Toscana, in 45 anni affluenza dal 95,9% al 48,2%

Alle ultime elezioni regionali Giani primo con 48,6%. Record di Rossi con 59,7%

Domenica 12 e lunedì 13 ottobre 2025 la Toscana sarà chiamata al voto per eleggere il nuovo Presidente della Giunta regionale e rinnovare il Consiglio regionale. Le urne saranno aperte domenica dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15, con un eventuale ballottaggio il 26 ottobre. Sono tre i protagonisti in corsa: Eugenio Giani, governatore uscente, che punta a un secondo mandato con il sostegno del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle; Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, volto del centrodestra unito; e Antonella Bundu, esponente della sinistra radicale sostenuta dalla lista Toscana Rossa.

Quando la Toscana votò per le prime elezioni regionali nel 1970, l’affluenza raggiunse il 95,9%, uno dei livelli più alti mai registrati in Italia. Da allora la partecipazione è diminuita in modo costante. In 45 anni il dato si è ridotto di 47,62 punti percentuali, fino al 48,28% del 2015, la prima volta con meno della metà degli elettori alle urne. Il calo toscano si inserisce in un trend nazionale di disaffezione: nelle ultime regionali in Calabria, l’affluenza si è fermata infatti al 43,14%.

Quando anche la Toscana smise di votare

Come si può vedere anche dal grafico, nel 2020 l’affluenza è anche tornata a salire dopo il minimo storico del 2015: si votò il 20 e 21 settembre, in concomitanza con il referendum costituzionale, e in quel caso partecipò il 62,6% degli elettori. In Toscana la consultazione si svolse in un contesto particolare: in piena pandemia e con la legge regionale n. 51/2014, che prevede elezione diretta del presidente, premio di maggioranza e soglia del 40% per evitare il ballottaggio. Eugenio Giani vinse con il 48,62%, davanti a Susanna Ceccardi (40,46%), Irene Galletti (6,4%) e Tommaso Fattori (2,2%).

Nel 2015 la Toscana registrò il punto più basso di partecipazione della sua storia elettorale: votò solo il 48,28% degli aventi diritto, oltre dodici punti in meno rispetto al 2010. Enrico Rossi fu riconfermato presidente con il 48,02% dei voti, davanti a Claudio Borghi (20,02%). Secondo diverse analisi, il calo fu dovuto a una combinazione di fattori: la percezione di un esito scontato, la frammentazione delle alleanze e una scarsa mobilitazione elettorale, che in una regione tradizionalmente partecipativa segnarono un passaggio simbolico verso una più ampia disaffezione al voto.

Toscana, vent’anni di voto in trasformazione

Nel 2010 la Toscana tornò al voto con nuove regole. La revisione dello Statuto e della legge elettorale cambiò la governance e i rapporti tra liste e presidente. In questo scenario Enrico Rossi, al suo primo mandato, vinse con il 59,73%, davanti a Monica Faenzi (34,44%). L’affluenza fu del 60,71%. Cinque anni prima, nel 2005, Claudio Martini aveva conquistato il suo secondo mandato con il 57,37%, superando Alessandro Antichi (32,84%). In quella tornata il numero dei consiglieri regionali era stato aumentato da 50 a 65. L’affluenza restava comunque piuttosto alta: 71,35%.

Nel 2000 la Toscana votò con un sistema ormai più presidenzializzato, derivato dalla legge “Tatarella”, che rafforzava la figura del presidente e garantiva maggiore stabilità politica grazie al premio di maggioranza assegnato alla coalizione vincente. Claudio Martini fu eletto per la prima volta con il 49,3% dei voti, superando Altero Matteoli (40,05%), con un’affluenza del 74,63%, in calo rispetto al passato.

Cinque anni prima, nel 1995, lo stesso modello elettorale era stato introdotto per la prima volta in Toscana, ma con un presidente ancora “debole”, poiché poteva essere sostituito dal Consiglio regionale. Il sistema prevedeva una combinazione tra proporzionale e maggioritario, con l’80% dei seggi distribuiti proporzionalmente e il 20% come premio di maggioranza. In quella tornata Vannino Chiti vinse con il 50,12%, battendo Paolo Del Debbio (36,05%), in un contesto di alta partecipazione: votò l’85,16% degli elettori.

affluenza Toscana

Chiedere al PCI perché è “regione rossa”

Già nel 1970 la Toscana mostrò chiaramente la sua inclinazione politica: il PCI conquistò il 42,3% dei voti, superando nettamente la DC (30,5%), in un contesto di partecipazione quasi totale (95,9%). Cinque anni dopo, nel 1975, il vantaggio si allargò: i comunisti salirono al 46,47%, contro il 28,49% dei democristiani, con roccaforti solide in Livorno, Siena e Firenze, dove la sinistra si intrecciava con un forte radicamento sociale e amministrativo.

Negli anni successivi la geografia politica si consolidò. Tra 1980 e 1985 il PCI restò stabilmente oltre il 46%, mentre la DC non superò mai il 27%, con un’affluenza che restava sopra il 90%. Solo la provincia di Lucca rappresentava un’eccezione: un’enclave “bianca” in cui la tradizione cattolica garantiva alla DC risultati superiori alla media regionale. Nonostante il dominio comunista, il ruolo dei socialisti, socialdemocratici e autonomisti rimase cruciale: forze minori ma capaci di mantenere coesione e stabilità all’interno della coalizione progressista che, in quegli anni, trasformò la Toscana nella più emblematica delle “regioni rosse”.

Politiche, anche i toscani disertano le urne

Negli ultimi dieci anni la partecipazione alle elezioni politiche in Toscana ha seguito lo stesso trend nazionale, con un calo costante e ormai strutturale. Nel 2022 ha votato il 69,75% degli aventi diritto, il dato più basso in Toscana della storia repubblicana, oltre otto punti in meno rispetto al 2018 (77,5%) e dieci rispetto al 2013 (79%). La discesa è stata omogenea in tutta la regione, con Firenze e Prato ancora sopra la media (intorno al 73%) e Massa-Carrara tra le province più astensioniste.

Nella prima decade degli anni Duemila lo scenario era opposto: l’affluenza restava oltre l’80%, segno di un rapporto ancora solido tra cittadini e politica. Nel 2008 votò l’83% per la Camera e l’85,5% per il Senato; nel 2006 si raggiunsero picchi vicini all’87% e nel 2001 l’affluenza fu dell’86,5%. In vent’anni la partecipazione si è quindi ridotta di quasi 17 punti percentuali, riflettendo un progressivo allontanamento dalle urne, legato secondo diversi studi a disillusione politica, minore identificazione con i partiti tradizionali e crescente peso dell’astensione come forma di espressione.

Il voto alle europee non scalda i cuori

Tra il 2014 e il 2024 anche in Toscana la partecipazione alle elezioni europee ha continuato a diminuire. Nel 2024 ha votato il 59,06% degli elettori, in calo rispetto al 65,75% del 2019 e al 66,72% del 2014. In dieci anni l’affluenza è scesa di quasi otto punti percentuali, segno di un progressivo allontanamento dalle urne anche in una regione tradizionalmente caratterizzata da alti livelli di partecipazione.

Il dato toscano resta comunque superiore alla media nazionale, ma evidenzia una trasformazione significativa: le europee, un tempo occasione di forte mobilitazione politica, vengono oggi percepite come consultazioni secondarie, meno radicate nel territorio e più legate a dinamiche sovranazionali. Un cambiamento che riflette il mutamento del rapporto tra cittadini e istituzioni europee.

I risultati deludenti dei referndum

Tra il 2020 e il 2025 la partecipazione ai referendum in Toscana ha oscillato in modo marcato, riflettendo l’andamento nazionale. Nel 2020, in occasione del voto sul taglio dei parlamentari, l’affluenza tornò alta: 65,89% degli aventi diritto. Due anni più tardi, nel 2022, con i cinque quesiti sulla giustizia, la partecipazione crollò al 19,57%, il valore più basso nella storia repubblicana per una consultazione referendaria.

Nel 2025, i referendum su lavoro e cittadinanza segnarono una parziale ripresa, con un’affluenza del 39,1%, tra le più alte d’Italia. In Toscana il dato medio superò di diversi punti la media nazionale, con Firenze oltre il 67% e solo sei comuni in tutta la regione che riuscirono a superare il quorum del 50%. Il dato toscano conferma una partecipazione più alta rispetto alla media nazionale, ma comunque lontana dai livelli che in passato avevano reso il voto referendario uno dei momenti più sentiti della vita politica.ù