La disuguaglianza sociale a 50 anni dal ’68

Meno differenze di reddito e patrimonio. Si accorcia la distanza tra uomini e donne. Ecco tutti i dati


Ogni tanto non è vero che si stava meglio quando si stava peggio. Non sempre, insomma. Per esempio un recente report della Banca d’Italia mostra come in passato, negli anni tra il 1968 e la metà degli anni ’70 ci fosse decisamente più disuguaglianza sociale in Italia che negli anni più recenti.

Quanta disuguaglianza sociale c’è in Italia

Il grafico sopra mostra come le famiglie italiane si dividevano, tra il 1968 e il 2014, in base al livello di ricchezza. Il segmento più povero è quello con un livello di ricchezza minore della metà della mediana (che a sua volta è quel valore che divide in due le famiglie, metà è più povero e metà più ricco). Vi è poi quello medio, che va da quello precedente a uno 3 volte la mediana, e quello più ricco, da 3 volte alla mediana al massimo.
Nel 1968 il 42,9% delle famiglie era nel segmento più povero, percentuale cresciuta al 45,4% nel 1973, e poi crollata nei decenni successivi fino a un minimo di 35,4% nel 1987. Negli anni successivi non c’è stata una grande crescita. Nel 2014 erano il 37,4% le famiglie in questa fascia. Allo stesso modo è calata la proporzione di famiglie nel segmento più ricco. Era superiore al 30% nei primi anni ’70, il 31,9% nel 1972, ed è calata al 10,6% nel 1989 e poi non è andata oltre il 14,6% del 2012.
Questo perché la maggioranza dei nuclei familiari italiani si è ritrovata, dagli anni ’80 in poi, nella fascia media. Il 53,8% nel 1989, ma era il 49,5% anche nel 2014.
Nonostante ciò che a volte si afferma, la concentrazione delle ricchezze negli ultimi 30 anni non è cambiata molto e rimane meno diseguale della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70.

Chi sono i ricchissimi nel mondo

E a dire il vero è anche meno diseguale rispetto a quella di altri Paesi del mondo. La quota di ricchezza in mano al 10% più abbiente, come mostra il grafico sotto, è decisamente minore che negli Stati Uniti, dato che da noi oscilla intorno al 45% mentre è arrivata a sfiorare in il 75% in Usa dove, tra l’altro, è calato meno negli anni. In Francia e Regno Unito la disuguaglianza sociale nella ricchezza detenuta è certamente minore che oltreoceano, ma comunque i più ricchi sono giunti a detenere circa il 55% dei patrimoni.
disuguaglianza in Italia
Ovviamente influisce moltissimo su queste misure il fatto che nel nostro Paese il possesso di una casa di proprietà è molto diffuso, e costituisce un elemento di ricchezza, di patrimonio, anche per le famiglie medie: un dato che altrove manca e che, in Italia, si è accentuato molto proprio nel lasso di tempo osservato, ovvero tra fine anni ’60 e i giorni nostri.

I ricchi con meno patrimonio

Tuttavia anche i redditi hanno visto un calo, seppur minore, della disuguaglianza sociale in Italia. Di seguito c’è la distribuzione della ricchezza e poi del reddito per decimi: ovvero quanto ha in percentuale il 10% più povero, il secondo 10%, e via via fino al 10% più ricco.

disuguaglianza sociale

In alcuni casi si ha una percentuale negativa per la presenza di debiti che superano gli asset positivi. Il massimo della disuguaglianza sociale in Italia venne raggiunto nel 1972 con un indice di Gini di 0,794. L’indice di Gini è quell’indicatore di disuguaglianza che oscilla tra “zero” (massima uguaglianza) e “uno” (massima disuguaglianza). Nel 1972 il 10% più ricco aveva il 57,7% del patrimonio in Italia mentre il primo e il secondo decimo invece avevano addirittura una percentuale negativa. La situazione è andata cambiando finché, nel 1991, è stato raggiunto il minimo di 0,623 come indice di Gini. Con i più ricchi che avevano ora “solo” il 40,6% della ricchezza totale. E, per esempio, quelli che stavano nel quinto e sesto decimo, la classe media, che ne detenevano il 5,3% e 7,3% contro il 1,8% e 5,7% del 1972.

Nell’ultimo anno esaminato, il 2014 le cose non sono cambiate particolarmente. C’è stato un piccolo aumento della disuguaglianza sociale in Italia, ma si era a 0,676 e il 10% più ricco, come mostra il grafico sopra, comunque non andava oltre il 43,7% del patrimonio totale.

La disuguaglianza dei redditi

Per quanto riguarda i redditi vi è stato un passaggio dal 0,399 di indice di Gini del 1968 al 0,334 del 1989. Poi è risalito, ma senza mai tornare ai livelli della fine degli anni ’40, e giungendo al 0,35 di 3 anni fa.
Come mostra il grafico sotto, il 10% che guadagna di più aveva il 29,5% del reddito totale nel 1968, e il 26,6% nel 2014 mentre la quota del 50% più povero (quelli tra il primo e il quinto decimo) è passata dal 23,5% al 25,8%.

Sono miglioramenti minimi, ma smentiscono la vulgata che vuole la disuguaglianza sociale in Italia in crescita gli ultimi anni contro un passato di maggiore coesione sociale.

La disuguaglianza sociale in Italia tra uomini e donne

Un altro cambiamento, sempre nello stesso ambito, è stato quello dei rapporti tra uomini e donne, anche qui sia per quanto riguardo i patrimoni che i redditi. Si tratta di un altro recente report della Banca d’Italia che mostra come sia diminuito il rapporto tra le entrate e gli asset degli uomini e quelli delle donne. Nel complesso nel 2016 i patrimoni degli uomini erano 1,24 volte maggiori di quelli delle donne, ovvero il 24% in più.

Due decenni fa, tra il 1991 e il 1998 erano 1,35 volte più grandi, come mostra il grafico sopra. Il minore divario in particolare si è realizzato nella fascia di età più anziana, oltre i 50 anni, visto che al di sotto anzi la situazione è peggiorata: tra i 18 e i 30 anni il rapporto è passato da 1,15 a 1,39.
Tra le ragioni di questo trend vi è la crescita della disuguaglianza nel possesso di asset finanziari (fondi, titoli, obbligazioni, azioni, partecipazioni, ecc), in cui si passa da un rapporto di 1,04 a uno di 1,31, come mostra il grafico qui sotto.

La particolarità è che questo aumento della disuguaglianza sociale in Italia tra uomini e donne nel possesso di asset finanziari avviene praticamente in tutte le classi di età, ma in particolar modo tra i più giovani e i più anziani. Le donne in Italia hanno, poi, sempre lavorato meno, e gli investimenti in questi patrimoni è spesso legato ad attività imprenditoriali che nel nostro Paese sono ancora a maggioranza maschile.
Diverso è il caso delle proprietà immobiliari.

La disuguaglianza sociale e la proprietà immobiliare

Qui si verifica il fenomeno opposto. Anche a causa della maggiore durata della vita della donna, e del fatto che sono più le donne a ereditare dagli uomini che l’inverso, si assiste a una decisa diminuzione dei divari nel rapporto tra il possesso, in termini di valore, di proprietà da parte degli uomini e delle donne. I dati, in questo caso, sono mostrati nel grafico sotto.

Un rapporto che era di 1,68 nel 1986-89 ed è nel 2016 di 1,18. In sostanza 30 anni fa gli uomini erano del 68% più ricchi delle donne in immobili, e nel 2016 solo del 18%.

Solo fino a 18 anni accadeva il contrario, ma numericamente sono pochissimi casi. Tra i 18 e i 30 anni le donne posseggono anzi più degli uomini. Il calo maggiore della disuguaglianza sociale in Italia è stata tra i 51 e i 65 anni, dove si è passati da 2,15 a 1,22. In generale si è anche annullata la differenza tra le età. Anzi, ora, la disuguaglianza è minore tra gli anziani che tra i 41-50enni.

Conta anche la dote di partenza

E poi conta probabilmente il livello di partenza al momento del matrimonio nelle coppie che si sposano.
Negli anni è aumentata la percentuale di coppie in cui la donna aveva maggiori proprietà immobiliari dell’uomo al momento del matrimonio, dal 6,3% del 1986-1989 al 15% del 2016, ed è calata invece quella in cui sono gli uomini a possedere di più, dal 30,6% al 28,6%. I dati sono mostrati nel grafico sotto.

E una diminuzione della disuguaglianza sociale che si verifica anche nei redditi medi: quelli degli uomini erano 1,61 volte maggiori di quelle delle donne nel 1986-89, mentre ora lo sono solo 1,43 volte, come mostra il grafico qui sotto.

La distanza più ampia, con un rapporto di 1,49, è quella nei guadagni da pensione, ma il calo maggiore della disuguaglianza sociale in Italia è stato quello nel salario da lavoro autonomo, da 1,61 a 1,41.
Al contrario è cresciuto il gap nei salari. Questo probabilmente per l’aumento dell’occupazione femminile che si è tradotta nelle donne che vivono in coppia spesso in un impiego part time, quindi con salari decisamente bassi.
Ora sarà cruciale osservare cosa accadrà con la ripresa, chi sta guadagnandoci di più, e se questa premierà i più ricchi oppure no. Per farsi un’idea del trend basta dare un’occhiata ai più recenti dati sulle dichiarazioni dei redditi degli italiani.

I dati si riferiscono al: 1968-2016

Fonte: Banca d’Italia

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