I cristiani sono i fedeli più perseguitati del pianeta

cristiani perseguitati

Il 77% della popolazione mondiale vive in Paesi nei quali non esiste la libertà religiosa

Le guerre, da qualche secolo almeno, da quando gli Stati nazionali sono diventati il modello dominante, non sono più, almeno ufficialmente, motivate da tensioni religiose, ma da una serie di cause in cui le ragioni nazionaliste ed ideologiche, o quelle economiche, la fanno da padrone. Basti pensare alla prima e seconda guerra mondiale, quando anzi le motivazioni religiose erano semplicemente assenti.

Le guerre sono sempre di più guerre religiose

Le cose però dal Dopoguerra sono lentamente cambiate, come mostra uno studio del Parlamento Europeo sulle organizzazioni religiose e la risoluzione dei conflitti, che attinge a una ricerca del 2015 del Pew Research Center che da sempre effettua sondaggi e rilevazioni statistiche sulla società a livello mondiale.
Quello che emerge è che un sempre maggior numero di conflitti si è espresso sotto forma di guerra civile più che guerra vera e propria tra Stati sovrani, e che proprio questo tipo di scontri spesso asimmetrici, a intensità molto varia, fatti di guerriglie e attacchi terroristici, è stato caratterizzato sempre più dalla presenza di conflitti religiosi, tra le molte altre motivazioni, con una crescita quasi lineare. Nel grafico sotto è indicata la percentuale di guerre con motivazioni religiose in rapporto al totale delle guerre.

Dove vivono i cristiani perseguitati

D’altronde, come Pew Research sottolinea, negli anni 2010 poco è cambiato, la percentuale di Paesi in cui vi sono restrizioni statali alla libertà di culto, 27%, oppure ostilità sociale, ancora 27% o un insieme di entrambi, il 39%, è sì inferiore al 50%, ma schizza molto più in alto se consideriamo la porzione di popolazione mondiale che ci vive. In questo caso raggiungiamo il 77%. Significa che nel 77% della popolazione mondiale vive in Paesi dove non c’è la libertà religiosa come illustrato nel grafico sotto.

Nella categoria degli Stati che non permettono una totale libertà religiosa compaiono, infatti, alcuni Stati tra i più popolosi del mondo come la Cina, in testa tra i Paesi che pongono restrizioni governative pesantissime, e l’India, dove da sempre è presente una ostilità sociale verso molti gruppi. E tra i luoghi dove vi sono sia ostilità sociale che oppressione da parte del governo vi sono ugualmente Paesi molto grandi, come Egitto, Indonesia, Pakistan, Russia, Birmania.

I cristiani perseguitati ancora oggi nel mondo

Ma quali sono le comunità religiose più coinvolte? Negli ultimi anni secondo Pew Research sono i cristiani: nella maggioranza dei Paesi esaminati alla fine del 2015 i cristiani delle più varie denominazioni erano ostacolati o perseguitati, o oggetto di violenza. Seguono i musulmani, in 99 Paesi, gli ebrei in 77, e poi, come si vede dal grafico sotto, le altre religioni. Nel complesso in ben 164 Paesi, la grande maggioranza, vi era una qualche forma di discriminazione verso qualche comunità religiosa.
Un dato in netto aumento rispetto agli anni precedenti, a partire dal 2007 in poi. In ogni caso quella cristiana si è sempre confermata come la comunità perseguitata nel numero maggiore di Paesi, da un minimo di 95 nel 2008, a un massimo di 111 nel 2010, come si vede dal grafico sotto.

Chiaramente il grado di discriminazione varia moltissimo, in queste statistiche sono registrate sia le stragi di cristiani perseguitati e yazidi da parte dell’Isis in Iraq, sia singoli episodi di discriminazione non violenta come le minacce di gruppi estremisti di estrema destra verso le comunità ebraiche.

L’intolleranza religiosa all’interno dello stesso culto

E’ da notare che molto spesso si tratta di persecuzioni anche all’interno dello stesso gruppo religioso tra correnti diverse: in Indonesia, Siria e Irak sunniti impediscono a sciiti di esercitare la libertà di culto, in Moldova vi sono state tensioni tra ortodossi e battisti protestanti. Anche aree in media pacifiche hanno visto tensioni, come in Birmania tra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana ai confini con il Bangladesh.

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In generale l’indice speciale di Pew Research riguardante sia le restrizioni governative che le ostilità sociale è molto alto, e per anni è cresciuto proprio in Medio Oriente e Nordafrica. Segue l’Asia, dove l’indice mostra preoccupati rialzi anche nel 2013, come si vede dai grafici qui sotto. Gli esempi sono tantissimi. Si va dalle discriminazioni subite dai copti in Egitto, a quelle di armeni e sciiti alevi in Turchia, della Siria e dell’Irak sappiamo tutti, ma forse pochi sono a conoscenza delle grandi difficoltà che gli immigrati asiatici indù, cattolici e buddisti negli Stati del Golfo Persico devono affrontare per avere il diritto di culto in Paesi musulmani tra i più rigidi al mondo.

La mappa dei cristiani perseguitati nel mondo

Il grafico qui sotto indica la media del numero di Paesi dove il governo impone restrizioni alla libertà religiosa.

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Il grafico di seguito indica invece l’andamento del numero di Paesi dove esiste una ostilità sociale contro almeno una religione.

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Il Parlamento europeo, però, sottolinea anche il gran numero di organizzazioni a sfondo religioso che hanno contribuito negli ultimi anni all’attenuazione proprio delle tensioni tra le fedi. Come l’Istituto Reale per gli Studi Intra-Religiosi, promosso dalla monarchia giordana; e in effetti la Giordania appare attualmente come il Paese nel quale le diverse religioni riescono a convivere meglio in Medio Oriente. O la Ong cingalese Sarvodaya Shramadana Movement, che da decenni cerca di frenare le tensioni tra maggioranza buddista e minoranza induista tamil in Sri Lanka.
Paragonabile a queste organizzazioni è anche la Comunità di Sant’Egidio, che è stata coinvolta in Africa in molti processi di pace, in Mozambico, il caso più noto tra tutti, ma anche in Angola, Malawi e ora in Congo.

I dati si riferiscono al: 2007-2013

Fonte: Parlamento europeo

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