Rifiuti, la svolta di Roma, che ricicla la metà di Vienna

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Il termovalorizzatore che fa litigare il governo. E la differenziata è un flop

Uno dei motivi delle tensioni nella maggioranza riguarda il termovalizzatore a Roma. Il neo sindaco Roberto Gualtieri (ex ministro dell’Economia, Pd) ha deciso di avviare le procedure per crearne uno nuovo che possa servire non solo la città di Roma ma tutta la provincia. Una risposta all’eterna emergenza rifiuti a Roma che si propone puntualmente ogni estate. Sì, perché, come vedremo, anche il caldo conta quando si parla di rifiuti. Uno degli effetti, per esempio, sono i cinghiali, che si sfamano con i resti umidi che i romani, per negligenza loro e/o per mancanza di organizzazione della municipalizzata Ama, lasciano per le strade.

Serve un termovalorizzatore per bruciare i rifiuti a Roma

Torniamo alla politica. Il termovalorizzatore che il sindaco Gualtieri intende realizzare ha fatto alzare talmente i toni nella maggioranza che perfino la stabilità del governo è a rischio. Tutto nasce dall’opposizione del M5S (oltre che degli ambientalisti) al progetto di Gualtieri che è, invece, considerato un salto di qualità per tutti gli altri componenti della maggioranza Pd (ovviamente) in testa. Ma Roma ha davvero bisogno di un termovalorizzatore? La logica e l’esperienza farebbero dire sì, subito, senza nemmeno pensarci. Ma vediamo che cosa dicono i numeri, in particolare quelli che riguardano la raccolta differenziata dei rifiuti a Roma.

Le capitali europee della raccolta differenziata

L’infografica qui sopra mostra quali sono le città europee più brave nella raccolta differenziata dei rifiuti. Come si vede in testa alla classifica c’è Lubiana con una percentuale di riciclo altissima: il 75%. Al secondo posto c’è Tallin, seguita da Helsinki, Dublino e Vienna, tutte con percentuali superiori, a volte anche ampiamente superiori, al 40%. La media europea è molto più bassa*: appena il 19%, che comunque viene superata da grandi città come Lussemburgo, Londra, Berlino, Praga e Copenaghen.

rifiuti Roma

Bruxelles è in linea di galleggiamento, mentre al di sotto della media si trovano, tra le altre, Roma, Atene, Madrid e Lisbona.

L’emergenza rifiuti a Roma: si può (o no) fare la raccolta differenziata

E Roma? La capitale non riesce nemmeno a toccare la media europea così bassa e si ferma due punti percentuali sotto. Il termovalorizzatore che il sindaco Gualtieri vorrebbe venisse costruito nei tempi più brevi possibile non la farebbe aumentare e, a meno di un recupero di efficienza da parte di Ama, è difficile che la raccolta differenziata raggiunga almeno la media europea.

Ma come mai a Roma non si fa la differenziata? Secondo la Commissione europea i fattori che agevolano la raccolta differenziata sono moltissimi: la geografia del territorio, i costi di trasporto, ma anche un’adeguata legislazione locale, tasse e livello di efficienza energetica delle case. Persino le condizioni climatiche incidono, perché fare la raccolta differenziata dove le temperature sono più elevate costa di più a causa di un’inevitabile maggiore frequenza di smaltimento e trasporto e perché il caldo accelera il processo di decomposizione (i cinghiali a Roma, infatti, spuntano d’estate).

Economia circolare, meglio i privati

Secondo quanto risulta alla Commissione Ue, il metodo che funziona meglio per fare la raccolta differenziata, anche quindi per risolvere l’emergenza rifiuti a Roma, è la tradizionale raccolta porta a porta, ovvero quella che avviene direttamente e periodicamente al domicilio di casa. Mentre riduzioni di costi significative potrebbero derivare da un coinvolgimento dei soggetti privati nella raccolta, anziché lasciarla in capo all’ente pubblico, perché società a scopo di lucro, secondo la Ue, sono comunque sempre più efficienti delle municipalizzate.

Come funziona il termovalorizzatore di Roma

Il termovalorizzatore di Roma sarà un impianto che brucia i rifiuti indifferenziabili e sfrutta il calore prodotto dalla combustione, tramite il turbogeneratore (un motore a turbina),  per produrre energia elettrica e successivamente per scaldare l’acqua che alimenta la rete di teleriscaldamento. Tuttavia, i fumi della combustione, che convogliano in un camino da dove escono, potrebbero essere nocivi e questo spiega l’opposizione sia del Movimento 5Stelle che degli ambientalisti.

* (Mentre nel testo dello studio si parla di una media del 19%, nel grafico, tratto dal medesimo studio, la linea è disegnata al livello di una media del 20%)

I dati si riferiscono al: 2015

Ultimo aggiornamento maggio 2022

Fonte: Commissione Europea

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