In Italia il 51,5% resta disoccupato per più di 12 mesi

Nel Sud i senza lavoro da un anno sono 758mila. Più che in tutta la Germania

Gli ultimi dati Istat sugli occupati e i disoccupati in Italia, diffusi il 30 settembre 2022, ci dicono che a destare più preoccupazione non è il tasso di occupazione, calato di 0,2 punti percentuali rispetto a luglio 2022, né il tasso di disoccupazione che, pur rimanendo al di sopra della media europea (6%) scende al 7,8%. A essere veramente preoccupante è l’aumento del tasso di inattivi tra i 15 e i 64 anni che balza al 34,8%. Parliamo di tutti quelli che non hanno un lavoro e non sono intenzionati a cercarlo. Si, perché la disoccupazione è una condizione transitoria solo per chi decide di optare per un lavoro migliore o più un linea con le proprie caratteristiche professionali, ma per milioni di lavoratori senza competenza specifiche e quindi con più difficoltà a ricollocarsi nel mercato del lavoro, la disoccupazione diventa “cronica”.

Gli inattivi in Italia sono 10 milioni e 426mila

In Italia a settembre 2022 sono 10 milioni e 426mila gli italiani nella fascia 15-64 anni che hanno risolto il problema del lavoro semplicemente smettendo di cercarlo. Ma inattivi non si nasce, si diventa. E una delle ragioni che portano una persona a decidere di smettere di cercare lavoro è da ricercare nella durata del periodo di inattività, più è lungo il periodo che si passa senza lavoro più si rischia che lo status di inattivo si cronicizzi. Un vero problema in Italia dove il tasso di disoccupazione di lunga durata, ovvero il rapporto tra le persone in cerca di occupazione da 12 mesi e oltre e le forze di lavoro è del 51,5%.  La media Ue? Si ferma al 35,2%. Come mostra il grafico in apertura siamo primi in Europa insieme a Grecia e Bulgaria.

Disoccupazione di lunga durata, l’anticamera dell’esclusione sociale

L’allarme disoccupazione di lunga durata è, oltretutto, reso ancora più urgente dall’attuale mercato del lavoro che richiede competenze sempre più specifiche mentre, di contro, diminuiscono le opportunità lavorative per chi di competenze ha solo quelle “generiche”. Difatti, come mostra l’infografica qui sopra, a rischiare di passare da disoccupati a inattivi sono soprattutto i lavoratori con un basso livello d’istruzione. Più le persone sono disoccupate, più le loro competenze possono diventare obsolete e più difficile può diventare per loro convincere i datori di lavoro ad assumerli. L’effetto di questa situazione è che possono rimanere bloccati in una spirale viziosa. La disoccupazione di lunga durata diventa quindi l’anticamera della povertà e dell’esclusione sociale.

disoccupati Italia

Al 64,4% dei disoccupati del Sud Italia non bastano 12 mesi

Un problema che come moltissimi altri nel nostro Paese riguarda principalmente l’Italia meridionale. Secondo i dati di Eurostat infatti nel Sud Italia ci sono più disoccupati di lunga durata che in tutta la Germania. Precisamente nel Mezzogiorno sono 501mila nella fascia tra i 15 e i 74 anni. Se nel conteggio includiamo anche le Isole il dato balza a 758mila. In tutta la Germania invece i disoccupati che rimangono tali per più di dodici mesi si fermano a 497mila. Nelle regioni del Sud Italia infatti la percentuale di disoccupati che non trovano lavoro entro 12 mesi è del 64,4%.

I settori dove è più facile trovare lavoro (e più difficile perderlo)

La crescita dell’occupazione in Italia da qui al 2026 sarà trainata soprattutto dal settore dei servizi e, stringendo il cerchio, dal settore del turismo. Per quanto riguarda il settore terziario in toto, (sanità privata, servizi alla persona e alle comunità ma anche servizi assicurativi bancari e di consulenza) la crescita occupazionale riguarderà 1.238.500 nuovi lavoratori mentre l’industria si fermerà a 437.500 e l’agricoltura a 43mila. La parte del leone, come accennato, la farà il comparto turistico dove si concentrano le maggiori previsioni di crescita occupazionale con 355.400 nuovi posti di lavoro, circa otto volte quelli del settore agricolo. Tuttavia è bene precisare che più della metà delle offerte di lavoro totali (comprese le sostituzioni di posti di lavoro lasciati liberi) fino al 2030 richiederanno sì qualifiche di alto livello, ma le opportunità di lavoro per le persone con qualifiche medie nel nostro Paese saranno ancora ampie soprattutto grazie alla nostra eccellenza nei servizi turistici.

I dati si riferiscono al: 2022

Fonte: Istat – Eurostat – Cedefop

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