In ricerca e sviluppo l’Europa spende meno della Corea

Si investe solo il 2,03% del Pil. E l’Italia è dietro a Slovenia e Estonia

Nel 2015, gli stati europei hanno speso in totale quasi 300 miliardi di euro in ricerca e sviluppo. Molto? È appena il 2,03% del prodotto interno lordo della Ue. Altre grandi economie investono di più degli europei in R&D (Research and Development). Se guardiamo infatti i principali concorrenti a livello mondiale, l’Europa spende in innovazione molto meno della Corea del Sud (4,29% del Pil nel 2014) del Giappone (3,59% la spesa in R&D nel 2014). La spesa in ricerca e sviluppo è stata inferiore anche rispetto agli Stati Uniti (2,73% nel 2013).

L’impegno in ricerca e sviluppo dell’Unione è stato più o meno paragonabile a quello della Cina (2,05% nel 2014). La Cina però ha registrato un tasso di crescita delle prestazioni cinque volte maggiore quello della Ue, sta quindi recuperando molto in fretta. Gli europei invece sono quasi rimasti fermi. E l’Italia in questo quadro dove si posiziona?

I Paesi europei che investono di più in R&D

Nel 2015 l’Italia ha investito l’1,3% del suo Pil in ricerca e sviluppo. I fondi spesi dall’Italia in innovazione sono stati più bassi di quelli dell’Ungheria, dell’Estonia o della Slovenia e questi solo per citare alcuni tra i (tanti) paesi che ci hanno battuto.

Chi ha investito di più? Svezia (3,26%), Austria (3,07%) e Danimarca (3,03%). Seguono Finlandia (2,90%), Germania (2,87 %) e Belgio (2,45%), poi Francia (2,23%), Slovenia (2,21%) e Paesi Bassi (2,01%).

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All’estremità opposta della classifica degli investimenti in R&D ci sono stati sette Stati che hanno registrato una intensità di R&S al di sotto dell’1%. Si è trattato di Cipro (0,46%), Romania (0,49%), Lettonia (0,63%), Malta (0,77%), Croazia (0,85%), Bulgaria e Grecia (entrambi 0,96%). Rispetto a dieci anni fa, gli investimenti sono aumentati in ventiquattro degli Stati membri e sono invece diminuiti in Finlandia (dal 3,33% del 2005 al 2,90% nel 2015), Lussemburgo (dal 1,59% al 1,31%) e Svezia (dal 3,39% al 3,26%), mentre è rimasto pressoché stabile in Croazia.

I dati si riferiscono al: 2015
Fonte: Parlamento Europeo

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