Quali sono stati gli tsunami più devastanti della storia

Dal più mortale in Indonesia nel 2004 al più costoso in Giappone nel 2011

Non è sempre lo tsunami più alto a fare più morti. E non è detto che quello più letale sia anche quello capace di fare più danni. Lo dimostrano i dati del Noaa, l’agenzia federale statunitense che monitora oceani e atmosfera: secondo il suo archivio storico, lo tsunami che ha colpito Banda Aceh, in Indonesia, il 26 dicembre 2004 è stato il più tragico di sempre, con 227.899 vittime. Diverso il primato dei danni economici, che spetta al Giappone: l’onda generata dal terremoto di magnitudo 9.1 dell’11 marzo 2011 ha causato perdite per 261.292 milioni di dollari (valutati a prezzi 2021), provocando 18.429 morti.

Il terremoto che si è verificato poche ore fa al largo della Kamchatka, nella Russia orientale, ha riacceso l’attenzione sul rischio tsunami. Con una magnitudo di 8.8, è entrato tra i dieci più forti mai registrati al mondo. L’onda generata ha fatto scattare allerte in tutto il Pacifico, raggiungendo Giappone, Hawaii e costa ovest degli Stati Uniti, ma senza provocare vittime: si sono verificati solo allagamenti e danni ad alcuni edifici, tra cui una scuola rimasta fortunatamente vuota.

I dieci tsunami con più vittime della storia

Dopo il tragico tsunami del 2004 in Indonesia, il secondo più letale della storia si verificò in Europa nel XVIII secolo. Il 1° novembre 1755, durante la festività di Ognissanti, un forte terremoto colpì Lisbona. La magnitudo stimata fu 8.5. L’epicentro si trovava nell’Oceano Atlantico, a sud-ovest della capitale portoghese. In soli sei minuti, la città fu scossa da tre violente scosse. Gli edifici crollarono. Le chiese affollate presero fuoco. Poco dopo, un tsunami con onde alte oltre 15 metri colpì il porto. L’acqua risalì il corso del fiume Tago, penetrando per centinaia di metri nell’entroterra. Molte persone che si erano rifugiate lungo le rive furono travolte.

Sempre secondo le stime del NOAA, il numero delle vittime direttamente attribuibili allo tsunami fu di 50.000, ma il bilancio complessivo del disastro, tra terremoto, maremoto e incendi, potrebbe aver superato le 100.000 persone. L’onda colpì anche l’Algarve, la costa del Marocco, della Spagna e si propagò fino ai Caraibi, Nord Europa e America settentrionale.

Krakatoa, lo tsunami che distrusse 160 villaggi

Il terzo tsunami con più vittime della storia è legato all’eruzione del vulcano Krakatoa, avvenuta tra il 26 e il 27 agosto 1883 nello stretto tra Sumatra e Giava, in Indonesia. Il crollo della caldera, una vasta depressione formatasi dopo l’esplosione del vulcano, generò onde che causarono 34.417 morti. Il bilancio complessivo dell’eruzione salì a circa 36.000 vittime, di cui oltre il 90% per effetto degli tsunami.

L’impatto fu devastante. Lo tsunami spazzò via 160 villaggi lungo le coste. In alcune zone, come Banten, le onde raggiunsero altezze stimate fino a 41 metri. Superarono persino quelle osservate nel 2004.

I tre tsunami più letali del Giappone

Il Giappone è l’unico Paese a comparire tre volte nella top 10 degli tsunami più letali della storia. Oltre al disastro di Tohoku del 2011 (18.429 vittime), il bilancio più grave si registra nel 1896, quando un’onda anomala colpì la regione di Sanriku, provocando 27.122 morti. Ancora prima, nel 1792, un evento di origine diversa causò la morte di 14.524 persone: in quel caso, una frana innescata da un’eruzione vulcanica sul monte Unzen generò un maremoto che devastò la baia di Ariake, sull’isola di Kyushu.

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Quanto può costare uno tsunami: le cifre

Tra gli tsunami che hanno causato i danni economici più gravi, il primato spetta a quello che ha colpito la regione di Tohoku, in Giappone, l’11 marzo 2011: secondo le stime aggiornate a valori 2021, le perdite ammontano a 261,3 miliardi di dollari. Una cifra che comprende edifici, infrastrutture, industria, trasporti e l’impatto del disastro nucleare di Fukushima.

A spiegare questo primato non è solo la potenza del sisma (magnitudo 9.1), ma anche la densità urbana, l’alto valore immobiliare e la presenza di impianti industriali strategici lungo la costa orientale giapponese. In quel caso, oltre 340.000 edifici furono danneggiati o distrutti e almeno 4.000 strade risultarono inagibili. Eppure, come già visto, il bilancio delle vittime fu più contenuto: 18.429 morti, molti dei quali anziani rimasti isolati nelle aree rurali.

Gli tsunami più costosi dopo il Giappone:

Al secondo posto c’è il terremoto del Cile del 2010, che generò uno tsunami con danni stimati in 36,7 miliardi di dollari. L’evento colpì una vasta area costiera, distruggendo abitazioni e porti tra le città di Concepción e Talcahuano. Terzo per costi è ancora l’Indonesia, con 14,1 miliardi di dollari di danni nel 2004. Ma in quel caso, a differenza del Giappone e del Cile, la devastazione avvenne in contesti con minore urbanizzazione e scarsa copertura assicurativa, riducendo la quantificazione economica complessiva.

Tra gli tsunami più dannosi dopo i grandi eventi in Giappone, Cile e Indonesia, si contano anche quello del 2018 in Indonesia, causato dall’eruzione del vulcano Anak Krakatau, con 1.595 milioni di dollari di danni, seguito dallo tsunami in Alaska del 1964, che provocò perdite per 999 milioni, e da quello nelle Filippine nel 1976, con un impatto economico stimato in 628 milioni di dollari (tutti i valori sono aggiornati al 2021).

L’onda più alta mai registrata

L’onda più alta mai registrata non ha provocato migliaia di morti né danni miliardari. Ma il suo impatto visivo è rimasto impresso negli studi scientifici. Il 9 luglio 1958, una frana caduta nella baia di Lituya, in Alaska, dopo un terremoto di magnitudo 7.8, generò un’onda alta 525 metri. La zona colpita era però quasi disabitata: le vittime furono solo 5. A distanza di decenni, questo resta il record assoluto di runup, cioè l’altezza massima raggiunta da uno tsunami sulla costa.

L’Alaska domina anche le posizioni successive: nel 2015 un’altra frana in un fiordo isolato provocò un’onda da 193 metri, e nel 1936, sempre nella baia di Lituya, se ne misurò una da 149 metri. Sette dei dieci runup più alti mai registrati sono avvenuti proprio in Alaska, una regione particolarmente esposta a terremoti locali, frane costiere e crolli di ghiacciai.

Gli unici casi fuori da questo contesto sono pochi ma significativi: in Groenlandia, nel 2017, il crollo di una montagna in un fiordo causò un’onda da 90 metri, mentre in Indonesia nel 2018 l’eruzione del vulcano Anak Krakatau generò un’onda da 85 metri. Anche la Norvegia, nel 1934 e 1936, fu colpita da due tsunami “da frana” nei fiordi, con onde alte oltre 70 metri.

 

Fonte: Noaa, National Oceanic and Atmospheric Administration
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