Il gender gap sugli stipendi in Italia è al 4,7%

Come leggere i dati citati da Draghi sulla differenza tra uomo e donna

Il discorso al Senato di Mario Draghi è stato analizzato nei dettagli, è stato elencato quello che ha detto, quello che non ha detto, quello che voleva dire quando ha usato certe parole e a chi si rivolgeva. Tra i moltissimi argomenti toccati c’è stata la condizione occupazionale delle donne, il fatto che siano ancora troppo poche le donne manager e anche il gender gap, in particolare il gender gap sugli stipendi, il cosiddetto gender pay gap. Mario Draghi ha affermato che “l’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa” . Questa affermazione è corretta? In parte non lo è, ma vediamo meglio.

Se guardiamo l’unadjusted gender pay gap  dell’Italia misurato da Eurostat, ovvero la differenza tra le retribuzioni orarie lorde maschili e femminili in percentuale su quelle maschili, troviamo uno dei dati più bassi d’Europa. Nel 2019 ammonta al 4,7%. Vuol dire che gli stipendi lordi delle donne sono solo del 4,7% più bassi di quelli degli uomini. Solo in Lussemburgo e in Romania questo divario è ancora inferiore, essendo nel primo caso dell’1,3% e nel secondo del 3,3%.

Al contrario in Estonia il gender gap negli stipendi risulta essere massimo, del 21,8%. Appena sotto al 20% è in Austria, al 19,9%, nel Regno Unito, al 19,8%, in Lettonia, al 19,6%, e in Germania, al 19,2%. Dove è superiore alla media UE del 14,1%. Ma come è possibile che in Paesi avanzati, con alti tassi d’occupazione femminile e da sempre attenti all’uguaglianza il gender gap sia maggiori che in altri come l’Italia e la Romania?

gender gap stipendi

Il divario complessivo nelle retribuzione

Non lo sappiamo, ma Draghi probabilmente faceva riferimento ad un’altra statistica, nella quale siamo peggiori alla media europea. Parliamo del gender overall earnings. Che cos’è? Il divario retributivo complessivo di genere è un indicatore che misura l’impatto di tre fattori combinati: la retribuzione oraria media, la media mensile del numero di ore retribuite e il tasso di occupazione, sulla retribuzione media di tutte le donne in età lavorativa rispetto agli uomini. Su questa statistica, che rappresenta una visione più generale sull’occupazione, il gap italiano è al 43,7% (dato 2018 di Eurostat) contro una media europea del 39,6%.

Come si misura il gender pay gap?

Questo ci permette di spiegare meglio che cosa vuol dire misurare il gender pay gap. La questione sta in quel “unadjusted” citato all’inizio. Indica che Eurostat ha preso gli stipendi medi degli uomini e quelli delle donne e ha fatto i calcoli. Cosa giusta formalmente, ma come lo stesso istituto di statistiche afferma, non è stato possibile valutare il livello dei salari a parità di carriera, di professione, di lunghezza dell’orario di lavoro, di tasso di occupazione e di molte altre variabili che invece contano molto.

C’è chi si è occupato di fare tali considerazioni, in particolare i ricercatori tedeschi, per dimostrare che l’altissimo livello di gender gap in Germania è in realtà inferiore usando molti più parametri, e la stessa Eurostat, come abbiamo visto, con un indicatore che non prende in considerazione solo la retribuzione.

La differenza tra donna e uomo sul lavoro

Per esempio per quanto riguarda l’Italia è importantissimo il bassissimo tasso d’occupazione femminile, tra i peggiori in Europa, inferiore al 50%. Anche questo è un dato citato da Mario Draghi in Sentao. Secondo calcoli del 2014 solo la differenza tra l’occupazione maschile e femminile abbassava del 9,3% il gender gap sugli stipendi. Perché viene considerato che se lavorassero tutte le donne ora inoccupate fino a raggiungere gli stessi livelli d’occupazione degli uomini, queste sarebbero impiegate, vista la minore specializzazione, in mansioni pagate meno. È un po’ quello che accade in Germania. Dove lavorano tutti, o quasi.

Anche in Germania se, come in Italia le donne con mansioni peggio pagate non lavorassero il gender pay gap sarebbe più basso. Un altro 3,1% è abbassato dal fattore educazione: le donne che lavorano sono più istruite degli uomini. Se lavorassero anche quelle con istruzione media pari a quella degli uomini il gender gap crescerebbe di quella percentuale.

Il ruolo del part time

Al contrario il gender gap è accresciuto dal fatto che sono le donne che scelgono, o sono costrette a scegliere il part time. Secondo questi calcoli ciò da solo spiegava il 3,6% del gender gap degli stipendi. E poi contano anche le attività economiche. Le donne sono più occupate in ambiti in cui gli stipendi sono inferiori, nel commercio, nell’istruzione, nel turismo. Sono meno presenti nell’industria, soprattutto a livelli elevati, nella finanza, nell’ICT, ovvero i settori con i salari maggiori. Questo spiegava nel 2014 un altro 6,5% del gender gap.

Facendo tutti i calcoli risultava che prendendo in considerazione tutti questi fattori in realtà il vero gender pay gap era circa il doppio di quello ufficiale, e molto più alto di quello tedesco per esempio. Ora con la pandemia, che ha costretto molte più donne degli uomini a uscire dal mercato del lavoro è immaginabile che il gender gap sugli stipendi sia ulteriormente diminuito, essendo rimaste occupate quelle pagate meglio, più istruite, con contratto a tempo indeterminato. Ma non può certo essere consolante, né una buona notizia.

I dati sono del 2018-2019

Fonte: Eurostat

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