Dal dominio al declino: perché la Juventus non vince più

Fuori dal mondiale per club ma conti in ripresa: ricavi a 291,6 milioni

Un colpo di testa di Gonzalo García, 1 luglio 2025, Hard Rock Stadium: il Real Madrid elimina la Juventus dal mondiale per club (1-0) e spegne l’ultima illusione dei bianconeri. È l’episodio più recente del declino della Juventus riassunta dal grafico in apertura: dopo nove scudetti consecutivi (2011-2020 record italiano) la Juventus non ha più vinto un campionato, arrivando addirittura al settimo posto nella stagione 2022-23.

Una caduta sportiva che ha travolto anche i conti: il bilancio al 30 giugno 2024 si è chiuso con 199,2 milioni di euro di perdita, la peggior cifra di sempre. Il raffronto con l’era Ronaldo parla da solo: nel 2018-19 i ricavi sfioravano 621 milioni, nel 2023-24 si sono fermati a 394 milioni, il 37% in meno in cinque anni.

Un segnale di risveglio è arrivato nel primo semestre 2024-25: grazie al ritorno in Champions i ricavi sono balzati a 291,6 milioni e il club ha chiuso il periodo con un utile di 16,9 milioni. Fiato corto, quindi, ma non ancora resa: il pareggio di bilancio resta l’obiettivo fissato per il 2026-27. Ma quali sono state le ragioni del declino della Juventus?

Il declino della Juventus: da nove scudetti al 7° posto in tre anni

Il primo inciampo della Juve arriva nel campionato 2020-21: quarta posizione e fine del dominio della seria A italiana. A spezzare il filotto ci pensa l’Inter di Antonio Conte, che riporta lo scudetto nella Milano nerazzurra dopo undici anni. In quella stagione la Juventus, abituata a dilagare, prova per la prima volta il brivido – o meglio l’ansia – di dover strappare la qualificazione in Champions all’ultima giornata. Il copione si ripete nel 2021-22: Massimiliano Allegri torna sulla panchina bianconera, ma il verdetto è ancora un quarto posto. Nel 2022-23 la situazione precipita: la penalizzazione di 10 punti per il caso plusvalenze fa scivolare i bianconeri al settimo posto, fuori da tutte le coppe europee. Segue un tenue rimbalzo nel 2023-24, chiuso al terzo posto, prima di un nuovo rallentamento nel 2024-25: quarta posizione con 70 punti, dietro a Napoli, Inter e Atalanta.

E sui tappeti verdi europei la situazione non è migliore. Dal 2017 la Juventus non è mai andata oltre i quarti di Champions: nel 2018 e nel 2019 si è fermata proprio a quel turno, mentre nelle stagioni successive è uscita regolarmente agli ottavi o, in alcuni casi, addirittura prima.

L’ultima batosta è arrivata il 19 febbraio 2025: al Philips Stadion. Il PSV Eindhoven ribalta l’1-0 dell’andata con un 3-1 ai tempi supplementari. Risultato: gli olandesi volano agli ottavi di finale della nuova fase a lega della Champions League, mentre la Juve resta fuori ancora prima dell’accesso alla fase principale del torneo. Una sconfitta pesante non solo per l’orgoglio, ma anche per i conti del club, che sperava nei premi Uefa per risollevare un bilancio in rosso.

declino juventus

Stipendi all’84% dei ricavi e panchine con le porte girevoli

A pesare non sono stati solo i mancati incassi europei e le multe, ma soprattutto i salari fuori controllo: nella stagione 2021-22 gli stipendi assorbivano già l’81% dei ricavi, e nel 2022-23 il rapporto è balzato all’84%, ben oltre la soglia di sostenibilità indicata dalla Uefa. Con queste cifre era inevitabile stringere la cinghia. La nuova dirigenza guidata da Gianluca Ferrero ha perciò imboccato la via del ridimensionamento: cessioni mirate, contratti ritoccati verso il basso, lancio dei giovani e un obiettivo chiaro, riportare il costo della rosa sotto il 70% dei ricavi.

Sul campo, intanto, è cominciata un’epoca di rivoluzioni continue: dal 2019 a oggi si sono alternati Sarri, Pirlo, Allegri, Motta e infine Tudor, cinque allenatori in sei stagioni. Nel frattempo è cambiato anche lo spogliatoio. Il 2022 ha segnato l’addio di tre colonne: Matthijs de Ligt ceduto al Bayern per 67 milioni, Paulo Dybala partito a parametro zero verso la Roma, e Giorgio Chiellini volato a Los Angeles per l’ultimo capitolo da giocatore agonista. L’anno successivo ha salutato anche Leonardo Bonucci: un breve passaggio all’Union Berlin e poi l’ultima stagione da professionista in Turchia con il Fenerbahçe. Oggi l’ex capitano affianca Bernardo Corradi sulla panchina dell’Italia Under 20.

Ogni uscita ha aperto un vuoto che la Juve ha provato a colmare spendendo, ma senza trovare veri eredi. Il caso simbolo è Arthur Melo: acquistato nel 2020 in un’operazione da 72 milioni di euro complessivi, il brasiliano ha pagato infortuni, adattamento lento e cambi di modulo, chiudendo la parentesi bianconera con 63 presenze e un solo gol.

Calciomercato Juventus: Osimhen un sogno da 100 milioni di euro

Sul piano dirigenziale, invece, la data spartiacque è  il 28 novembre 2022. La svolta in sala riunioni, sotto il peso delle indagini su plusvalenze e salari gonfiati, l’intero board juventino – con Andrea Agnelli e Pavel Nedvěd in testa – si dimette in blocco. Il giorno successivo Exor indica il commercialista torinese Gianluca Ferrero (classe 1963, oggi 61 anni) come nuovo presidente, rinviando la ratifica all’assemblea dei soci del 18 gennaio 2023, quando Ferrero diventa ufficialmente il numero uno del club. La nuova dirigenza punta su un approccio più prudente, taglio degli ingaggi, valorizzazione del settore giovanile, cessioni mirate, ma i risultati sul campo tardano ad arrivare.

Oggi la Juventus si ritrova nel pieno di un processo di ricostruzione: dei giovani su cui puntare restano Yıldız e Weah, ai quali la dirigenza spera di affiancare profili già chiacchierati sul mercato: l’accordo quasi chiuso con Jonathan David come nuovo centravanti, il pressing su Riccardo Calafiori per la fascia sinistra e il sogno Victor Osimhen. Ma anche se il Napoli fosse disposto a vendere alla Juve il fuoriclasse nigeriano classe 1988, serviranno almeno 100 milioni di euro per infilargli la maglia bianconera.

Fonte: Juventus Football Club S.p.A
I dati si riferiscono al: 2011-2025

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