Cura Italia, 20 miliardi di deficit aggiuntivo

Le maggiori spese correnti saranno di 13,1 miliardi, quelle in conto capitale di 6,6 miliardi

Il Decreto legge numero 18 del 2020, meglio noto come “Cura Italia”, è il primo, probabilmente dei tanti, strumenti che sono stati e verranno usati per mitigare gli effetti economici dell’emergenza coronavirus. Lo stanziamento complessivo è di 24 miliardi e 786 milioni, ma quello che è più interessante il deficit aggiuntivo per le case dello Stato che questo porterà, almeno nelle intenzioni del governo. Le stime non tengono conto ancora della profonda recessione che questa emergenza sta portando ovunque e soprattutto in Italia, ma sono una fotografia degli effetti del solo decreto. Che accrescerà il disavanzo dell’1,1% del Pil. A tanto corrispondono i 19 miliardi e 959 milioni di deficit programmati.

Come nasce questa cifra? E’ il risultato tra un poderoso aumento delle entrate, in totale di 19 miliardi 575 milioni, calcolate ai fini dell’indebitamento, e una riduzione lieve delle entrate di 383,2 milioni. Anche se sappiamo benissimo che quest’ultima, a conti fatti, sarà molto più ampia.

Cura Italia, il peso dell’incremento delle spese

Partendo dalle entrate il governo prevede maggiori entrate tributarie per 111,1 milioni e più alte entrate tributarie e contributive per 426,1 milioni, nonché maggiori entrate extratributarie per 15,9 milioni. Si tratta degli effetti delle assunzioni e quindi delle retribuzioni che dovranno essere fatte per fare fronte all’emergenza.

Le minori entrate che vanno a sottrarsi ai numeri precedenti saranno di più, però, e ammonteranno a 650,8 milioni se parliamo di quelle tributarie, e a 273,6 per quanto riguarda quelle contributive, nonché a 11,8 se ci riferiamo a quelle extra-tributarie. Sono in parte i “carichi affidati all’agente della riscossione”, ovvero le cartelle esattoriali del fisco che in virtù del decreto sono sospese, e rimandate al futuro.

Da qui nasce la variazione in negativo di 382,2 milioni del Cura Italia. Ma non è nulla in confronto alla variazione straordinaria delle uscite. Le maggiori spese correnti saranno di 13 miliardi e 168 milioni, quelle in conto capitale di 6 miliardi e 626 milioni. L’eccezionalità del momento si nota anche nel fatto che gli investimenti sono una parte molto ampia dello sforzo effettuato, ne costituiscono più di un terzo. Nonostante negli anni recenti al contrario siano stati sempre più trascurati a favore della spesa corrente.

Le minori spese invece sono trascurabili, solo 219,6 milioni, 159,6 milioni correnti e 60 milioni in conto capitale.

Per il governo sono spese una tantum

Nelle intenzioni del governo queste dovrebbero essere spese una tantum. Ovvero da affrontare solo nel 2020 a causa di eventi eccezionali, e come tali da escludere dal calcolo del saldo di bilancio strutturale, quello che viene valutato in sede europea, e che per il 2020 era previsto in negativo, ovvero in deficit, solo per l’1,4% del PIL. Non considerando questo impegno finanziario il peggioramento per il 2020 sarebbe solo dello 0,1%, si arriverebbe all’1,5% di deficit strutturale.

Il problema è che il calo del PIL che colpirà il Paese potrebbe rendere questi conteggi totalmente inadeguati

Fonte: Senato della Repubblica

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