Perché i tedeschi dovrebbero applaudire Draghi

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Risparmiano troppo e investono poco: ecco perché i tassi sono bassi (e la Bce non c’entra)

Il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi è in Italia ormai visto come un salvatore, e anche in Europa gode di ottima considerazione. Tranne che in Germania dove il quantitative easing della Bce è visto male. Molto male. Ma i tedeschi sbagliano, anche loro hanno un problema: i tassi in Germania.

Perché il quantitative easing della Bce di Draghi non piace a Berlino

Vi è una fascia di politici ed accademici, soprattutto quelli più vicini al ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, alla destra del governo Merkel, e al presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che contesta in modo più o meno esplicito l’azione portata avanti dal presidente della Bce che, con il suo quantitative easing (principalmente gli acquisti di titoli, pubblici e privati), ha provocato un calo dei tassi d’interesse in tutta Europa.

Una mano ai Paesi in difficoltà

L’obiettivo dell’azione di Draghi è noto. Aiutare da un lato gli Stati più in difficoltà, come l’Italia, che non possono permettersi di pagare interessi troppo alti sui propri enormi debiti pubblici, e, dall’altro, aiutare le aziende che così possono finanziarsi a costi ridotti. Il problema è che i tassi di interesse sono una rendita, se ci si mette dal punto di vista del creditore. E in Germania, dove il debito pubblico è pari ad appena il 68,3% del Pil (più del 133% in Italia) i creditori hanno più voce in capitolo rispetto ai debitori.

E questo anche per motivi demografici: la Germania è il Paese europeo con l’età media più alta, 45 anni e questo significa che milioni di persone, più che in altri Paesi europei, hanno risparmiato e affidato i propri soldi a fondi d’investimento (per esempio), con l’incarico di investirli e restituire una pensione adeguata nel futuro ottenendo un rendimento grazie ai tassi di interesse.

Il quantitative easing della Bce e il tasso di risparmio

Il grafico sopra illustra bene quanto il tasso di risparmio sul Pil, ovvero quanti sono i risparmi totali in percentuale sul Prodotto interno lordo. In Germania supera stabilmente quello medio nella zona euro.

Il problema è che in tempi di tassi di interessi bassi questi risparmiatori stanno rimanendo a bocca asciutta più di quanto avevano preventivato, ovvero: i loro risparmi non rendono nulla, o molto poco. Per questo in molti ambienti tedeschi si parla di “esproprio del risparmiatore” da parte dei Mario Draghi.

Anche perché tale “sacrificio” da parte dei risparmiatori tedeschi viene fatto a beneficio altrui, ovvero, questo è il retro-pensiero, per aiutare le “cicale” del Sud Europa a ripagare i debiti che hanno accumulato con le loro spese allegre e fuori controllo.

Hanno ragione i tedeschi?

In un paper della School of European Political Economy il prof. Roberto Tamborini spiega come in realtà questa visione sia errata, e perché, al contrario, anche ai tedeschi convenga una politica di bassi tassi d’interesse. Prima di tutto, Tamborini fa notare, i tassi d’interesse sono normalmente legati, in una libera economica di mercato, alla produttività del capitale. Ovvero se disponiamo di un capitale e lo investiamo in una attività imprenditoriale e vediamo che dopo un determinato periodo di tempo in media rende, poniamo, un 5%, allora automaticamente i tassi richiesti da chi ci presta denaro per le nostre attività si adatteranno a quel rendimento.
Il punto, dice Tamborini, è che in una economia matura come quella europea, in ogni caso la produttività è ormai bassa. I margini non sono più quelli di una volta, e la Germania, nonostante l’alta competitività delle sue imprese, non fa eccezione. Anche senza l’intervento della Bce di Draghi, quindi, i tassi di interesse sarebbero ugualmente bassi, soprattutto a causa della bassa produttività e salvo altri fattori.

Il quantitative easing della Bce e gli investimenti tedeschi

E la controprova sta nel fatto che nonostante tutto i risparmi superano gli investimenti, e non di poco, come vediamo nel grafico qui sotto che mostra il tasso di risparmio e investimento sul Pil in % per la Germania

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Se i tassi di interesse fossero artificialmente troppo bassi avremmo una sostenuta crescita degli investimenti, che a questo punto diverrebbero molto convenienti. Eppure non accade, la Germania rimane un Paese con un eccesso di risparmio. Per avere più investimenti che risparmi, piuttosto, ci sarebbe da sperare, rispettando le leggi dell’economia, un calo, e non un aumento dei tassi.

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Tamborini si spinge ad affermare che se Draghi non comprasse i titoli del debito pubblico e delle aziende, cioè se non vi fosse il Quantitative Easing, e i tassi salissero, non per effetto delle leggi di mercato (la produttività troppo bassa, appunto), ma magari a causa dell’incertezza nell’eurozona (e in particolare nei Paesi periferici), il tipico risparmiatore ingenuo sarebbe soddisfatto per l’aumento dei rendimenti, ma non considererebbe che tipicamente un titolo ha anche un suo valore, che cala quanto più sale il rendimento.
Quindi in sostanza questi titoli varrebbero meno e molti risparmiatori perderebbero una parte del loro capitale, e non tutti vedrebbero una compensazione da maggiori cedole o rendimenti maggiori.

I tedeschi comprano (anche) Italia

Inoltre il risparmio tedesco, proprio perché eccedente gli investimenti, si è sempre molto rivolto all’estero. Ciò che accade in altri Paesi non può essere ignorato, troppi tedeschi hanno acquistato fondi che contengono titoli di Paesi come l’Italia, o la Spagna, o la Francia o magari titoli bancari.
E con un’impennata degli interessi, che ci sarebbe con una brusca interruzione del QE di Draghi, non solo questi Paesi più fragili finirebbero vicini al default, ma anche i loro titoli, di Stato o bancari appunto, varrebbero certamente meno di ora.
Tutti i risparmiatori tedeschi, e sono tanti, che hanno in portafoglio tali titoli forse si pentirebbero di avere invocato un aumento dei tassi di interesse e la fine del Quantitative Easing.

I dati si riferiscono al: 2005-2015

Fonte: Eurostat (grafici)

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