Regioni: ecco com’è cambiato il Pil italiano dal 1871 a oggi

Il Sud era vicino alla media, poi è crollato a -68%. Liguria più povera dal ’51

Com’è cambiato il Pil pro-capite delle Regioni? Il grafico sopra mostra com’è variato rispetto al Pil italiano (fissato a 1), negli ultimi 140 anni. Il dato più evidente è il declino del Sud che, nel 1871, aveva una ricchezza pro capite vicina alla media italiana (90%) ma che poi è sprofondato al 68% del 2011.

La crescita del Pil pro capite nel Nord Ovest

Il Nord-ovest, al contrario, era già più ricco del 14% nel 1871 ed è cresciuto fino al 21% nel 2011. Lo studio dell’Istat “La società italiana e le grandi crisi economiche 1929-2016” descrive l’evoluzione del Pil italiano delle regioni tra il 1871 e il 2011, ma è il caso anche di vedere che cosa è successo negli ultimi anni. In un altro articolo sono stati analizzati i dati più recenti del Pil nelle regioni italiane.

Perché il Pil pro capite al Sud è calato al 68%

Passiamo, però, alla storia del Pil regionale. Il vero salto lo hanno fatto il Nord-est e il Centro. Entrambi, dopo l’Unità d’Italia, erano vicini alla media e poi hanno portato la propria ricchezza sopra il 14% all’inizio di questo decennio.

Il Pil italiano del Sud dopo l’Unità d’Italia

Per quanto riguarda il Sud, invece, l’andamento non è stato sempre negativo. Il declino è avvenuto dopo il 1891 e tra questa data e il 1951, quando si è passati da un Pil pro capite pari al 91% della media nazionale a uno pari al 61%. Si tratta degli anni della vera industrializzazione italiana, quando sono nate le grandi imprese del triangolo industriale, con profonde trasformazioni da cui il Sud è rimasto tagliato fuori. Non si è trattato quindi di un declino provocato dall’unificazione dell’Italia, bensì dallo sviluppo diseguale cominciato alcuni decenni dopo. L’intervento statale ha permesso di interrompere questo trend discendente, ma non ha permesso al Sud di raggiungere i livelli del Nord: basti pensare che le regioni del Nord-ovest nel 1951 hanno superato addirittura del 52% la ricchezza media nazionale.

Leggi anche: Cos’è successo al Pil italiano nel 2020?

La variazione del Pil italiano pro capite per Regione

A livello regionale alcuni casi sono emblematici. Come, per esempio, la Campania, che nel 1871 era addirittura più ricca della media italiana (1,09), mentre nel 2011 è crollata al di sotto (0,64). La Lombardia, invece, rappresenta in maniera plastica la parabola di crescita del Nord: si è passati da 1,14 del 1871 a 1,53 nel 1951 e infine a 1,29 nel 2011. Il Veneto è rimasto fino agli anni Settanta con un reddito pro capite inferiore a quello italiano, per poi avere dopo uno sviluppo che l’ha avvicinato alla Lombardia permettendole di superare del 15% la ricchezza media nazionale. Nello stesso periodo il declino maggiore lo ha vissuto la Liguria. Era la regione più ricca d’Italia nel 1938 (a quota 1,67 rispetto alla media di 1) ed è calata a 1,06, quindi appena sopra il valore generale italiano, nel 2011.

L’andamento storico del tasso di occupazione in Italia

Il grafico sotto mostra invece l’evoluzione di un altro indicatore importantissimo, cioè il rapporto tra numero di lavoratori ed abitanti sempre in relazione alla media italiana. Anche in questo caso c’è stato un declino del Meridione: il rapporto tra numero di lavoratori ed abitanti ha continuato a calare anche nel Dopoguerra.

Nel 1871 la percentuale di lavoratori rispetto al totale della popolazione, infatti, era poco al di sotto della media nazionale (0,95, mentre il valore medio è fissato a 1). Si è poi scesi a 0,77 nel 2011. Da un lato va detto che all’epoca si trattava in gran parte di agricoltori impiegati in modo informale, pagati poco e poco produttivi. Ma il calo dell’occupazione è comunque rilevante, soprattutto se si considera che il Pil pro capite è rimasto stabile, dal Dopoguerra, rispetto alla media nazionale. Vuol dire che buona parte del reddito in più formatosi nel Mezzogiorno è stato dovuto al ruolo dello Stato piuttosto che al lavoro, che è invece diminuito.

Pil Italia: nel 2011 divario Nord-sud da record

Al contrario, sia al Nord-ovest che soprattutto al Nord Est e al Centro c’è stato un aumento del rapporto tra tasso di occupazione locale e media nazionale. La Campania, che nel 2011 è la regione in cui vi è meno lavoro in proporzione al resto d’Italia (con un rapporto di 0,7), nel 1871 faceva addirittura meglio della media nazionale. Ai primi posti comparivano il Trentino Alto Adige, allora sotto il dominio austro-ungarico, e la Val d’Aosta. Entrambe sono rimaste in vetta nel 2011, rispettivamente al 23% e al 25% rispetto alla media nazionale.

pil italiano

In generale è da sottolineare come negli ultimi decenni il divario tra regioni con più occupazione e quelle con meno occupazione si è ampliato costantemente.

Le differenze del Pil italiano aumentano

Se escludiamo la piccola Val d’Aosta, non c’è mai stata una distanza così ampia tra la prima e l’ultima Regione come nel 2011. Si va da un rapporto di 0,7 con la Campania a uno di 1,23 con il Trentino Alto Adige. È l’ennesima conferma della crescita della disuguaglianza regionale in Italia.

I dati si riferiscono al 1871-2011

Fonte: Istat

Leggi anche: Italia in recessione: nel quarto trimestre Pil a -0,2%

Crescita del Pil, l’impietoso confronto Italia-Europa

Ti piace citare i numeri precisi quando parli con gli amici? – La redazione di Truenumbers.it ha aperto un canale Telegram: qui potrai ricevere la tua dose quotidiana di numeri veri, restare aggiornato sui principali dati (rigorosamente ufficiali) e fare domande. Basta un attimo per iscriversi. Un’ultima cosa: siamo anche su Instagram.