Stipendio medio in Italia: ecco chi sono i privilegiati

Se lo stipendio medio in Italia è 100, gli over 54 guadagnano 120. Gli under 30 solo 71

Le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono cresciute negli anni precedenti all’emergenza Covid. Poco ma sono cresciute. Nel 2019 in base agli ultimi dati dell’Inps sono arrivate a 21.962 euro lordi, 249 euro in più del 2018 e 414 più che nel 2018. All’interno di questi dati però c’è di tutto, e ovviamente incidono molto gli stipendi di coloro che lavorano magari solo pochi mesi all’anno e part time.

I numeri dello stipendio medio in Italia

Si considera allora la retribuzione media giornaliera, che nel 2019 era di 90 euro, e che però come tutte le medie non racconta tutta la storia. Intorno a questo valore vi è una certa disuguaglianza, che colpisce sempre le stesse categorie. Per fare un confronto l’Inps pone la retribuzione giornaliera media, appunto 90 euro, uguale a 100, e calcola a quanto ammonterebbe in proporzione quella delle varie categorie.

Come si vede nell’infografica c’è una distanza notevole tra uomini e donne, con i primi che hanno stipendi che a livello giornaliero sono uguali a 113, ovvero del 13% maggiori della media, e donne che rimangono a livello 82, ovvero il 18% meno della stessa media. È il famoso gender pay gap, che ha tante cause, tra queste il maggior ricorso delle donne al part time e quindi le minori occasioni di carriera, oltre che la minore presenza in quei settori e in quelle professioni, per esempio tecniche, in cui vi sono retribuzioni migliori.

I lavoratori a termine guadagnano il 29% meno della media

Ma c’è un gap ancora più ampio che negli ultimi anni anzi si è allargato di più. È quello legato all’età.  Rispetto alla solita media posta uguale a 100 gli stipendi di chi ha più di 54 anni arrivano a quota 120, coloro che sono tra i 30 e i 54 sono vicini alla media, a 102, mentre i giovani under 30 si fermano a 71.

È una disuguaglianza che è sempre più nota e nasce, in parte, dalle tipologie di contratti. Tra i giovani quelli a termine sono più frequenti e proprio i contratti a tempo determinato sono quelli maggiormente sacrificati nei periodi di crisi. Non godendo della protezione del tempo indeterminato, le aziende nei momenti di difficoltà si liberano prima dei precari, tra cui i giovani e le donne sono sovra-rappresentate. Dovendo tornare sul mercato questi devono accontentarsi dei salari offerti. Subiscono più degli anziani il gioco della domanda e dell’offerta che è stato poco generoso in questi anni.

Il gap tra italiani ed extra comunitari

Non a caso coloro che lavorano a termine hanno retribuzioni uguali a 71, posta la media a 100, mentre chi ha l’ambito posto a tempo determinato superano la media del 5%. Oltre all’ovvio gap tra chi lavora part time, a quota 55, e full time, 120, c’è quello tra italiani e comunitari ed extra comunitari. Questi ultimi prendono il 25% meno della media. Non è un caso che si tratti soprattutto di giovani, impiegati in settori, come le costruzioni o l’agricoltura, o le pulizie, con stipendi minori e contratti più precari.

Negli ultimi anni hanno avuto anche la sfortunata funzione di ammortizzatore, un po’ come i giovani: nei momenti di crisi l’occupazione degli extracomunitari è crollata molto più di quella degli autoctoni. E i salari ovviamente ne risentono. I primi dati sull’impatto occupazionale dell’emergenza pandemica già mostrano che sono sempre gli stessi a subire i maggiori svantaggi, coloro che già sono tra le categorie peggio pagate. Ma sarà ancora più chiaro nei prossimi mesi.

I dati si riferiscono al 2019

Fonte: INPS

Leggi anche: Un laureato ad un anno dal titolo guadagna 1.210 euro