Ecco l’Europa dei “matrimoni forzati” (Italia compresa)

Ma non dappertutto è reato, spesso sposare bambine è consentito. Come da noi

Tutti pensano che il fenomeno dei matrimoni forzati sia legato a particolari aree del mondo, dove le donne vengono costrette a vivere con persone scelte dalla famiglia o dalla comunità sia per motivi religiosi che sociali.

I matrimoni forzati non sono perseguibili

Il fatto è che i matrimoni forzati esistono anche in Europa ed sono legati soprattutto all’aumento dell’immigrazione di altre culture nelle quali sposare ragazze, spesso minorenni, senza il loro consenso è considerata una pratica normale o accettabile. In Europa il matrimonio forzato non è dappertutto un reato e non lo è sempre. Sono solo 12 le nazioni della Ue che considerano il matrimonio forzato perseguibile (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Spagna, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Svezia, Slovenia e Gran Bretagna) e solo alcuni di questi hanno statistiche affidabili sul numero dei matrimoni forzati che vengono stipulati all’interno dei propri confini.

I matrimoni forzati in Gran Bretagna

Nel grafico sono indicati i dati di alcuni di questi Paesi che rilasciano i dati ma, non essendo un reato da “allarme sociale”, per alcuni anni questi Stati non hanno raccolto i numeri. In ogni caso il Paese che più diligentemente di altri raccoglie, analizza e rende disponibili i dati con maggiore precisione è la Gran Bretagna dove i matrimoni forzati si contano in circa 1.500 l’anno.

matrimoni forzati

D’altra parte non esiste nemmeno una definizione universalmente accettata che possa identificare con precisione che cosa sia un “matrimonio forzato”. Secondo il Consiglio d’Europa si tratta, in linea generale, di quelle unioni che una delle due parti, in genere la donna, è costretta ad accettare e per questo spesso un matrimonio forzato ha a che fare anche con reati veri e propri come la pedofilia, il traffico di schiavi, la tratta di ragazze da avviare alla prostituzione,  i matrimoni di convenienza o di comodo o per acquistare la cittadinanza e via dicendo.

I matrimoni forzati in Italia

Il caso italiano, in questo senso, è piuttosto particolare, perché, come spiega un rapporto del ministero delle Pari Opportunità, da noi i matrimoni di minorenni tra di loro o di un adulto con una minorenne, è ammesso, in certi casi, e non va sempre e comunque categorizzato tra i “matrimoni forzati”: lo diventano se quelle unioni sono imposte dai genitori o dal contesto sociale.

Una delle comunità culturali che ammette il matrimonio delle ragazze in tenerissima età è quella Rom: da una ricerca del 2011 è risultato che su 74 donne rom intervistate in Italia, il 64% ha dichiarato di essersi sposata prima del 16 anni. L’altra comunità che permette i matrimoni di adulti con bambine è quella musulmana: in Grecia la minoranza musulmana è addirittura autorizzata ad applicare la sharia e a sottoporsi al giudizio del mufti per vicende legate al diritto di famiglia.

I dati ufficiali dei matrimoni forzati in Italia

La legge 69/2019 ha introdotto il cosiddetto “codice rosso”, con una legislazione ad hoc tesa a contrastare proprio i matrimoni forzati in Italia che riguarda nella maggioranza dei casi il fenomeno delle “spose bambine”. Il nuovo reato prevede pene aggravate nel caso di minore età delle vittime. Grazie a questa legge possiamo avere dati ufficiali e affidabili su quello che succede in Italia. Tra il 9 agosto 2019 (data di entrata in vigore della nuova normativa) e il  31 maggio 2021 le forze dell’ordine hanno scoperto 24 casi di matrimoni forzati, nell’85% dei casi le vittime sono donne.

 

Nel 30% dei casi, inoltre, le vittime dei matrimoni forzati sono minorenni: 9% più giovani di 14 anni, e il 27% tra i 14 e i 17 anni. Il 59% delle vittime sono straniere, in maggioranza pakistane, seguite dalle albanesi. Nel 73% dei casi gli autori del reato sono stati uomini anche in questo caso di nazionalità prevalentemente pakistana, seguita da quelle albanese, bengalese, bosniaca. Nel 40% dei casi i responsabili erano di età compresa tra 35 e 44 anni.

 

I dati si riferiscono al: 2011-2015

Fonte: Parlamento europeo

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