In 15 Stati non si paga nulla, in 20 meno del 12,5%. E gli sconti ad personam…
Sono 35 i paradisi fiscali che potrebbero finire nell’elenco dei Paesi nella black list del G20 perché applicano aliquote fiscali tra lo 0% e il 12,5% sugli utili delle società. Sì, perché nei 37 Paesi aderenti all’Ocse nel 2020 questa percentuale si aggira su una media del 23,5%, ma ovviamente ci sono anche quelli in cui l’aliquota è decisamente più alta. Tra questi troviamo l’Italia, la Germania, la Francia e anche gli Stati Uniti.
Quanti sono i paradisi fiscali nel mondo
Ma per difendersi da sistemi fiscali “aggressivi” e non finire a spremere i propri concittadini, la segretaria al Tesoro Janet Yellen, più volte ha evidenziato la necessità di un’aliquota fiscale minima globale. L’obiettivo è quello di fermare la corsa al ribasso che cavalcano numerosi Paesi, e rendere meno duro l’aumento delle imposte interne americane volto a finanziarie l’ambizioso piano infrastrutturale di Biden da 2.300 miliardi. Ma quali sono i 35 Paesi con le tasse più basse del mondo e quali possono considerarsi a tutti gli effetti i paradisi fiscali?
I Paesi con l’aliquota fiscale allo 0%
Secondo i dati Ocse, rielaborati da Tax Foundation, ci sono 15 Paesi che non prevedono alcun tipo di imposta sugli utili societari. Veri e propri paradisi fiscali dove neanche l’ombra delle tasse è contemplata. Tra questi troviamo Anguilla, Bahamas, Bahrain, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Guernsey, Isola di Man, Jersey, Saint Barthelemy, Isole Turks and Caicos, Emirati Arabi Uniti, Vanuatu, Isole Wallis e Futuna. Piccoli Stati (ad eccezione degli Emirati Arabi) spesso in mezzo all’oceano scelti come roccaforte di tutte le aziende che vogliono ridurre il loro carico fiscale. Alcune di queste, per di più, sono già inserite nell’elenco dei Paesi nelle isole black list Ue dei paradisi fiscali.
Gli altri paradisi fiscali nella black list del mondo
Oltre ai questi Paesi in cui l’aliquota sui ricavi delle società è pari allo 0%, ci sono altri 20 Paesi in cui è inferiore al 12,5%. Ricordiamo che tra i Paesi Ocse l’aliquota media è pari al 23,5%, ma nel 1980 si aggiravo intorno al 40%. Al primo posto troviamo le Barbados con un’aliquota del 5,5%, poi Uzbekistan e Turkmenistan rispettivamente al 7,5% e all’8%. Tra i Paesi del Vecchio Continente troviamo Ungheria (9%), Montenegro (9%), Andorra (10%), Bosnia Erzegovina (10%), Bulgaria (10%), Gibilterra (10%), Kosovo (10%) e Macedonia del Nord (10%). Chiudono la classifica tre nomi ben noti come l’Irlanda, Cipro e Liechtenstein, tutti con l’aliquota al 12,5%.
Come funzionano i paradisi fiscali nel mondo
Ma se è pur vero che l’Irlanda è il più alto tra i bassi, bisogna sottolineare che in molte giurisdizioni vi è un’asimmetria tra tassazione ufficiale e reale. Il problema si verificherebbe quando la tassazione ufficiale viene ridotta da trattamenti specifici come le tax rules, le deduzioni, le detrazioni o gli accordi contro la doppia imposizione, che spesso portano a non applicarne alcuna.
Quanto sono alte le tasse in Irlanda
In Irlanda, per esempio, pur essendoci, come detto, un’aliquota ufficiale al 12,5%, si sono verificati casi in cui si è applicata una percentuale dello 0,005%. Rientra tra i casi anche il Lussemburgo che non troviamo in classifica perché ufficialmente impone un’aliquota al 25%, ma ci sono casi in cui si è applicato uno sconto del 99% e l’aliquota è scesa allo 0,3%. Altri casi in Belgio, Cipro, Malta e Olanda in cui dal 25% ufficiale si è passati al 2,44% reale. Insomma, anche in Europa abbondano i paradisi fiscali.
Quante tasse si pagano in Italia
Non può essere certamente considerata un paradiso fiscale, ma c’è una particolarità che rende l’Italia un luogo particolarmente appetibile per i ricconi stranieri. E lo è dal 2006 quando il governo guidato da Matteo Renzi decise un regime fiscale di vantaggio per gli stranieri che si fossero trasferiti in Italia. Ebbene, per loro le tasse consistono in solo 100mila euro forfettari all’anno sul reddito prodotto fuori dall’Italia, mentre sulle attività in Italia pagano come chiunque altro.
L’elenco dei Paesi nella black list europea dei paradisi fiscali
Nel Consiglio europeo del 5 ottobre la Ue ha deciso di rivedere il proprio elenco dei Paesi nella black list, cioè la lista dei paradisi fiscali del mondo. Escono Seychelles, Anguilla e Dominica. Restano invece Isole Vergini, Samoa americane, Vanuatu, Fiji, Guam, Palau, Panama, isole Samoa, Trinidad e Tobago.
Ma come fanno a reggersi i Paesi che non impongono alcuna tassa sulle imprese? Molto semplice, prendiamo il caso delle isole Cayman, uno di quegli Stati inseriti nella lista dei paradisi fiscali del mondo e dove, appunto, vige l’aliquota zero. Il caso delle isole Cayman è interessante perché oltre a non imporre alcuna tassa sulle aziende non ne impone alcuna nemmeno sui cittadini residenti. Non è prevista alcuna imposta sul reddito, sulla proprietà, sulle plusvalenze, sui salari e nessuna ritenuta alla fonte. Sembra incredibile, ma è così.
Le entrate fiscale delle isole Cayman
Le entrate fiscali delle isole Cayman provengono da altre fonti. Prima di tutto per poter avere un lavoro alle isole Cayman si paga una tassa. Altre entrate derivano dalle tasse relative al turismo, dalle transazioni finanziarie, dai dazi all’importazione che possono andare dal 22 al 27%. Beni particolarmente costosi, come per esempio le automobili, subiscono dazi ancora più pesanti che possono arrivare al 42%.
Adesso si capisce perché le isole Cayman sono così attraenti per qualsiasi imprese del mondo, soprattutto quelle attive nella finanza. Le società offshore pagano solo una tassa annuale che si riferisce al rinnovo della licenza di permanenza sul territorio. E basta.
La flat tax e i paradisi fiscali nel mondo
Il fatto curioso di molti di questi paradisi fiscali è che adottano la flat tax, quindi non un’imposta progressiva sui redditi, ma una tassa uguale per tutti. D’altra parte la semplicità del sistema di tassazione è uno dei punti forti dei paradisi fiscali e niente è più semplice, se si vogliono far pagare le tasse, della flat tax. Uno di questi Paesi sono le isole di Trinidad e Tobago dove la tassazione “piatta” è del 25% dalla quale sono però esenti i redditi personali fino a 72mila dollari locali. Oltre a questo ci sono una serie di deduzioni e detrazioni che permettono al contribuente di pagare ancora meno ad esempio portando in deduzione o detrazione le spese universitarie oppure gli investimenti in opere di ristrutturazione anche edilizia.
La condizione per accedere a questo sistema estremamente conveniente, soprattutto se si pensa al livello delle tasse in Italia, è la residenza nelle isole per almeno 6 mesi l’anno. Ma si può avere la residenza e non il domicilio e, in questo caso, la persona viene tassata solo per i redditi prodotti nel Paese oltre che per tutti i i redditi prodotti all’estero e portati in “patria” sempre con l’aliquota del 25%. Infine molto vantaggioso è il fatto che i dividendi di società residenti che vanno a vantaggio delle persone residenti sono esentasse.
I dati si riferiscono al: 2021
Fonte: Ocse, Tax Foundation, Ocpi
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