Il settore artistico (7% dell’occupazione) è in costante crescita, invece quello finanziario…
Il grafico dimostra due cose: che il settore creativo (in blu) è importante per il Regno Unito in termini di occupazione, certo. Ma soprattuto dimostra che la finanza britannica (in rosso) è già in crisi e da molto tempo. Alla faccia della Brexit.
Perché la finanza britannica piange
Alla fine del 2015 l’occupazione nelle industrie creative rappresentava circa il 7% del totale dell’occupazione nel Regno Unito, rispetto al 3,5% del il settore finanziario. Il grafico mostra che l’industria creativa è cresciuta costantemente nel corso degli ultimi 40 anni, anche durante la crisi finanziaria iniziata nel 2009, ma lo stesso non si può dire per la finanza.
Insomma, il settore creativo – vale a dire l’editoria, la musica, il cinema, la radiotelevisione, i videogiochi, ma anche il design e la comunicazione – è uno di quelli che crescono più rapidamente nel Regno Unito, mentre la finanza va a picco.
Il cinema va meglio delle banche
Il settore creativo (sempre in blu nel grafico sopra) rappresenta una fetta notevole del Pil. Certo, non quanto i servizi finanziari e assicurativi (in rosso) ma pur sempre in crescita. Mentre dal 2009 ad oggi finanza e assicurazioni del Regno Unito sembrano avere imboccato una parabola discendente. Anche senza la Brexit, la finanza è già in crisi e contribuisce sempre meno alla ricchezza del paese.
Il valore dell’industria creativa si attesta oggi sugli 84 miliardi di euro l’anno, più o meno il 5% del Pil britannico. L’industria del settore finanziario vale invece molto di più e contribuisce alla ricchezza del paese. Il fatto che ci riesca nonostante impieghi molti meno lavoratore la dice lunga sulle differenze di busta paga fra banchieri e creativi. Resta il fatto che dal 2009, quando banche e assicurazioni valevano il 9,1% del Pil, ad oggi (7,6%) il calo è stato del 16%, e questo dà la misura della crisi.
I dati si riferiscono al: 2016
Fonte: Bruegel
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