C’è correlazione tra corruzione in Italia e titolo di studio?

Una sofisticata equazione di Bankitalia spiega perché le menti più brillanti evitano la Pa

Dimostrare che la corruzione in Italia influenza la qualità della Pubblica Amministrazione non è cosa facile. Si tratta di una di quelle affermazioni che appaiono di per sé evidenti, eppure c’è bisogno di quantificare il fenomeno.

Quanta corruzione c’è in Italia

E’ quello che prova a fare la Banca d’Italia in un report che mette a confronto alcuni indicatori chiave. Ovvero da un lato la corruzione in Italia descritta da due indici:

Corruzione 1: relativo alla frequenza di reati come corruzione, peculato, abuso d’ufficio, falso ideologico, e simili
Corruzione 2: più indiretto, relativo alla fiducia nelle istituzioni locali o nazionali, alla percezione della corruzione, alla frequenza degli sprechi (calcolata come differenza tra valore delle opere pubbliche e spesa per le stesse).

Dall’altro la qualità del capitale umano, ovvero di coloro che sono impiegati nella Pubblica amministrazione, a livello impiegatizio o dirigenziale.

In pratica la Banca d’Italia, usando banche dati riguardanti titoli di studio, anni di istruzione, voti di laurea o diploma, e statistiche sui reati e sugli indicatori di corruzione già menzionati, riesce a dimostrare che laddove vi è più corruzione è più probabile che facciano parte della Pubblica Amministrazione persone meno istruite, perché la selezione avviene per motivi molto meno legati al merito, o perché vi è un minore incentivo per i più bravi a entrare nella Pa.

La corruzione nella pubblica amministrazione in Italia

Sono stati analizzati i dipendenti con mansioni non manuali nel settore pubblico e in quello industriale privato. Si è visto come, in media, i lavoratori della pubblica amministrazione abbiano un anno di istruzione in più di quelli del privato. E tuttavia questo divario non è omogeneo. Si è costruito un modello matematico collegando le diverse variabili e si è visto che, una volta diviso il territorio in aree differenti (di fatto le città con le aree metropolitane intorno), le cose cambiano in base al fatto che ci si trovi in quelle con maggiore corruzione.

Cerchiamo di capire meglio facendoci aiutare dal grafico sopra che spiega che se normalmente a un anno in più di studi corrisponde l’1,6% in più di probabilità di essere un dipendente pubblico e il 2,5% di essere un dirigente statale. Tutto cambia se considera il 10% del Paese più corrotto, inteso come area geografica. Ebbene: in queste zone la probabilità se una persona ha studiato un anno in più la probabilità di essere un dipendente pubblico cala dall’1,6% all’1% e la probabilità di diventare dirigente statale cala dal 2,5% ad appena l’1,5%. Al contrario nel 10% di aree del Paese con minore corruzione, se si è studiato un anno in più della media si ha il 2,1% di probabilità maggiore di diventare dipendente pubblico e il 3,2% in più di diventare dirigente.

Insomma, la migliore istruzione ha una maggiore correlazione diretta con la possibilità di entrare nella Pa nelle zone in cui non vi è corruzione. Laddove invece questa è più pervasiva, cambia poco se si ha studiato o meno.

Non si parla qui di probabilità perché non vi è una certezza dei dati, ma significa che prendendo un campione casuale di persone con un voto più alto troviamo meno dipendenti statali (l’1% in meno) che in uno con un voto più basso. Nelle zone più corrotte più si hanno voti alti, meno si diventerà dirigenti nella Pubblica amministrazione.

Quanti sono i corrotti in Italia

Un’altra dimostrazione viene dalla correlazione tra l’essere uno statale e l’avere avuto buoni voti di laurea o diploma. Il voto è stato normalizzato, ovvero trasformato in un punteggio da 1 a 10. E si è visto che in media vi è una correlazione negativa tra la concentrazione di statali e il voto. Ovvero ogni voto in più la probabilità di essere dipendente statale invece che di un ente privato cala dell’1%, al contrario quella di essere dirigente pubblico aumenta del 1,8%.
Queste leggere tendenze vengono esasperate se inseriamo la corruzione in Italia nell’equazione. Se prendiamo la corruzione di tipo 1, quindi quella giudiziaria, al contrario man mano che crescono il voto e i punti di corruzione, aumenta del 3,7% la probabilità di essere parte della Pubblica amministrazione, mentre viceversa cala la probabilità di essere dirigenti pubblici, di ben l’11%.
Di fatto in aree normalmente più povere con meno industria privata chi va meglio a scuola va verso il pubblico, ma non diventa dirigente, anzi, gli studenti più brillanti sono disincentivati dall’arrivare a posizioni manageriali nella carriera statale, e si rivolgono maggiormente al privato. Infatti in queste aree con maggiore corruzione i manager pubblici sono più correlati con voti più bassi.

La corruzione in Italia di “tipo2”

Anche con la corruzione in Italia di tipo 2 (fiducia nella Pa, percezione della corruzione stessa, sprechi pubblici) troviamo una correlazione inversa di questo tipo: più aumenta la corruzione più al crescere del voto scolastico o universitario cala la probabilità di incontrare, nel campione di soggetti, dei dirigenti statali, ovvero diminuisce la loro presenza.

Vi è poi un’ultima evidenza. Prendendo in considerazione gli anni di istruzione, possiamo definire come sotto-istruiti il 25% dei soggetti con meno anni trascorsi a scuola e all’università.

corruzione in Italia

Ebbene, si è dimostrato che questi sono certamente meno presenti nelle aree (LLMs, Local Labor Markets) a bassa corruzione (low corruption). Qui il confronto è sempre con il settore privato: dove la corruzione è minore sono i sotto-istruiti sono il 2,4% in meno tra tutti (all employees), e l’1,8% in meno se consideriamo solo i dirigenti (managers). Al contrario, come mostra il grafico sopra, nelle aree più corrotte sono l’1,1% in più che nel settore privato, e il 2,7% in più tra i dirigenti.
Insomma, la corruzione in Italia tiene lontano le menti più brillanti, le disincentiva nel tentativo di entrare nel settore pubblico e a diventarne dirigenti, oppure fa in modo che siano altri magari più mediocri ma ammanicati a essere prescelti, soprattutto negli incarichi apicali, diminuendo ulteriormente la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione in aree già svantaggiate.

I dati si riferiscono al: 2016

Fonte: Banca d’Italia

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