Il franchising scende da 370 a 265 milioni, ma l’online torna a crescere
Nello stabilimento del gruppo Benetton a Castrette di Villorba, a pochi chilometri dalla sede di Ponzano Veneto, tra 300 e 350 lavoratori su 800 hanno incrociato le braccia per due ore. È il primo sciopero in oltre trent’anni per lo storico marchio trevigiano, un simbolo del made in Italy che negli anni Ottanta vestiva il mondo e che oggi affronta una fase complessa. Al centro della protesta ci sono i contratti di solidarietà al 90%, che coinvolgono 80 addetti fino al 31 dicembre 2025: in pratica, un solo giorno di lavoro ogni dieci.
La decisione, comunicata via mail e senza preavviso, ha spinto i sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil a mobilitarsi, denunciando l’assenza di rotazione tra i lavoratori coinvolti e la rottura del dialogo con l’azienda. Dal canto suo, il Gruppo Benetton parla di un “calo passeggero del mercato globale dell’abbigliamento”, ma i numeri raccontano un quadro più complesso.
Benetton non corre più come un tempo
Il Gruppo Benetton S.r.l., controllato dalla holding Edizione S.p.A. della famiglia Benetton, è il cuore operativo di un sistema industriale e commerciale che ruota intorno ai marchi United Colors of Benetton e Sisley. L’azienda coordina una rete internazionale articolata in società controllate, responsabili di produzione, logistica e distribuzione, e in una fitta presenza di punti vendita diretti e in franchising. Questa struttura, che un tempo aveva permesso di esportare il modello Benetton in tutto il mondo, oggi riflette una realtà profondamente diversa rispetto ai decenni di massimo splendore.
Benetton non è più la macchina da fatturato che negli anni Novanta colorava le vetrine del pianeta. I dati economici confermano un rallentamento progressivo: già nel 2023 il gruppo aveva registrato ricavi netti per 1.015 milioni di euro, in leggero calo rispetto ai 1.018 milioni del 2022 (–0,3%). Il bilancio 2024 accentua questa tendenza, con 917 milioni di euro di ricavi, pari a una riduzione del 9,7% (–8,3% a cambi costanti, cioè al netto delle fluttuazioni tra le valute estere e l’euro) rispetto all’anno precedente (1.015 milioni).
Benetton taglia le perdite e cerca equilibrio
Il 2024 non è stato un anno semplice per Benetton, che ha dovuto affrontare un contesto economico incerto, tra inflazione, consumi rallentati e un settore moda in continua trasformazione. La redditività ha risentito del clima generale: l’Ebitda – cioè l’utile prima di tasse, interessi e ammortamenti, un indicatore che misura quanto un’azienda guadagna con la sua attività principale – è sceso da 88 a 60 milioni (–32%). L’Ebit, che rappresenta invece il risultato operativo dopo gli ammortamenti, pur restando negativo, è migliorato da –122 a –56 milioni, segno che la gestione interna ha iniziato a recuperare efficienza. Il risultato netto di competenza del gruppo resta in perdita, ma si riduce sensibilmente: –100 milioni contro i –235 dell’anno precedente (–57%).
Tra le note più incoraggianti c’è il flusso di cassa operativo, che cresce da 22 a 38 milioni di euro (+73%), e un indebitamento finanziario netto in calo, passato da 460 a 411 milioni (–49 milioni). Gli investimenti si riducono da 31 a 22 milioni, segno di una strategia più prudente, mentre il patrimonio netto si attesta a –68 milioni, in lieve peggioramento. Nel complesso, il gruppo mostra una situazione ancora fragile ma in progressivo riequilibrio: meno perdite, più liquidità e primi segnali di stabilità, in attesa che anche il mercato torni a premiare qualità e identità del marchio.
Vendite in calo, ma l’online cresce
Nel 2024 Benetton ha fatto i conti con un mercato della moda in trasformazione, tra consumi in calo, concorrenza del fast fashion e la crescita costante dell’e-commerce. La rete del gruppo resta ampia, con 3.175 punti vendita nel mondo, di cui 1.380 gestiti direttamente e 1.795 in franchising o in gestione indiretta. Le scelte dei clienti cambiano e i numeri lo dimostrano. I ricavi del canale indiretto, cioè quelli dei negozi in franchising e dei partner esterni, sono scesi da 370 a 265 milioni di euro. Le vendite dirette nei punti Benetton invece hanno tenuto, salendo da 519 a 524 milioni. Anche l’online mostra un andamento misto: l’e-commerce diretto è cresciuto da 82 a 86 milioni, mentre quello indiretto è sceso da 44 a 42 milioni. Segno che il digitale funziona, ma solo quando il rapporto con il cliente resta gestito in prima persona.
Sul fronte geografico, la fotografia racconta un’Italia più prudente e un’Europa in affanno, ma con segnali di vitalità altrove. I ricavi nel mercato italiano sono diminuiti da 261 a 206 milioni di euro, e anche il resto d’Europa ha perso terreno, passando da 386 a 351 milioni. A compensare, però, è la spinta dei Paesi extraeuropei: nel resto del mondo i ricavi hanno raggiunto 278 milioni di euro, contro i 295 del 2023, con un peso crescente delle aree multi-region — soprattutto quelle legate all’e-commerce — salite da 73 a 82 milioni. Un segnale che il marchio veneto, pur tra alti e bassi, continua a parlare una lingua globale, cercando spazio tra i colossi digitali e le nuove mode “veloci”.

United Colors tiene in piedi Benetton
C’è poco da girarci intorno: a tenere in vita il mondo Benetton è ancora United Colors, il marchio simbolo dei maglioni arcobaleno che negli anni Novanta riempivano le vetrine di mezzo pianeta. Oggi continua a essere il motore del gruppo, con 898 milioni di euro di vendite nel 2023, mentre Sisley si ferma a 117 milioni. La sproporzione è evidente anche nei negozi: più di 3.000 punti vendita UCB contro poco più di 400 Sisley. E se in Europa i consumi arrancano, Benetton punta tutto sui mercati dove la moda corre: Dubai, Riyadh, Manila e Parigi, dove ha appena aperto un nuovo store in Rue du Commerce.
Fuori dall’Italia il marchio continua a parlare tante lingue: il 26% delle vendite arriva dal mercato italiano, il 38% dal resto d’Europa e quasi un terzo dal resto del mondo. La parte online cresce con forza, tra il sito ufficiale e le grandi piattaforme digitali di Asia e Medio Oriente. Sisley, più piccola ma ambiziosa, si difende con un restyling del sito e nuovi corner nei centri commerciali: il 21% dei clienti più affezionati genera quasi l’80% degli acquisti. Ma la verità è che, senza i colori di United Colors, il gruppo Benetton avrebbe ben poco da mostrare in vetrina — almeno stando a quanto emerge dal Bilancio Integrato 2023.
Un modello produttivo che non regge più?
Benetton continua a fare tutto in casa: progetta, produce e vende i propri capi. È il modello che l’ha resa famosa nel mondo, ma che oggi la mette in difficoltà. Marchi come Zara e H&M hanno scelto una strada opposta, esternalizzando gran parte della produzione per ridurre tempi e costi. Mentre i concorrenti aggiornano le collezioni in poche settimane, Benetton si muove con una struttura più rigida, costruita su una filiera integrata che richiede tempi più lunghi e costi operativi più alti.
Questo sistema garantisce un controllo completo sulla qualità dei materiali e sulla tracciabilità etica dei prodotti, ma è diventato un freno in un mercato che corre veloce e cambia gusto a ogni stagione. La conseguenza è una competitività ridotta, aggravata da anni di margini negativi e da una struttura ancora pesante, che non riesce a trasformarsi con la stessa rapidità dei nuovi protagonisti del fast fashion.
Fonte: Benetton
Anni di riferimento: 2023, 2024
Leggi anche: BYD sorpassa Tesla: 388.000 auto in più nel 2025
Ti piace citare i numeri precisi quando parli con gli amici? – La redazione di Truenumbers.it ha aperto un canale Telegram: qui potrai ricevere la tua dose quotidiana di dati, restare aggiornato sui principali dati (rigorosamente ufficiali) e fare domande. Basta un attimo per iscriversi. Un’ultima cosa: siamo anche su Instagram.


