingressi complessivi, comprendendo stagionali, non stagionali e autonomi in un unico decreto. Numeri che, in pratica, non coprivano nemmeno una minima parte della domanda reale di manodopera, lasciando l’Italia in una situazione di cronica carenza di lavoratori stranieri regolari.

Dopo la pandemia, la svolta: più immigrati

Poi i numeri hanno iniziato a crescere. Dopo anni di quote ferme a 30.850 ingressi, il 2021 ha segnato un vero punto di svolta con 69.700 lavoratori ammessi. Di questi, 42.000 erano stagionali, mentre 27.700 erano ingressi per lavoro non stagionale, autonomo o conversioni di permessi già esistenti. Un raddoppio netto rispetto al passato recente, nato dall’esigenza di far fronte alla domanda di manodopera e agli esiti della regolarizzazione 2020.

Nel 2022 c’è stato un ulteriore incremento: i posti autorizzati sono stati 82.705, di cui 44.000 per lavoro stagionale e 38.705 per lavoro non stagionale, autonomo o conversioni. In quell’anno è stato anche emanato un decreto integrativo che ha aggiunto altre 40.000 quote stagionali, portando il totale degli ingressi stagionali a 84.000 unità.

Il grande boom del triennio 2023-2025

Ma la vera svolta è arrivata con il piano triennale 2023–2025, il primo nella storia italiana a prevedere una programmazione pluriennale dei flussi. Per il 2023 sono stati autorizzati 136.000 ingressi, saliti a 151.000 nel 2024, di cui 89.050 riservati a lavori stagionali, 61.250 a lavori non stagionali e 700 al lavoro autonomo.

Nel 2025 la quota cresce ancora, arrivando a 165.000 ingressi. In totale, parliamo di 452.000 ingressi regolari programmati in tre anni. Numeri che raccontano un cambio di strategia radicale: dal semplice decreto annuale a un vero piano industriale dell’immigrazione, pensato per rispondere alla cronica carenza di manodopera in settori chiave come agricoltura, edilizia, trasporti, meccanica, turismo e assistenza domiciliare.

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Perché arrivano gli immigrati in Italia

Quando si parla di decreto flussi si parla solo di una parte degli ingressi regolari in Italia: quelli legati al lavoro. In realtà, dal 2014 al 2020, la maggioranza dei nuovi permessi di soggiorno è stata rilasciata per ricongiungimenti familiari o protezione internazionale. Nel 2014, su 248.323 ingressi complessivi, i permessi per motivi familiari sono stati 125.000 (50,3%), mentre quelli per lavoro si fermavano a 57.000 (22,9%). L’anno successivo, il 2015, i permessi per famiglia sono saliti a 147.000 su 238.936 ingressi (61,5%), mentre quelli per lavoro sono crollati a 13.000 (5,4%).

Negli anni seguenti la situazione non è cambiata: nel 2016 i permessi per famiglia erano 140.000 su 226.934 ingressi totali (61,7%) e nel 2017 149.000 su 262.770 (56,7%). I permessi per asilo o protezione internazionale oscillavano tra 48.000 e 88.000 l’anno, mentre quelli per studio non hanno mai superato i 22.622 del 2018. Nel 2020, complice la pandemia, i nuovi ingressi si sono dimezzati a 106.000, di cui solo 9.100 per lavoro. Numeri che spiegano come la programmazione dei flussi per lavoro sia solo un pezzo di un quadro più ampio:

Come arrivano gli immigrati in Italia

La tendenza ha iniziato a cambiare nel 2021, ma anche in questo caso il decreto flussi, che regola solo gli ingressi per lavoro, ha rappresentato solo una fetta degli arrivi complessivi degli immigrati in Italia. Su 242.000 nuovi ingressi regolari totali in quell’anno, i permessi per ricongiungimenti familiari sono stati 116.000 (48%), confermandosi la motivazione principale. I permessi per asilo e protezione internazionale sono scesi a 50.000 (21%), mentre i permessi per lavoro, grazie all’ampliamento delle quote, sono risaliti a 50.000 (21%), tornando su livelli paragonabili al 2014. I permessi per studio sono stati 10.000 (4%).

Nel 2022 c’è stato un vero boom di ingressi regolari, arrivati a 448.773, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, trainati dall’arrivo di profughi ucraini. I permessi per asilo e protezione internazionale hanno infatti raggiunto 202.643 (45% del totale), un balzo mai registrato prima. I ricongiungimenti familiari sono stati 118.000 (26%), i permessi per lavoro 71.000 (16%) e quelli per studio 25.151 (6%).

La percentuale di immigrati in Italia

Quando si parla di immigrazione in Italia, spesso si pensa solo agli sbarchi o ai decreti flussi, in realtà, gli ultimi dati disponibili raccontano una realtà molto più ampia. Al 1° gennaio 2024, vivono nel Paese 5,3 milioni di cittadini stranieri, pari all’8,9% della popolazione residente. Si tratta di una presenza in lieve crescita rispetto all’anno precedente (+2,2%), che si concentra soprattutto nel Centro-Nord (83,2%).

Guardando ai numeri europei, l’Italia resta comunque sotto la Germania, dove gli stranieri sono il 14,6%, e la Spagna (12,7%), ma sopra la Francia (8,2%). Un dato che fotografa un fenomeno strutturale destinato a incidere sempre di più anche sull’economia e sulla composizione demografica di un Paese tra i più anziani d’Europa.

Da dove vengono gli immigrati in Italia

Gli stranieri presenti in Italia provengono principalmente da Marocco, Albania, Cina, Ucraina, Filippine, India, Bangladesh, Egitto, Pakistan e Senegal. Si tratta di comunità consolidate che negli anni hanno trovato occupazione soprattutto nei settori con maggiore domanda di manodopera, come agricoltura, edilizia, assistenza domiciliare, ristorazione, turismo, trasporti e logistica.

Nel 2024, il tasso di occupazione complessivo degli stranieri tra 20 e 64 anni è pari al 66,2%, leggermente inferiore a quello degli italiani (67,2%). La differenza si osserva soprattutto tra uomini e donne: tra gli uomini stranieri il tasso di occupazione sale all’81,4%, superando quello maschile italiano (76,2%), mentre tra le donne straniere scende al 52,2%, al di sotto del dato delle italiane (58,1%).