Elezioni Usa, affluenza già al 51,6% di quella del 2016

È il Texas lo Stato con la maggiore percentuale di early voters rispetto al 2016

Negli Usa il 3 novembre si voterà per decidere se confermare alla Casa Bianca Donald Trump o porre al suo posto lo sfidante democratico, l’ex vicepresidente Joe Biden. Tuttavia l’uso del futuro non è completamente corretto in questo caso, si dovrebbe usare il gerundio, perchè mai come quest’anno gli americani hanno cominciato a votare in anticipo, da qui il termine “early voting”, inviando la scheda delle elezioni Usa via posta o recandosi in luoghi in cui votare di persona, con code che non si vedono a volte neanche il giorno prefissato delle elezioni.

L’early voting non è una novità di quest’anno, esiste da decenni, e il suo utilizzo è costantemente cresciuto nel tempo. Nel 2016 erano stati 58,3 milioni gli elettori che vi erano ricorsi, il 42% dell’elettorato complessivo. Quest’anno a meno di una settimana dalla data del voto si è già arrivati a 71,1 milioni. Di questi in 47,8 milioni hanno usato la posta, mentre in 23,3 milioni hanno votato in persona.

Da sempre, e anche quest’anno, questo metodo è usato soprattutto dagli elettori democratici, e anche per questo tale strumento di voto è entrato nel discorso politico, con i repubblicani e il presidente Trump che hanno sollevato dubbi sulla correttezza del sistema di spedizione via posta delle schede e sul loro scrutinio, con ricorsi in tribunali locali, alcuni dei quali per esempio hanno dichiarato che non sarà legittimo contare i voti arrivati dopo il 3 novembre. Fino agli annunci di Trump sullo stop al finanziamento al USPS (United States Postal Service).

Il ruolo della pandemia di Covid

È anche per questo probabilmente che in milioni gli americani si sono affrettati a votare molte settimane prima del 3 novembre, per essere sicuri che le schede arrivassero prima del martedì elettorale, ovviando a eventuali ritardi fisiologici in caso di grande afflusso, ed è per questo che molti hanno scelto di votare di persona.

Ovviamente l’altro motivo che ha spinto all’uso dell’early voting è la pandemia di Covid, che negli USA vive la sua terza ondata con nuovi record di contagi. Molti americani temono gli assembramenti al seggio e preferiscono evitare le code del 3 novembre.

Nella mappa è possibile osservare dove l’affluenza al voto anticipato è stata maggiore, in proporzione a quella complessiva del 2016. Se in media ha votato il 51,6% di quanti lo avevano fatto nel 2016, in Texas si arriva alla percentuale record dell’86,9%, seguita dalle Hawaii, con l’86,8%, e poi dallo stato di Washington e dal Montana con il 76,1% e il 75,4%.

Distinguere tra stati ha senso perchè negli USA non vince il candidato presidente che prende più voti, ma quello che conquista più voti elettorali: ogni Stato ne assegna un certo numero in proporzione alla popolazione e salvo pochissime eccezioni (Maine e Nebraska) al candidato vincitore vengono assegnati tutti, sia che abbia vinto dello 0,1% che del 30%. Il punto è quindi conquistare quel numero di stati i cui voti elettorali costituiscono la maggioranza del totale, ovvero 270 su 538 totali. E come accaduto nel 2016 si può vincere prendendo meno voti totali dell’avversario. L’attenzione della vigilia è tutta di conseguenza sugli stati più in bilico, si cerca di comprendere per esempio se in questi ultimi i democratici o i repubblicani stanno portando più persone a votare in modo anticipato.

Anche in alcuni stati repubblicani il voto anticipato è massiccio

E Non c’è in realtà un pattern chiaro nei dati sull’early voting, ovvero non sono soprattutto gli Stati più liberal quelli in cui si sta votando di più con l’early voting, come ci si sarebbe potuti aspettare, e neanche quelli più in bilico, visto che le Hawaii e Washington sono solidamente democratici, il Montana decisamente repubblicano.

Certo, in base ai dati degli elettori registrati (negli USA ci si registra per votare e si può dire a quale partito si è affiliati) e alle stime fatte sugli indipendenti i democratici appaiono avere allargato il vantaggio rispetto ai repubblicani tra gli early voters, ma non dappertutto. Per esempio in Texas, stato sotto i riflettori perchè secondo alcuni più in bilico del passato, il vantaggio dei repubblicani è in crescita proprio tra chi vota anticipatamente. Lo stesso sta accadendo nel Montana, e il gap diminuisce anche in Georgia, dove pure ha già votato il 71,4% di quanti lo avevano fatto nel 2016.

Quello che sembra stia accadendo, seppure a macchia di leopardo, è che in alcuni Stati, non a caso in quelli in cui l’early voting è quindi maggiore, anche i repubblicani si sono mobilitati per votare, forse in risposta al massiccio afflusso di democratici. Non accade ovunque, gli Stati con meno elettori che sono ricorsi all’early voting sono proprio le roccaforti di Trump, ovvero Alabama, Mississippi, Oklahoma, West Virginia, Idaho, dove meno del 20% degli elettori si espresso in anticipo.

Il 3 novembre questi voti dovranno essere scrutinati assieme a quelli di chi andrà alle urne quel giorno. Sono attese contestazioni, ricorsi, e probabilmente sorprese. E forse come nel 2000 non sarà possibile proclamare un vincitore quella notte.

I dati si riferiscono al 28/10/2020

Fonte: Electproject

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