Decollano i currency swap tra euro e dollaro

Scambiati 141,8 miliardi di dollari tra BCE e Fed con l’obiettivo di fornire liquidità alle imprese

Si tratta di uno strumento che in Occidente è stato utilizzato a partire dalla crisi del 2008, ma in Asia era stato inaugurato già dopo quella del 1997/98, e ovviamente in occasione della recessione causata dal Covid19, che preannuncia di essere peggiore delle precedenti, ritorna in auge. Parliamo del currency swap, ovvero degli scambi di valute tra Banche Centrali. In sostanza per esempio la Fed dà dollari alla Bce ricevendo in cambio euro per lo stesso identico ammontare. Il tutto per aumentare la liquidità.

L’obiettivo, infatti, è fornire il mercato di quella valuta estera di cui le aziende hanno bisogno e che in tempo di crisi diventa scarsa. Per esempio se un’impresa europea ha necessità di accendere un credito in dollari per acquistare magari materie prime sul mercato mondiale le banche devono essere in grado di fornire dollari, e in una fase come quella attuale può divenire difficile e soprattutto costoso reperirlo sui mercati, per esempio tramite prestiti interbancari, che diventano più onerosi. Le banche stesse allora si rivolgono alla BCE prendendo a prestito preso di essa questi dollari, in cambio di garanzie. Da qui l’esigenza per la BCE di esserne forniti, e lo strumento usato è quello dei currency swap, sicuramente preferibile all’uso delle riserve in valuta estera, che tendono a esaurirsi presto e la cui scarsità deporrebbe molto male per la solidità finanziaria di un’area economica. Da marzo 2020 i currency swap sono così ripresi con vigore.

Più liquidità di tutti alla banca centrale giapponese

Tenendo fede alle origini asiatiche di questo strumento è oggi la Banca Centrale del Giappone la principale beneficiaria di questi cambi di dollari con la Fed, come testimonia il nostro grafico, che mostra giorno per giorno a quanto ammontano gli accordi di swap in essere. E ieri erano di 214 miliardi e 978 milioni i dollari messi a disposizione dei giapponesi, in cambio dei quali questi hanno scambiato lo stesso valore in yen. Formalmente solo una delle parti, per esempio la Fed, mette a disposizione il denaro, in dollari, mentre l’altra offre la stessa cifra nella propria in valuta come collaterale. E c’è anche un minimo tasso d’interesse da pagare a chi offre la valuta, che in questo periodo la Fed ha convenientemente abbassato.

Dopo il Giappone è l’Eurozona a beneficiare maggiormente dei dollari della Fed, per 141 miliardi e 791 milioni. Questo al 23 aprile, ma il giorno in cui tutto è cambiato è stato il 19 marzo, quando di colpo i currency swap euro/dollaro sono passati da 45 a 112 miliardi e 85 milioni. Da allora sono gradatamente saliti in valore fino a raggiungere i 140 miliardi e 629 milioni il 9 aprile, rimanendo su quelle quantità da quel giorno.

La liquidità in dollari per inglesi, coreani e svizzeri

Sono quella giapponese ed europea le linee di swap di gran lunga più grosse, le altre appaiono decisamente minori. Vi è quella verso la Banca d’Inghilterra, di 27 miliardi e 280 milioni di dollari attualmente, verso la Banca della Corea del Sud, di 16 miliardi e 194 milioni, e verso la Banca Nazionale Svizzera, di 11 miliardi e 314 milioni. Come collaterale vi sono ovviamente sterline, won e franchi. Tutti gli altri accordi, per esempio con Norvegia, Singapore, Australia, Messico, insieme arrivano appena a 20 miliardi e 748 milioni.

La speranza è che come accaduto in passato questi swap contribuiscano realmente a limitare l’impatto della crisi sull’economia reale, evitando che il commercio internazionale si deprima per mancanza di liquidità in valuta estera.

I dati si riferiscono a marzo e aprile 2020

Fonte: Astrid

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