L’Italia investe solo l’1,45% del Pil in ricerca e sviluppo

Siamo sotto la media europea. Ma cosa succederà con gli effetti della pandemia?

Nel 2020 la spesa per ricerca e sviluppo in Italia subirà una brusca frenata a causa della pandemia. É presto per dirlo con certezza, ma si può prevedere in base alle indicazioni fornite da imprese e istituzioni nelle rilevazioni periodiche. La diminuzione riguarda prevalentemente le aziende (-4,7% rispetto al 2019, – 2,9% rispetto al 2018), mentre cresce del 3% la spesa delle istituzioni pubbliche e rimane stabile quella delle private non profit. Certo, non sono dati che sorprendono considerando la crisi che stiamo vivendo e che vivremo nei prossimi mesi.

Che cosa intendiamo per spesa in ricerca e sviluppo?

Per prima cosa dobbiamo fare chiarezza su cosa intendiamo per “ricerca e sviluppo“, il cui acronimo inglese è R&D, Research and Development. Sono le attività di imprese, università e istituzioni private non profit per accrescere l’insieme delle conoscenze (compresa la conoscenza dell’uomo, della sua cultura e della società), sia per utilizzare queste conoscenze in nuove applicazioni pratiche. L’attività di R&S può consistere in ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale.

Che cosa è la R&D “di base”

Per ricerca applicata intendiamo il lavoro originale intrapreso al fine di acquisire nuove conoscenze e finalizzato anche e principalmente ad una pratica e specifica applicazione. Per ricerca di base intendiamo le attività intraprese per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti dei fenomeni e dei fatti osservabili, non finalizzato ad una specifica applicazione o utilizzazione. Infine, quando parliamo di sviluppo sperimentale parliamo di lavoro sistematico basato sulle conoscenze esistenti acquisite attraverso la ricerca e l’esperienza pratica, condotto al fine di completare, sviluppare o migliorare materiali, prodotti e processi produttivi, sistemi e servizi.

ricerca sviluppo 2020

L’incidenza della spesa in R&D sul Pil dell’Italia è uno dei cinque indicatori decisi dalla Strategia Europa 2020 per monitorare i progressi compiuti dai singoli Stati rispetto agli obiettivi di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. Eurostat ha aggiornato i dati del 2019 da pochissimo. Emerge che in tutti gli Stati sono stati spesi 306 miliardi di euro: il 2,19% del Pil complessivo.

Siamo sostanzialmente in linea con il 2,18% del 2018. Ma siamo in crescita rispetto a 10 anni fa, quando la spesa per la ricerca e sviluppo rappresentava l’1,97% del totale. Parliamo di livelli accettabili? Per farsi un’idea servono dati di altri contesti, oltre a quello europeo. In Corea del Sud, ad esempio, le aziende hanno investito il 4,52% del Pil in ricerca e sviluppo nel 2018, in Giappone il 3,28% e negli Stati Uniti il 2,82%. In Cina, invece, la quota in R&D è stata del 2,06%, nel Regno Unito dell’1,76%, in Russia dell’1,03% e in Turchia dell’1,03%.

Gli investimenti in R&D della Svezia

In Europa la quota più alta di spesa è stata raggiunta in Svezia (3,39%), seguita da Austria (3,19%) e Germania (3,17%). Seguono Danimarca (2,96%), Belgio (2,89%) e Finlandia (2,79%). L’Italia è in tredicesima posizione, dietro all’Ungheria e davanti al Portogallo. In poche parole: non è un dato in linea con la seconda manifattura d’Europa. In fondo alla classifica, invece, troviamo 8 Stati che hanno una quota di spesa che non va oltre l’1% del Pil. Sono: Romania (0,48%), Malta (0,61%), Cipro (0,63%), Lettonia (0,64%), Irlanda (0,78%) , Slovacchia (0,83%), Bulgaria (0,84%) e Lituania (0,99%).

I dati sono aggiornati al periodo 2018-2020 

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