Quinti in Europa. Versamenti a quota 933,7 miliardi, 50 in più rispetto al 2023
Le tasse in Italia sono aumentate. Lo dice l’Istat, che ha evidenziato come tra 2023 e 2024 sia salita dal 41,4% al 42,6%. Si tratta di un balzo notevole, soprattutto considerando quello che è stato l’andamento storico del peso delle tasse in Italia negli ultimi decenni. Escludendo il dato del 2020, drogato dal crollo del Pil che produsse una pressione fiscale del 42,7%, era dal 2015 che non si toccavano valori simili.
Come si calcolano le tasse in Italia
Ma di cosa stiamo parlando? La pressione fiscale è il rapporto tra l’ammontare del prelievo dello Stato e degli altri enti pubblici sotto forma di imposte, tasse e tributi (il gettito fiscale) e il prodotto interno lordo. Di fatto misura quanto pesa la tassazione non in valore assoluto, ma in proporzione all’economia, cosa utile anche per effettuare confronti tra Paesi di dimensioni molto diverse.
E’ un indicatore che, quindi, non dipende solo da quante tasse i cittadini pagano, ma anche da altri fattori, per esempio dall’andamento del Pil, che è a denominatore del rapporto: se c’è una recessione e il prodotto interno lordo scende, anche se non cambia la tassazione e il gettito è lo stesso (o quasi) la pressione fiscale automaticamente sale, come è successo nel 2020. Lo stesso può accadere se, per esempio, le imposte non variano, ma ci sono più persone che le pagano, per esempio più occupati, come avvenuto nel 2024 in Italia, oppure ancora se diminuisce l’evasione.
Viceversa, la pressione fiscale può scendere se, a parità di aliquote e di legislazione, il Pil cresce significativamente, più del gettito delle tasse. Le cose diventano ancora più complesse se pensiamo che le due variabili del rapporto, le imposte versate e il prodotto interno lordo, si influenzano a vicenda, una recessione, riducendo i redditi, diminuisce anche il gettito fiscale. Di conseguenza il valore della pressione fiscale può avere molti significativi, una crescita non è sempre solo negativa, una riduzione non è sempre solo positiva.
Il confronto tra le tasse in Italia e gli altri Paesi
Ma vediamo, intanto, come si colloca l’Italia nel confronto con il resto d’Europa quanto a pressione fiscale. Non sono ancora presenti i dati aggiornati al 2024 degli altri Stati, ma, se fossero confermati quelli del 2023, il nostro Paese, con il 42,6% di di gettito sul Pil sarebbe al quinto posto per peso della tassazione, dopo la Francia, prima con il 45,4%, il Belgio, 44,1%, la Danimarca, 43,9% e l’Austria, 43,3%. Supereremmo la Finlandia, la Svezia, la Grecia, la Germania, tutte economie da sempre caratterizzate da un peso del fisco piuttosto elevato, superiore al 40% del Pil. Al lato opposto troviamo l’Irlanda, dove le imposte ammontano solo al 22,6% del prodotto interno lordo, la Romania e Malta, con il 26,9%, la Bulgaria, con il 29,7%, mentre la media Ue è del 39,8%.
L’andamento della pressione fiscale in Italia e negli altri Paesi nel tempo
Naturalmente nel tempo questi numeri sono cambiati. Per esempio, l’incremento della pressione fiscale in Italia nel 2024 è in controtendenza rispetto al calo che è avvenuto negli ultimi anni sia nel nostro Paese che in gran parte degli altri. Quella italiana era scesa dal 42,7% al 41,4% del Pil tra 2020, anno di picco del peso del fisco a causa del Covid, e il 2023 , ma se il confronto è il con il 2013, dopo le manovre lacrime e sangue del governo Monti, la discesa è stata maggiore, di 2 punti, ovvero dal 43,4% di dodici anni fa al 41,4% del 2023.
Negli altri Paesi la riduzione della pressione fiscale è stata più forte, però: per esempio in Francia, da sempre Paese molto interventista in economia, è passata da un massimo del 48,3% nel 2017 al 45,4% sei anni dopo. In Germania i valori sono stati molto più stabili, il picco del 41,9% è stato raggiunto nel 2021 e in due anni c’è stata una discesa fino al 40,1% del 2023. In Spagna il massimo, del 37,9%, è stato toccato come in Germania quattro anni fa, ed è poi seguita una diminuzione dell’1,1%.

Il caso della Svezia, dove il peso del fisco è riuscito a scendere
In generale, però, nei Paesi maggiori non si è tornati ai livelli di pressione fiscale precedenti alla crisi economico-finanziaria del 2008/09 e a quella del debito del 2011/13. In Italia, per esempio, fino al 2007 era inferiore al 40%, soglia al di sotto la quale non è più scesa in seguito, anche a causa di una crescita del Pil (che è il denominatore della pressione fiscale) molto flebile, che tra l’altro non ha consentito forti tagli delle tasse.
C’è un Paese in cui è andata diversamente. È la Svezia, che una volta era celebre per il proprio modello socialdemocratico, collegato a un forte ruolo dello Stato, e quindi per la pressione fiscale più alta al mondo, che nel 2000 arrivava al 48,9% del Pil. Negli anni ha intrapreso diverse riforme, che hanno ridotto il peso delle imposte, soprattutto sulle imprese, per sviluppare il settore privato e favorire gli investimenti. Anche grazie a una robusta crescita del Pil, maggiore di quella italiana, nel 2010 il rapporto tra gettito e Pil scese al 42,6%, per risalire al 45% nel 2017 e diminuire ancora a un minimo del 42% nel 2023, una percentuale inferiore a quella della pressione fiscale italiana del 2024.
Che tasse si pagano in Italia?
L’anno scorso, appunto, nel nostro Paese il gettito complessivo delle imposte è arrivato a 933 miliardi e 745 milioni, circa 50 miliardi in in più rispetto al 2023. A fare la parte del leone sono state le imposte dirette e quelle indirette. Le prime sono sono quelle che colpiscono i redditi appena vengono prodotti, come per esempio l’Irpef, che i lavoratori pagano su quanto guadagnato, oppure l’Ires, che è sui redditi delle imprese, e nel complesso sono ammontate a 343,2 miliardi di euro, in crescita del 6,6% in un anno. Le imposte indirette, invece, intervengono al momento del trasferimento della ricchezza, per esempio quando un bene viene venduto, il caso principale, infatti, è quello dell’Iva e hanno fruttato 309,1 miliardi, +6,1% rispetto al 2023.
Ci sono poi i contributi sociali, come quelli pagati da lavoratori e datori di lavoro per il sostegno della spesa assistenziale, che in gran parte coincide con quella pensionistica e nel 2024 sono ammontati a 275,2 miliardi, in aumento del 4,3% sull’anno precedente. Il resto è costituito dalle imposte in conto capitale, come per esempio quelle di successione, ma in confronto alle altre si tratta di briciole, un miliardo e 821 milioni nel 2024.
I dati si riferiscono al 2000-2024
Fonte: Eurostat, Istat
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