Le “nuove” province spendono il 13% in più

Più spesa corrente, cala quella per cultura (-26%) turismo (24%) e territorio (17%)

Il grafico mostra i tagli cumulati effettuati sui trasferimenti dallo Stato, verso gli Enti di Area Vasta (Eav), che altro non sono il nuovo nome dato alle vecchie province, ora abolite.

Il bilancio delle nuove province

Dal 2010 in poi in ogni legge di stabilità non sono mancate, per risanare i bilanci dello Stato, decurtazioni alle risorse destinate a questi enti. Sommandosi le une alle altre negli anni hanno raggiunto i 5 miliardi e 751 milioni di euro nel 2017.
Diverse leggi dal 2009 in poi hanno stabilito che le province, o gli enti che le avrebbero sostituite, avrebbero dovuto sostenersi soprattutto con entrate proprie, come per esempio una parte della Tari, l’imposta sulle assicurazioni auto, l’imposta provinciale di trascrizione dei veicoli, o il Tefa (tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente).
E’ su queste basi che sono stati effettuati i tagli alle dotazioni di questi enti locali che negli anni hanno costituito come un vero e proprio bancomat per governi sempre più affannati a rispettare i vincoli di bilancio senza dover rinunciare a spese centrali ben più visibili e importanti dal punto di vista politico.

Più tagli, più spendo

A dispetto del calo delle dotazioni finanziarie, le ex province hanno tuttavia aumentato la propria spesa corrente e quella in conto capitale (cioè gli investimenti). Se non bastasse questo fatto a far alzare un sopracciglio, osserviamo la divisione di questa spesa per funzioni. Negli enti presi come campione dal Senato per l’analisi emerge come tra 2013 e 2015 la crescita delle spese correnti sia aumentata del 4%, che sale a un +13% se il confronto è tra il 2014 e il 2015. E la causa di questi aumenti sono le crescite della funzione Amministrazione, gestione e controllo. Di fatto il funzionamento della macchina amministrativa: gli stipendi dei dipendenti, dei dirigenti, la spesa per gli edifici, ecc.

Tra 2015 e 2013, come mostra il grafico sotto, la crescita della spesa di questa voce è stata di ben il 47%, e del 38% se il confronto è tra il 2015 e il 2014.

E’ stridente il confronto con il calo delle spese correnti nelle altre funzioni. Tra 2015 e 2013 si è speso il 17% in meno in istruzione, il 26% in meno in cultura, il 24% in meno in turismo, il 17% in meno in gestione del territorio, solo per nominare alcuni dei tanti capitoli di spesa. Meno marcati i cali tra 2015 e 2014. Nel caso dello sviluppo economico e dell’istruzione c’è stato persino un aumento, del 7% e del 6%, che però non è bastato controbilanciare il dato totale tra 2015 e 2013.

La spesa per investimenti nel bilancio delle nuove province

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale (gli investimenti) almeno tra 2013 e 2015 la situazione è analoga, visto che a fronte di una crescita del 7% della spesa totale, vi è un aumento del 39% nella voce riguardante l’amministrazione, la gestione e il controllo come mostra il grafico sotto.

Non si tratta però dell’unica crescita. Anche la voce relativa al turismo, per quanto minore in valore assoluto, si espande, e di ben l’86%, come pure quella dello sviluppo economico, +47%. Leggeri aumenti anche per gestione del territorio e tutela dell’ambiente, cali rilevanti altrove.
Evidentemente le decurtazioni sono avvenute soprattutto tra 2014 e 2013 perché osservando le variazioni della spesa l’anno dopo, tra 2015 e 2014, sembra esserci stata una notevole espansione, +48%. Nei comparti turismo, cultura e sviluppo economico gli aumenti sono stati superiori al 100%.

Meno spesa culturale

E la tendenza è quella di un calo in funzioni, culturali e sociali, che effettivamente negli ultimi riordini di questi enti sono state definite non fondamentali, ovvero più di competenza statale o regionale. Tuttavia il Senato rileva come non sia coerente con questo impianto il calo nel  settore dei trasporti, che, invece, dovrebbe rientrare tra le materie che rimangono nelle competenze delle ex province. E inattese le crescite, soprattutto in conto capitale nel settore turismo e sviluppo economico.

La spesa per la “macchina”

Ma soprattutto il dato più significativo è proprio il grande aumento della spesa per le funzioni generali di amministrazione, non giustificabile neanche con i cambiamenti organizzativi che si sono verificati.
Questa spesa aggrava lo squilibrio che si è venuto a creare tra le entrate che questi enti si trovano ora ad avere e le spese che devono sostenere, che ammonta a 651,5 milioni per le province non capoluogo e a 15 milioni per le aree metropolitane.
Questo nonostante dal 2015 dallo Stato siano pervenuti contributi che invertono nettamente la rotta rispetto ai tagli degli anni precedenti, e hanno raggiunto il miliardo e 400 milioni totali (ovvero il totale cumulato tra 2015 e 2017), prevalentemente in parte corrente, nel 2017, come mostra il grafico sotto.

bilancio delle nuove province

Lo squilibrio tra entrate e spese di 651 milioni nelle province non capoluogo ha quindi reso necessario proprio nel 2017 due ulteriori interventi dello Stato centrale, per un totale di 280 milioni, che ha ridotto lo squilibrio a 371 milioni, comunque rilevante.
Per il futuro, quindi, è possibile che ci siano altri esborsi straordinari, che da un lato appaiono razionali considerando i tagli degli anni precedenti, dall’altro, però, finiranno per beneficiare enti che, anche negli anni in cui si stringeva la cinghia, non hanno esitato ad aumentare le spese, e non di poco, proprio per le funzioni amministrative generali, cioè per i costi per il mantenimento del Palazzo che si volevano invece finalmente ridurre.

I dati si riferiscono al: 2013-2016

Fonte: Senato

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