Consumo di acqua, Isernia è la prima città italiana

Nelle città italiane si utilizzano 237 litri pro capite. Rete colabrodo: si perde il 38,7%

L’Italia tra i principali Paesi europei è nettamente quello che spreca più acqua potabile. Ed è anche quello che ne consuma di più a livello pro capite, come segnala da anni l’Agenzia europea dell’ambiente. Per dare l’idea: nel 2018 nei capoluoghi di provincia il consumo medio di acqua pro capite è stato di 237 litri al giorno. Isernia è la prima per consumi tra le città italiane: 393 litri a testa ogni giorno. Ma partiamo dagli sprechi d’acqua.

Lo spreco di acqua potabile in Italia

Su 100 litri di acqua immessi in rete sono solo 61,3 quelli che raggiungono effettivamente gli utenti. Un livello lontanissimo da quello raggiunto dai principali Paesi europei: il tasso di perdita (pari in Italia a 38,7%, anche se secondo altri studi si sfiora il 50%) non supera il 7,2% in Germania, il 18,9% in Spagna, il 21,3% in Francia e il 23,4% in Inghilterra e Galles. E’ quanto emerge dal rapporto “Indicatori di efficienza e qualità delle local utilities operanti nei dieci maggiori Comuni italiani” del Centro studi di Mediobanca. Il rapporto, che si basa su dati del 2017, ci dice anche che le perdite in tutto ammontano ogni anno a circa 900 milioni di metri cubi, per un valore di 1,5 miliardi di euro. Ma quanto costa l’acqua ai cittadini? Considerando che il consumo giornaliero medio di acqua nel 2017 è di 230 litri per abitante, pari a 83 metri cubi d’acqua l’anno, la spesa per cittadino si aggira intorno ai 130 euro annui.

Consumo di acqua giornaliero la classifica delle città

Utilizzando, però, i dati dell’Istat si può vedere in quali tra i 109 capoluoghi di provincia si consuma più acqua. L’espressione corretta è “acqua erogata per usi autorizzata pro capite”. Come spiega l’Istat si tratta della “quantità di acqua ad uso potabile effettivamente consumata per usi autorizzati, ottenuta dalla somma dei volumi d’acqua, sia fatturati che non, misurati ai contatori dei diversi utenti più la stima dei volumi non misurati ma consumati per i diversi usi destinati agli utenti finali”.

In Italia ogni utente consuma nei capoluoghi di provincia mediamente 237 litri di acqua al giorno. In alcune città, però, si raggiungono livelli molto più alti. Nel grafico in alto possiamo vedere la classifica delle 20 città dove si consuma di più. Prima in graduatoria è Isernia (393 litri per abitante al giorno), la seconda è Cosenza (390 litri), mentre la terza è Milano (365 litri). La quantità d’acqua consumata per ogni abitante può sembrare eccessiva ad un primo sguardo, ma si deve ricordare che il conteggio coinvolge consumi come quelli della doccia (si stimano 120 litri di acqua per 10 minuti di doccia), la lavastoviglie (18-30 litri per ogni lavaggio) o lo scarico del gabinetto a cassetta (circa 8 litri).

Le perdite della rete idrica italiana

Nel rapporto di Mediobanca viene scattata anche una fotografia della rete idrica italiana. Gli acquedotti delle maggiori città servono 16,9 milioni di abitanti ed erogano annualmente 1,4 miliardi di metri cubi d’acqua lungo una rete di 68mila chilometri (1,7 volte la circonferenza terrestre). Ogni chilometro di rete serve 250 abitanti per un consumo medio giornaliero pari a poco meno di 230 litri, ovvero 83 mc di acqua all’anno. Parlando delle singole aziende che gestiscono il servizio idrico, vediamo che la milanese MM (15,9%), la genovese Iren Acqua (23,9%) e la torinese Smat (24,6%) gestiscono le reti con la maggiore tenuta, mentre la palermitana Amap (54,6%) e l’Acquedotto Pugliese (50,3%) hanno i maggiori tassi di perdita.

Come è fatta la bolletta dell’acqua

Il fatto è che gli italiani, in bolletta, pagano non solo il costo vero e proprio dell’acqua (come, peraltro anche le imprese) non pagano solo il prezzo dell’acqua perché in bolletta c’è anche un costo più o meno fisso che serve per pagare il servizio fornito dall’acquedotto. Si tratta di una quota annuale che viene usata anche per coprire il costo dell’acqua che parte ma non arriva da nessuna parte, cioè, viene dispersa. A parte le considerazioni legate alla tutela dell’ambiente, c’è anche una motivazione economica che dovrebbe indurre le società pubbliche che gestiscono le reti idriche italiane a investire per ridurre le perdite.

Cosa puoi fare per ridurre gli sprechi di acqua

Torniamo ai numeri della dispersione di acqua perché se è vero che la responsabilità sono in capo principalmente alle società, qualche cosa può fare anche il singolo cittadino. Per esempio: anni fa fece scalpore una frase, che sembrava detta come battuta e invece era serissima, del sindaco i Londra Ken Livingstone, detto “Ken il rosso”. Disse, nel 2006, che non tirava mai lo sciacquone del bagno dopo una semplice pipì, per risparmiare acqua. Da allora non tirare lo sciacquone, per i londinesi, divenne quasi un gesto di appartenenza politica. Comunque la questione è seria: ogni volta che si tira l’acqua vanno via almeno 8 litri di acqua.

In realtà per ridurre il consumo medio di acqua in Italia, si possono fare anche altre cose. Ad esempio: se si pensa che un rubinetto di casa aperto al massimo consuma 8 litri di acqua ogni minuto ci si rende conto di come, con semplici gesti, possiamo dare una mano all’ambiente. Eppoi ci sono i rubinetti che gocciolano: se lasciamo che uno dei rubinetti di casa perda una goccia ogni 2 secondi, significa che a fine mese avremo letteralmente buttato via 200 litri pari a circa 24 metri cubi di acqua in un anno. Anche in questo modo il consumo medio di acqua nelle città italiane sale. Soprattutto a Isernia.

Le industrie sprecano acqua?

Come si sa, tuttavia, non sono i cittadini, le persone normali a consumare più acqua. In testa c’è, ovviamente, l’agricoltura. Ma, per esempio, pochi sanno che un’enorme quantità di acqua serve per raffreddare gli impianti termoelettrici che producono elettricità per le case degli italiani. Nel 2012, per esempio, solo per questo uso, abbastanza specifico, sono stati usati 18,4 miliardi di metri cubi di acqua. Ovviamente non si tratta della stessa acqua potabile che si usa in casa, anzi: l’88,5% è acqua di mare e solo il restante 11,5% viene da fiumi e laghi. Gli stessi che soddisfano il fabbisogno di acqua delle famiglie italiane.

Fonte: Istat, Centro studi Mediobanca

I dati si riferiscono al: 2017-2018

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