Il 29,4% dei dipendenti viene disturbato fuori dall’orario di lavoro

I risultati dell’indagine sull’organizzazione del lavoro in Italia dell’Istat

Quanta autonomia hanno i lavoratori italiani nel decidere i contenuti e l’orario di lavoro? Vengono disturbati dal datore di lavoro o dai superiori durante il tempo libero? Un’indagine dell’Istat prova a rispondere a queste domande con una rilevazione (tramite questionario) che ha coinvolto circa 63 mila famiglie intervistate e 121 mila individui di età maggiore di 15 anni residenti in 1.269 comuni distribuiti in tutte le province del territorio nazionale.

Le rilevazioni dell’Istat sull’organizzazione del lavoro

Cosa emerge? Oltre sette occupati su 10 (per un totale di 16,6 milioni di lavoratori) non hanno la possibilità di decidere l’orario di inizio o fine della propria giornata lavorativa. Per i lavoratori dipendenti l’orario è definito dal datore di lavoro mentre i vincoli che incontrano i lavoratori autonomi sono riferiti alle esigenze dei clienti o dalle norme. Il 16,4% degli occupati ha invece piena autonomia nella scelta e un ulteriore 12,0%, pur dichiarandosi autonomo, è soggetto ad alcune limitazioni. Gli uomini, i lavoratori dai 50 anni in su e quelli con titolo di studio elevato – le categorie tradizionalmente più forti nel mercato del lavoro – hanno maggiori margini di flessibilità oraria: più spesso degli altri lavoratori possono decidere l’orario della giornata lavorativa e più facilmente possono accedere a permessi e a ferie, anche con breve preavviso. Più costrittive sono invece le condizioni lavorative di stranieri, giovani, donne e delle persone con un basso titolo di studio.

Il confine tra vita privata e orario di lavoro

Tra vita lavorativa e vita privata esiste un confine, sia di tempo sia di spazio, che può essere più o meno permeabile. Nel modulo si chiede la frequenza con cui si viene contattati per questioni di lavoro durante il tempo libero e il tipo di reazione attesa (se cioè il contatto prevede una reazione immediata o meno). Sebbene la maggioranza degli occupati (il 54,0%) nei due mesi precedenti l’intervista non sia mai stato contattato durante il proprio tempo libero, il 29,4% è stato contattato una o due volte e il 16,6% anche più spesso. Chi è stato contattato più frequentemente, nella metà dei casi deve assicurare una risposta prima della giornata lavorativa successiva; determinante, anche in questo caso, la variabile professionale: sono contattati nel tempo libero 7 datori di lavoro su 10 e meno di un terzo dei dipendenti a termine.

Chi viene chiamato fuori dall’orario di lavoro

I “meno disturbati” durante il tempo libero sono gli stranieri, le persone meno istruite, i giovani, le donne (queste
ultime nel 57,7% dei casi), con molta probabilità in ragione delle posizioni, più spesso marginali, che questi occupano nell’organizzazione del lavoro. Quelli più esposti a questo tipo di interferenze sono le persone con titoli di studio elevati, i lavoratori della fascia di età 35-49 anni, gli uomini. Sebbene i contatti nel tempo libero non siano frequenti, le persone con bassa istruzione più frequentemente delle altre devono garantire una risposta immediata (il 57,0% di chi è stato contattato più di due volte contro il 50,1% calcolato sul totale), insieme ai lavoratori del Mezzogiorno (56,0%), agli uomini e alle persone con 50 anni e oltre (rispettivamente il 54,0 e il 52,4%).

I laureati, invece, si caratterizzano per essere i più contattati (il 25,5% è stato contattato oltre due volte negli ultimi due mesi) ma anche per essere quelli che più raramente devono garantire una reazione tempestiva (47,2% sul totale dei contattati più di due volte). Infine, i giovani, e ancora di più le donne, sono quelli con minore probabilità di essere contattati e di dover assicurare prontamente una reazione (il 46,5 e il 42,7% rispettivamente).

Fonte: Istat 

I dati si riferiscono al: 2019 

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