Autonomia differenziata: la fuga dagli ospedali del Sud

I numeri della mobilità della salute: si spostano per curarsi 736mila persone

L’approvazione da parte del Senato del progetto di autonomia differenziata tra le Regioni italiane suscita una serie infinita di perplessità. Soprattutto per quanto riguarda i livelli minimi di servizio che devono essere garantiti a tutti i cittadini indipendentemente da dove abitino. In attesa di sapere quali saranno questi livelli minimi da garantire a tutti e comunque, vediamo qual è la situazione oggi per quanto riguarda l’ambito più delicato: la sanità.

Lo stato di salute della sanità italiana

Vediamo, in particolare, quali sono le regioni che ricoverano più italiani e quelle che perdono più pazienti (che per curarsi, si trasferiscono temporaneamente nelle prime). Su Truenumbers abbiamo già analizzato lo stato di salute della sanità italiana: qui abbiamo visto l’andamento della spesa sanitaria e qui abbiamo preso in considerazione il personale sanitario delle varie regioni. Ma non possiamo far finta di non vedere la grande spaccatura della sanità in Italia tra quella del Nord e quella del Sud. I numeri di quello che potremmo definire turismo sanitario in Italia ci dicono una cosa chiara: ci sono Regioni nelle quali gli italiani non vogliono per nessun motivo farsi curare. E si spostano tra una regione e l’altra intraprendendo quelli che spesso possono essere definiti “viaggi della speranza”. Ecco dove vanno.

L’autonomia differenziata e la spaccatura della sanità italiana

I dati  sono quelli del Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero pubblicato dal Ministero della Salute (i dati si riferiscono al 2018). Questi numeri si basano sulle Sdo (schede di dimissione ospedaliera). Sono lo strumento di raccolta delle informazioni relative ad ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale. Scopriamo così che nel 2018 circa 736mila pazienti (una media di circa il 9% dei ricoveri) sono stati curati in Regioni diverse da quelle dove sono residenti. Questa mobilità vale economicamente più di 4,6 miliardi di rimborsi tra le regioni.

autonomia differenziata

Bisogna, però, fare una premessa. I ricercatori che studiano queste tematiche parlano di due tipologie di flussi. Quelli “fisiologici” che sono composti da persone che, com’è normale, si rivolgono a centri specializzati che non troverebbero nelle proprie regioni proprio perché l’offerta sanitaria è varia. C’è poi la mobilità di confine e quella “fittizia“, causata da persone che vivono in una regione ma sono residenti in un’altra. I flussi “patologici”, invece, derivano dalla scarsa accessibilità (lunghezza delle liste di attesa) o della qualità delle cure nelle regioni di residenza e generano pure gravi disuguaglianze. In altre parole: si sposta solo chi se lo può permettere.

I numeri della fuga dalla sanità meridionale

Ma veniamo ai numeri della sanità in Italia. Il grafico in alto è quello “classico”: mostra il saldo, in valori assoluti, dei ricoveri tra pazienti che hanno deciso di emigrare verso altre regioni per farsi curare e quelli immigrati nella propria regione. In testa c’è la Lombardia dove vanno a farsi curare oltre 100mila persone provenienti da altre aree d’Italia. A seguire, ma a grande distanza, troviamo Emilia Romagna e Toscana. Al contrario i saldi maggiormente negativi sono quelli della Campania, Calabria e Sicilia. In dodici Regioni i pazienti “usciti” sono più di quelli “entrati” per le cure: Piemonte, Valle d’Aosta, Trento, Liguria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.

Chi ci guadagna con il turismo sanitario

Dal punto di vista economico, la mobilità attiva rappresenta per le Regioni una voce di credito, mentre quella passiva una voce di debito. Ogni anno la regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino. La sanità della Lombardia, per esempio, ha incassato per il 2018 ben 808,7 milioni circa e l’Emilia Romagna 357,9. Al terzo posto però non c’è la Toscana – perché i rimborsi cambiano in base al livello di specializzazione delle cure – che è quarta con 148,3 milioni, ma il Veneto con 161,4 milioni e una mobilità di pazienti attiva per 10.234 unità.

La sanità in Italia può essere una grande risorsa economica

Generalmente si pensa che la spesa per la sanità sia in qualche modo improduttiva, ci9oè che non produca beni e non aiuti la crescita economica del Paese. Niente di più falso. La sanità in Italia può essere un grande volano di crescita economica proprio grazie al “turismo sanitario” che interessa, è vero, soprattutto i cittadini italiani che dal Sud si spostano al Nord, ma può interessare anche gli stranieri se decidessero di venire in Italia a farsi curare. A oggi, infatti, questi sono solamente 5mila. Sono persone che riconoscono alla sanità in Italia un ruolo di eccellenza in oncologia neurologia, cardiochirurgia, chirurgia bariatrica e ortopedia.

Le persone che hanno deciso di affidarsi alla sanità italiana provengono soprattutto dalla Svizzera, ma anche dalla Russia e dai Paesi arabi. .

I dati si riferiscono al: primo semestre 2018

Fonte: Ministero della Salute

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