Ecco la mappa delle guerre nel mondo e dei Paesi a rischio

Negli ultimi tre anni, il rischio di catastrofi umanitarie è aumentato in 35 Paesi

La mappa mostra l’indice Inform delle guerre nel mondo. Un indice superiore a 8 indica che quel Paese è già in guerra o sta per entrarci. Un indice compreso tra 6 e 8 indica che è a grave rischio, tra 4 e 6 che è a medio rischio mentre punteggi minori significano che il rischio è basso o inesistente.

Quanto rischio di guerre nel mondo

Si tratta di un indicatore statistico che serve a prevedere le emergenze umanitarie. L’indice INFORM completo valuta, oltre al rischio di guerra, quello di catastrofi naturali e la capacità di affrontare i problemi della società civile e delle istituzioni in ciascuno Stato. Il rischio di attentati terroristici, invece, non viene preso in considerazione perché, da soli, non sono in grado di scatenare emergenze umanitarie, come lo spostamento di masse di profughi. Nella nostra mappa, però, teniamo conto di un solo fattore: i conflitti interni o con altri Paesi.

Il Terzo Mondo a rischio guerra

Come si vede, gli Stati già coinvolti in un conflitto armato o a forte rischio di entrarci sono quasi tutti nel Terzo Mondo, mentre i Paesi occidentali sono a basso o bassissimo rischio. Esaminando la variazione dell’indice completo, si vede che è cresciuto significativamente in 35 stati del Mondo, 11 dei quali in Africa e 10 in Asia, mentre è diminuito in solo 11.

guerre nel mondo

La maggior parte delle situazioni si è aggravata per l’attività umana, vale a dire, appunto, le guerre nel mondo, perché il rischio di catastrofi naturali tende a rimanere stabile nel tempo. Il rischio di emergenze umanitarie è molto alto e in crescita in cinque Paesi: Iraq, Myanmar (Birmania), Sud Sudan, Siria e Yemen e in tutti il fattore più pesante è la guerra, combinato con la povertà e la debolezza delle istituzioni. Fa eccezione la Birmania, dove è molto elevato anche il rischio di catastrofi naturali.
L’Italia ha un indice complessivo di rischio molto basso e stabile da tre anni: 2,9. Il nostro rischio di essere coinvolti in conflitti è stato valutato come basso, 3,6, e non come bassissimo, cioè minore di 2, solo per la vicinanza con il Nord Africa.

Gli accordi di pace firmati negli ultimi 50 anni per fermare le guerre nel mondo

Abbiamo visto quali sono i Paesi che sono più a rischio di guerra. Ma negli ultimi 50 anni sono stati decine gli accordi di pace che sono stati firmati per porre fine a guerre sanguinose e, spesso, civili. Naturalmente non tutti gli accordi di pace sono stati rispettati dai firmatari, alcuni sono stati decisamente un fallimento ma è la prova che quando si inizia una guerra è anche possibile mettersi al tavolo per concordare la pace. Ecco, allora, un elenco, non esaustivo, degli accordi di pace firmati negli ultimi anni.

  • Accordo di pace di Dayton (1995): concluso tra i leader bosniaci, croati e serbi per porre fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina.
  • Accordo di pace di Oslo (1993): firmato tra i leader israeliani e palestinesi per porre fine al conflitto in Medio Oriente.
  • Accordo di pace di Good Friday (1998): concluso tra il governo britannico e i partiti politici nordirlandesi per porre fine al conflitto in Irlanda del Nord.
  • Accordo di pace di Comprehensive Peace Agreement (2005): firmato tra il governo sudanese e i ribelli del Sudan del Sud per porre fine alla guerra civile.
  • Accordo di pace di Nairobi (2002): concluso tra il governo della Repubblica Democratica del Congo e le forze ribelli per porre fine alla guerra civile nel paese.
  • Accordo di pace di Bamako (2015): firmato tra il governo maliano e i gruppi separatisti del nord del paese per porre fine alla crisi in Mali.
  • Accordo di pace di Khartoum (2018): concluso tra il governo del Sud Sudan e i ribelli per porre fine alla guerra civile nel paese.
  • Accordo di pace di Colombia (2016): concluso tra il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) per porre fine alla lunga guerra civile.
  • Accordo di pace di Nouakchott (1992): concluso tra il governo mauritano e i ribelli del Fronte Polisario per porre fine al conflitto nel Sahara Occidentale.
  • Accordo di pace di Lomé (1999): firmato tra il governo togolese e i ribelli per porre fine alla guerra civile in Sierra Leone.
  • Accordo di pace di Cotonou (2000): concluso tra il governo del Benin e i ribelli per porre fine alla guerra civile in Costa d’Avorio.
  • Accordo di pace di Pretoria (2002): concluso tra il governo dello Zimbabwe e i ribelli per porre fine alla guerra civile in Congo.
  • Accordo di pace di Jeddah (2005): firmato tra il governo yemenita e i ribelli per porre fine alla guerra civile nel paese.
  • Accordo di pace di Libreville (2007): concluso tra il governo gabonese e i ribelli per porre fine alla guerra civile in Repubblica del Congo.
  • Accordo di pace di Doha (2012): firmato tra il governo afghano e i talebani per porre fine al conflitto in Afghanistan.
  • Accordo di pace di Bougainville (2019): concluso tra il governo papuano e i separatisti di Bougainville per porre fine alla guerra civile in Papua Nuova Guinea.

    Guerra in Ucraina: cosa prevedeva l’accordo di Minsk del 2015

    A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina non si può non ricordare l’accordo di pace di Minsk, firmato dal governo Ucraino e dai separatisti filorussi della regione del Dombass, per far cessare le ostilità in quella regione. L’accordo, firmato sotto l’egida dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) con la partecipazione dei rappresentanti della Russia, non si è mai trasformato in pace vera e propria. L’accordo prevedeva un cessate il fuoco completo e il ritiro delle armi pesanti da entrambi i lati; la creazione di una zona demilitarizzata lungo la linea di contatto tra le forze ucraine e i separatisti filorussi; la restituzione del controllo da parte dell’Ucraina dei confini della regione del Donbass; la concessione di un’amnistia ai separatisti filorussi che non hanno commesso reati gravi e l’avvio di un processo di riforma costituzionale in Ucraina, che avrebbe dovuto includere un maggiore potere alle regioni, in particolare, appunto, al Dombass. Purtroppo tutto è rimasto lettera morta.

 

I dati si riferiscono al: 2016
Fonte: Inform

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