Evasione fiscale in Italia in calo grazie all’Iva

Adesso viene versata molto di più. Va peggio per l’Irpef: mancano 32,4 miliardi

Determinare l’entità dell’evasione fiscale in Italia è intrinsecamente complesso, perché parliamo di un comportamento illecito che per definizione mira ad essere elusivo. Per questo motivo le istituzioni per avere un’idea di quante imposte non vengono pagate usano il concetto di “tax gap”. Ovvero calcolano quello che sarebbe l’imponibile se non ci fosse l’evasione fiscale in Italia sulla base di quella che si pensa sia l’ampiezza dell’economia, includendo una stima di quella non osservata, e a tale cifra si sottrae il gettito effettivamente versato. Questo è il tax gap.

L’evasione fiscale in Italia e il tax gap

Questo tax gap in Italia è sempre stato particolarmente ampio, superiore ai 100 miliardi negli ultimi 10 anni. Ma, ed è questa la novità, è in calo nelle ultime rilevazioni soprattutto a causa del decremento dell’evasione dell’Iva.

Elaborare i dati in questo ambito è particolarmente lungo, e oggi i numeri più recenti, pubblicati nella “Relazione sull’economia non osservata” in allegato al Nadef, sono quelli relativi al 2019, e non sono ancora completi. Non vi è infatti una cifra totale della possibile evasione fiscale in Italia, ma è probabile che si possa scendere per la prima volta al di sotto dei 100 miliardi, proprio grazie a quello che è accaduto nel caso dell’Imposta sul valore aggiunto.

Quanto vale l’evasione fiscale in Italia

Questa è da sempre tra le tasse più evase, anche a causa della grande frammentazione dei versamenti. Sostanzialmente tutti, tranne i contribuenti minimi che ricadono sotto un regime agevolato, devono sottostare al versamento dell’Iva al fisco. Si tratta di milioni di imprese e attività commerciali. Nel 2017, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il tax gap Iva aveva raggiunto i 36 miliardi e 263 milioni, e anche negli anni immediatamente precedenti non era sceso sotto i 34 miliardi.

Cala l’evasione fiscale dell’Iva in Italia

Ma a partire dal 2018, ovvero dalle dichiarazioni del 2019, c’è stata una prima riduzione importante di quella dell’Iva. L’ammontare della sospetta evasione è diminuito a 32 miliardi, per poi crollare l’anno dopo a 27. Si tratta di una contrazione del 24,7% in 5 anni, tra 2014 e 2019. Cosa ha spinto gli evasori fiscali in Italia a mettersi a pagare l’Iva? Non si è trattato di un atto spontaneo, questo è certo, ma di un cambiamento di modus operandi per evitare di essere sottoposti a sanzioni. Quelli che hanno cambiato le carte in tavola sono stati lo split payment e la fatturazione elettronica, introdotti in modo estensivo a breve distanza proprio rispettivamente il 2018 e il 2019.

La fattura elettronica ha ridotto l’evasione fiscale

Con il primo, che riguarda però solo i rapporti tra fornitori e Pubblica Amministrazione, il versamento dell’Iva è caduto in capo al cliente, ovvero la Pa, concentrando l’incombenza su un numero inferiore di soggetti e riducendo le possibilità di elusione da parte delle tantissime aziende che con lo Stato fanno affari.

Nel secondo caso, quello della fatturazione elettronica, si è reso immediatamente tracciabile l’emissione di fatture, che ora devono essere subito inserite in un sistema elettronico, nel momento in cui vengono inviate al cliente, a qualunque cliente, visto che la regola riguarda tutti, anche i privati, a differenza dello split payment. E non può più accadere che una parcella sia emessa e poi però non registrata nei libri del fornitore.

Quant’è l’evasione fiscale Irpef in Italia

Quello che è accaduto nell’ambito dell’Imposta sul valore aggiunto rimane un po’ un unicum. Non si è avuto lo stesso calo dell’evasione per esempio per quanto riguarda l’Irpef. A essere stati aggiornati sono per ora solo i dati relativi a quella pagata da imprese e lavoratori autonomi, e non dai dipendenti. Quello che emerge è che nel 2019 il tax gap dell’Irpef è rimasto sostanzialmente stazionario, a quota 32 miliardi e 443 milioni, solo 334 milioni in meno rispetto al 2018. E negli anni precedenti è oscillato sempre intorno a tali cifra, tra i 31 miliardi e 158 milioni del 2014 e i 33 miliardi e 349 milioni del 2017.

Chi non paga l’Irap

Qualcosa di simile è accaduto per quanto riguarda l’Irap. L’evasione fiscale in Italia è stata stimata intorno ai 5 miliardi e 89 milioni nel 2019. È meno di quella del 2018 (5 miliardi e 476 milioni) ma più del tax gap del 2016 per esempio, di 4 miliardi e 957 milioni. Il mancato gettito relativo all’Imu è invece in calo ma si tratta di un decremento piuttosto lento: è stato di 4 miliardi e 683 milioni nel 2019, 56 milioni in meno che nel 2018 e 437 milioni in meno che nel 2014.

Risulta invece in aumento l’evasione dell’Ires, che è cresciuta di 408 milioni tra 2018 e 2019, raggiungendo la cifra di 8 miliardi e 317 milioni. Anche se in passato era stata anche più alta, superando nel 2014 e 2016 i 10 miliardi.

La mappa dell’evasione fiscale in Italia

Ma dove si evade di più? Da sempre le diverse istituzioni dello Stato dividono il territorio nazionale in modo funzionale alle proprie esigenze. E si tratta di suddivisioni diverse da quelle ufficiali, spesso un po’ curiose, con province di regioni diverse unite e divise magari da quelle con cui condividono l’appartenenza regionale. Non fa eccezione l’Agenzia delle Entrate. Anzi. Per organizzare meglio il proprio lavoro e renderlo più omogeneo ed efficiente ha frazionato l’Italia in 7 aree che molto ci dicono comunque di quanto economicamente e socialmente sia diversificato il Paese.

L’evasione fiscale e la “pericolosità fiscale”

Tra i criteri principali di suddivisione c’è ovviamente la pericolosità fiscale, ovvero la maggiore incidenza di evasione fiscale compresa l’evasione fiscale di Iva e affitti. E sono due i cluster definiti ad alta pericolosità fiscale, quello che include le sole province di Palermo e Napoli, e quello che comprende tutto il resto del Sud costiero, da Foggia a Lecce, da Caserta alla Sicilia (Palermo esclusa). Sono tuttavia diversi tra loro. Napoli e Palermo sono definiti anche ad alta pericolosità sociale, che è invece media nel resto del Mezzogiorno. In entrambi i casi il tenore di vita è basso, mentre il livello delle strutture produttive è medio a Palermo e Napoli e basso altrove.

Le aree con la più alta evasione fiscale nel 2020

Non si deve tuttavia pensare che tutto il Sud sia ad alta pericolosità fiscale. Seguendo la classificazione dell’Agenzia delle entrate rientra infatti in questa categoria il Mezzogiorno metropolitano, ad alta densità abitativa, e quello maggiormente di provincia. Il Sud rimanente, ovvero le province più rurali appenniniche, dalla Basilicata al Molise alla Sardegna centrale, che si spinge però fino a Rieti e Viterbo, è racchiuso in un cluster ancora diverso, caratterizzato sempre da basso tenore di vita, basso livello produttivo e di informatizzazione, e però una pericolosità fiscale non elevata. Si tratta, lo sappiamo, di aree in declino demografico, popolate da molti anziani, le più periferiche in Italia.

evasione fiscale in Italia

L’evasione fiscale è un reato in Italia

Come possiamo vedere nella mappa in alto, in cui vengono descritte le divisioni dell’Agenzia delle entrate, c’è poi un cluster che riguarda quella che potremmo definire “l’Italia di mezzo”. Intesa in questo caso sia geograficamente, perché ricopre prevalentemente il Centro Italia, sia in senso socio-economico.  Sono quelle province a densità abitativa medio-bassa e di livello medio per quanto riguarda il tenore di vita, le strutture produttive, e anche la pericolosità fiscale, mentre quella sociale è medio bassa. Sono incluse tutte le Marche, l’Abruzzo costiero, gran parte della Toscana (non Firenze) ma anche il Ponente e il Levante ligure, Genova esclusa, e in più Latina e Rovigo.

Il Nord è più variegato. Come del resto è variegato in ambito economico. La provincia di Milano è inquadrata a parte, assieme a quella di Roma, come appartenenti al cluster con il tenore di vita più alto, la maggiore densità abitativa, un livello produttivo e uno di informatizzazione che sono massimi in Italia, e una pericolosità fiscale che però è solo medio-alta, inferiore a quella riscontrabile nei due principali cluster del Mezzogiorno.

Il rebus dell’evasione fiscale nel Nord Italia

Poi troviamo sono altri due settentrioni, quello industriale, motore dell’export e quello più periferico. Il primo include il torinese e quella fascia che va da Varese a Treviso lungo le pedemontane lombarde e venete. Ma anche le province di Bologna e Firenze. Il secondo comprende le province emiliane fino a Modena. E poi quelle lungo il Po da Cuneo a Ferrara, passando per Pavia, Cremona, Mantova, e poi ancora quelle alpine e friulane, cui si aggiungono però anche Siena e L’Aquila, al Centro.

In entrambi i casi la pericolosità fiscale, quindi il rischio di evasione, è ritenuta bassa. Mentre medio-alti sono il tenore di vita e il livello produttivo. Nel secondo cluster è però ridotta la densità abitativa, a differenza che nel primo, e l’informatizzazione dei servizi è media e non medio-alta come in quella che include le aree più industriali.

Controlli fiscali anche sulle partite Iva

L’obiettivo di tale divisione è quello di avere aree omogenee all’interno delle quali sia possibile assegnare obiettivi e risorse simili a tutte le Direzioni provinciale dell’Agenzia delle Entrate che ne fanno parte. All’interno di ogni cluster verranno individuate, secondo i propositi dell’Agenzia, le best practices cui tutte le Direzioni della stessa area dovrebbero fare riferimento per migliorare le proprie performance. L’obiettivo è incrementare e rendere più efficiente la lotta all’evasione fiscale in Italia. Per la ripresa economica dopo la pandemia c’è bisogno di gettito, oggi ancora più di ieri.

I dati si riferiscono al 2019

Fonte: Agenzia delle Entrate

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