Dare-avere con l’Europa: ecco i dati del 2017

Corte dei Conti: l’Italia incassa 8,7 miliardi e paga oltre 15,7 (che non si possono ridurre)

Sedersi al tavolo dell’Unione europea è costato all’Italia 7,051 miliardi di euro nel 2017. Il dato emerge dal Giudizio sul Rendiconto dello Stato della Corte dei Conti che, come ogni anno, ha passato in rassegna i saldi contabili nazionali, compresi i versamenti Ue. Per rispettare gli impegni presi con Bruxelles, l’Italia ha dovuto versare nelle casse comunitarie 15,793 miliardi di euro e ne ha ricevuti 8,742. Il saldo negativo fa di Roma un contributore netto: incassa decisamente meno di quanto versa.

I dati diversi sui versamenti alla Ue

Ricostruire quanto versino i singoli paesi per contribuire alle entrate europee con i versamenti Ue non è affatto semplice. Le tante istituzioni in campo utilizzano schemi contabili tutti diversi tra loro e, alla fine, i totali non tornano mai. Ad esempio: secondo la Commissione europea nel 2016 l’Italia aveva un saldo negativo di 1,9 miliardi di euro quando invece per la Ragioneria dello Stato negli stessi 12 mesi il conto era stato ben più salato: -4,7 miliardi.

Per risolvere l’arcano, la Corte dei Conti fa una cosa molto semplice: analizza i movimenti finanziari dei conti correnti legati al Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. Il risultato è sintetizzato nel grafico sopra: nell’intero 2017 dai quattro conti infruttiferi aperti dal Mef per la gestione dei rapporti con la Ue sono partiti verso Bruxelles bonifici per 15,793 miliardi di euro e ne sono rientrati 8,742. La differenza è stata colmata da entrate provenienti dallo Stato: 7,065 miliardi, ovvero il gap dare-avere più una manciata di milioni di riserva.

Il 2011 l’anno più caro

Le cifre della Corte dei conti si avvicinano parecchio a quelle della Ragioneria dello Stato, secondo la quale nel 2017 i versamenti sono stati per 15,451 miliardi e gli incassi pari a 8,137. Secondo via XX Settembre, “l’Italia ha quindi registrato un saldo netto negativo di circa 7.314 milioni”. Il grafico qui in basso mostra uno storico dei versamenti alla Ue, secondo la contabilizzazione della Ragioneria dello Stato.

Come si può plasticamente notare, almeno dal 2000 ad oggi l’Italia è sempre stata un contributore netto. Ma se all’inizio del secolo la Ue costava poco più di un miliardo, nel tempo la cifra è schizzata. Nel 2017 il banchetto europeo è stato molto caro è stato il secondo peggiore anno in termini di esborso anche se per il record bisogna tornare indietro all’epoca Berlusconi: la Ue non è mai costata così tanto, infatti, come nel 2011 quando il saldo dare-avere segnò il -7,6 miliardi di euro.

Tagliare i versamenti alla Ue? Difficile

Il governo Conte riuscirà a ridurre il gap tagliando i versamenti alla Ue? Per il 2019 e il 2020 è molto difficile, per usare un eufemismo. Il bilancio annuale dell’Unione europea è stretto nei vincoli che ogni sette anni gli stati membri si danno con l’approvazione del quadro finanziario pluriennale. Quel documento, l’unico che deve essere approvato all’unanimità dal Consiglio europeo, stabilisce contribuzioni minime e massime di ciascun paese per ogni esercizio annuale.

Fino a quando a Bruxelles non si discuterà del nuovo quadro finanziario pluriennale sarà complicato ridurre le uscite. Anche perché di frecce nella faretra del governo non ce ne sono molte. A differenza di quanto accade per il bilancio pluriennale, per i conti annuali dell’Unione europea non è necessaria l’unanimità: per il via libera del Consiglio europeo è sufficiente la maggioranza qualificata che può essere raggiunta anche con il niet del governo gialloverde.

I dati si riferiscono al 2017

Fonte: Corte dei Conti

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