Il leghista Fontana alla Camera e La Russa al Senato

Il leghista eletto con 222 voti (maggioranza 237). Ecco chi non lo ha votato

Dopo la Russa al Senato è il momento di Lorenzo Fontana alla Camera. Il vicesegretario della Lega e più volte ministro tra il 2018 e il 2019 per la famiglia e le disabilità (Conte I) e per gli affari europei (Conte II), è stato eletto alla quarta votazione presidente della Camera dei Deputati della XIX Legislatura con “solo” 222 voti.

Fontana, al primo scranno della Camera senza il sostegno completo della maggioranza

Sì, perché la maggioranza di Governo conta 237 deputati, questo vuol dire che in 15 non hanno votato per il leghista ultra cattolico noto per le sue posizioni conservatrici su matrimonio e aborto. Tuttavia alla votazione sono risultati 8 assenti, è importante sapere chi tra questi era della maggioranza e che va quindi escluso dal novero dei “franchi tiratori”. In ogni caso se per eccesso ipotizziamo che tutti gli assenti erano esponenti della maggioranza, rimangono fuori 7 voti. Questo vuol dire che la coalizione di maggioranza non ha votato in modo assolutamente compatto il nuovo presidente della Camera Lorenzo Fontana.

Ignazio La Russa al Senato, gli attriti durante il voto

Il nuovo presidente del Senato della Repubblic è stato eletto con 116 voti. Altre 65 schede sono risultate bianche mentre 2 voti sono andati alla senatrice Segre e altri 2 al senatore leghista Calderoli. Il numero di voti è di fondamentale importanza perché segnala che il consenso per Ignazio La Russa alla presidenza del Senato ha travalicato i confini della maggioranza: in particolare sarebbero 17 i voti venuti dal di fuori del centrodestra considerando anche che i senatori di Forza Italia non avrebbero votato il senatore di Fratelli d’Italia. Quindi sono stati i senatori di centrosinistra, dei 5Stelle e di Azione (Calenda-Renzi) ad aver votato La Russa al Senato.

La Russa – Berlusconi, la lite e il “vaffa” del cavaliere

Guardiamo meglio i numeri. Il quorum per l’elezione di Ignazio La Russa era fissato a 104 voti. Senza i voti di Forza Italia, che sarebbero stati 16, si pensava che la Russa sarebbe arrivato a 99 preferenze. E invece ne ha ricevute 116. Chi lo ha votato? Se ci basiamo sui fatti sembra poco probabile che Berlusconi (l’unico forzista ad aver votato) abbia espresso la sua preferenza per La Russa perché poco prima del voto durante un veloce faccia a faccia in aula tra il presidente di Forza Italia e il suo ex Ministro della difesa, Berlusconi aveva sbattuto sul banco davanti a sé la sua cartelletta con evidente stizza e pronunciando parole che in molti, nella discussione che è scoppiata sui social, interpretano come una imprecazione. Sullo stesso avviso anche Carlo Calenda che sottolinea come questa sia un’evidente “partenza bruciata” per il Governo entrante.

Chi ha votato centrodestra nell’opposizione?

Ammettendo che anche nonostante la rabbia di Berlusconi per i veti messi alle sue proposte per i Ministeri (ovvero: Tajani agli Esteri, Casellati alla Giustizia, Bernini all’Università, Gasparri alla Pubblica amministrazione, Cattaneo all’Ambiente e la fedelissima Licia Ronzulli messa da parte da FdI per il ministero della Salute) il Cavaliere abbia votato per La Russa mancano ancora all’appello 16 voti. Renzi e Calenda? Forse più il primo ma in totale la coalizione del terzo polo ha solo nove senatori. Si apre allora la possibilità che sia stato fatto un accordo sottobanco per scambiare i voti con La Russa per vice presidenze, presidenze Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) e vigilanza Rai.

La Russa al Senato, ex feudo della Democrazia Cristiana

Nel corso della storia repubblicana italiana le elezioni dei presidenti di Camera e Senato sono state motivo di giochi politici nel rispetto di equilibri di governabilità. Dalle prime elezioni del 18 aprile 1948 ad oggi, sono stati 22 gli onorevoli che hanno ricoperto lo scranno più alto di Montecitorio mentre sono stati 28 i senatori eletti per la seconda carica dello Stato.

Senato, quanto dura un presidente del Senato

Il grafico in alto mostra la cronologia e la durata in carica dei Presidenti di Camera e Senato che si sono succeduti dal 1948 a oggi. Le legislature considerate sono in tutto diciannove. Con l’ultima che infine dopo il “totonomi” al Senato vede Ignazio La Russa presidente a Palazzo Madama da giovedì 13 ottobre 2022.

Da considerare inoltre che in alcune di queste legislature  si sono avuti due o più presidenti. È il caso della prima quando si sono succeduti ben quattro presidenti del Senato. Il motivo fu la legge elettorale in discussione per le elezioni del 1953, approvata e poi abrogata un mese dopo le elezioni.

Dopo Ivanoe Bonomi, primo presidente del Senato rimasto in carica per 1.077 giorni, presidente diventa Enrico De Nicola. Uomo di lunga esperienza politica, militante del Partito Liberale Italiano, De Nicola si dimette in polemica con la legge elettorale proposta dalla Democrazia Cristiana che avrebbe dato un premio del 15% alla coalizione che avesse ottenuto il 50% delle preferenze più una. Stessa storia per Giuseppe Paratore che si dimette a pochi mesi dal voto, sostituito da Meuccio Ruini. Se state pensando che sia stato Amintore Fanfani ad aver ricoperto la carica per più tempo, sbagliate: è arrivato secondo con 4.831 giorni, il primo è Cesare Merzagora che in quasi tre legislature è stato presidente del Senato per 5.246 giorni. Invece Amintore Fanfani è diventato premier alla stessa età di Giorgia Meloni, 45 anni.

Palazzo Madama al partito che vince le elezioni

Il grafico sotto mostra, invece, quali partiti hanno espresso il maggior numero di presidenti del Senato sempre dal ’48 ad oggi fino al XIII legislatura.

Sono, nella maggior parte dei casi, espressione del partito che ha vinto le elezioni. A parte le prime quattro legislature, durante le quali sono state scelte persone del tradizionale notabilato politico provenienti dall’esperienza costituente, dal 1967 per 20 anni i presidenti del Senato sono stati tutti espressione della Democrazia Cristiana. Il senatore ad aver ricoperto più volte la carica è Amintore Fanfani: 5 volte in 5 legislature diverse, per un totale, come detto, di 4.831 giorni.

Particolarmente burrascosa è stata l’VIII legislatura quando si alternarono alla presidenza, il solito Fanfani, Tommaso Morlino e Vittorino Colombo. Tutti a marchio Dc ma con il Psi del giovane e carismatico Craxi che, nonostante un misero 12%, riuscì a tenere sotto scacco la “balena bianca” che si apprestava a raggiungere il suo minimo storico alle elezioni del 1983, il 29%.

Il compromesso tra Dc e Psi si trovò nel nome del “picconatore” Francesco Cossiga, eletto con 280 voti ma, come accadde a Gronchi e a Leone, dovette abbandonare Palazzo Madama per salire al Quirinale. Chi gli succedette? Amintore Fanfani per la sua quinta e ultima volta da presidente del Senato. Carica lasciata nel 1987 a Giovanni Malagodi del Partito Liberale Italiano (nulla a che vedere con il Pli degli anni ’50), sono i tempi del pentapartito: Dc, Psi, Pli, Pri, Psdi.

Montecitorio al secondo arrivato

Passiamo alla Camera dei Deputati. Il grafico sotto mostra dalle fila di quali partiti provengono i presidenti. Anche in questo caso la Dc vince a mani basse: 7 contro i 4 espressione del Pci.

Per quanto riguarda l’alternanza dei presidenti bisogna dire che Montecitorio è molto più tranquillo di Palazzo Madama. L’elezione del presidente del Senato va sostanzialmente di pari passo con il susseguirsi delle legislature. Tranne in due casi: nella seconda e nella quarta. Giovanni Gronchi, primo presidente della Camera, si dimette il 20 aprile del 1955 perché eletto Presidente della Repubblica ed è sostituito da Giovanni Leone. Nella quarta legislatura, stesso percorso politico per Leone che si dimette il 21 maggio 1963, sostituito da Brunetto Bucciarelli Ducci.

La persona che è stata eletta presidente alla Camera è sempre stata scelta tra gli uomini politici del secondo partito che ha ottenuto più voti oppure del secondo  partito apparentato in coalizione. Nel primo caso un esempio è Nilde Iotti, eletta in tre legislature: ha ricoperto la carica per 4.688 giorni.

La prima eletta con il secondo criterio è Irene Pivetti della Lega Nord nel 1994. Lo stesso criterio è stato applicato per l’elezione di Pier Ferdinando Casini nel 2001; per Fausto Bertinotti nel 2006; per Gianfranco Fini nel 2008 e per Laura Boldrini nel 2013.

Nilde Iotti è la presidente della Camera più longeva: 4.688 giorni seguita da Alessandro (Sandro) Pertini con 2.920. Chi è stato meno tempo la terza carica dello stato è Oscar Luigi Scalfaro, solo 31 giorni perché poi eletto Presidente della Repubblica. Pochi giorni in più, 36, per Giovanni Leone.

Qual è stato il presidente del Senato più votato

Altri dati di grandissimo interesse sono i voti ottenuti dai presidenti di Camera e Senato. I numeri sono mostrati dal grafico qui sotto e, ovviamente, non tengono conto dei voti presi da La Russa al Senato dato che nel frattempo il numero dei senatori è stato dimezzato e il confronto non avrebbe senso in termini di numeri assoluti.

Il recordman è Bucciarelli Ducci: è il parlamentare ad essere stato eletto presidente della Camera con la maggioranza più larga, 546 voti. Il secondo più votato è stato Alessandro (Sandro) Pertini che ha ottenuto 519 preferenze, seguito da Pietro Ingrao con 488 voti. 

Al Senato, il record, 280 voti, appartiene a Francesco Cossiga. Dopo di lui, Enrico De Nicola con 276, e non poteva mancare Amintore Fanfani con 270 voti.

Dati aggiornati al: 22 marzo 2018

Fonti: Camera dei Deputati Portale Storico, Senato.it

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