Guerra in Libia, ecco le tribù che se la contendono

Italia nel pantano nordafricano contro l’Isis. Ma il futuro è legato alle entità etniche

L’Italia è presente in Libia, non con soldati, ma con uomini dell’intelligence e personale specializzato nello sminamento. Insieme agli italiani ci sono americani e inglesi che cercano di imporre l’ordine in mezzo alla guerra in Libia.

Perché c’è la guerra in Libia

Una volta eliminato definitivamente il pericolo Isis, comunque, il governo Serraj avrà enormi difficoltà a governare il Paese, e questo a causa della particolare conformazione sociale della Libia, frantumata in tribù e non in partiti politici come è tradizione in Occidente. Per dare un’idea delle complessità che questo tentativo di creare un unico governo, unendo quello di Tripoli e quello di Tobruk, basti dire che secondo il think tank statunitense Stratfor, uno dei più autorevoli per quanto riguarda i temi geopolitici, le formazioni sociali ed etiche che si dividono la Libia sono ben 140 delle quali 30 sono le più influenti. Ma è una semplificazione: secondo altri il numero delle tribù libiche che solo formalmente sono sotto la stessa bandiera arriva addirittura a qualche migliaio, considerando anche quelle più piccole. Un retaggio della storia del Paese che in tutta la sua vita non ha mai conosciuto la democrazia. Ognuna di queste è guidata da un leader geloso della propria autonomia e della propria autorità e che difficilmente sarebbe disposto a perderla in nome di un progetto comune dell’intero Paese.

Le tribù libiche sono un ostacolo

Una persone nata in Libia è prima di tutto un appartenente alla sua tribù e solo dopo un cittadino libico. Questo senso di appartenenza è consolidato dal fatto che ogni tribù ha una sua area d’influenza che segue la geografia dell’area con le tre grandi regioni libiche indicate nella mappa qui sopra: la Tripolitania, che comprende la città di Tripoli sede di uno dei due governi, la Cirenaica, che comprende la città di Bengasi, e il deserto del Fezzan. Queste sono le tre aree geografiche che, secondo il famigerato “piano B” per far terminare la guerra in Libia, dovrebbero staccarsi l’una dall’altra per dare vita a tre entità autonome. Il problema è che il Paese non è diviso né politicamente, né geograficamente, ma socialmente, in unità etniche distinte e litigiose. Ed è per questo che il “piano B” è altrettanto complicato da implementare quanto il “piano A” (un governo di unità nazionale).

Guerra in Libia: la Tripolitania

Durante i 41 anni di regno incontrastato di Gheddafi la sua tribù, Gadhafi, era ovviamente la più influente del Paese e, per questo, anche la più odiata anche perché il colpo di Stato che portò al potere Gheddafi nel 1969 venne organizzato dai suoi appartenenti ai danni dell’allora re Idris, originario della Cirenaica.

guerra in Libia

La Gadhafi si divide in 6 formazioni più piccole e poco numerose ed è storicamente alleata alle due tribù più importanti del Paese: Warfallah, che rappresenta un sesto dell’intera popolazione libica, e Magariha. A Tripoli, o nelle sue vicinanze, ci sono anche le tribù Bani-Walid e Tarhuna (quest’ultima forte di 350mila persone). La tribù Zentan risiede invece soprattutto vicino al confine con la Tunisia ed è nota per essere stata, durante il regime di Gheddafi, quella che più ha contribuito all’esercito del colonnello, almeno fino a quando, nel febbraio del 2011, non iniziarono le proteste che portarono alla sua destituzione e poi alla sua morte che di fatto ha segnato l’inizio della guerra in Libia.

Guerra in Libia: la Cirenaica

In quest’area del Paese a dominare è la tribù Zuwaya, non tanto per la sua consistenza numerica, ma perché ha le chiavi d’accesso ad aree strategiche dove sono basati i pozzi e i depositi di petrolio, vero asset dell’economia libica. Questa tribù è stata una delle protagoniste del crollo del regime del colonnello insieme a quella di Misurata (che dà il nome all’omonima città), la più importante dell’est della Libia oggi presente soprattutto a Bengasi.

La tribu al-Awaqir è fondamentale dal punto di vista storico: è quella che ha combattuto più di tutte le altre il colonialismo ottomano e italiano ed è riconosciuta come un baluardo dell’indipendenza del Paese e per questo si è guadagnata il diritto di avere un ruolo di grande rilievo nella vita sociale del Paese e anche nel governo del colonnello Gheddafi.

La tribu Obeidat ha assunto, dal 2011 ad oggi, un’importanza via via crescente perché è quella che popola Tobruk dove risiede uno dei due governi che hanno cercato inutilmente un accordo per una guida unica del Paese. Da questa tribù provenivano due importanti personaggi che hanno contribuito alla caduta del regime di Gheddafi, il generale Suleiman Mahmud (che era responsabile della regione militare di Tobruk, e il generale Abdel Fattah Younis, ministro degli interni.

Guerra in Libia, il Fezzan

Una delle due tribù libiche più importanti del paese è la Magariha che domina l’immenso deserto del Fezzan, anche se molti abitano anche a Tripoli. Da questa tribù veniva sia Abdel Basset Ali al-Megrahi, l’attentatore di Lockerbie, che al-Sanussi, un militare responsabile di alcune tra le più cruente stragi di oppositori al regime di Gheddafi. Oppositori spesso provenienti da altre tribù e, per questo la convivenza con Magariha è molto difficile da parte delle altre formazioni etniche. Vivono sparsi per il deserto, vicino alla Cirenaica anche gli aderenti alla tribù Toubou che hanno una pelle molto più scura rispetto alla maggioranza dei libici che li confondo spesso con i popoli dell’Africa subsahariana.

Ma dal punto di vista degli interessi italiani la tribù più rilevante è quella dei Tuareg. Il motivo è semplice: questo popolo nomade e dalla storia e cultura profondamente diverse dalle tribù che vivono sulla costa, vive soprattutto sul confine con l’Algeria, vicino al deposito di gas naturale di Waha che rifornisce anche l’Italia. Ma, soprattutto, i Tuareg sono basati vicino al campo petrolifero Elephant alla cui proprietà partecipa anche l’Eni. Per questo Tuareg, per il bene degli interessi italiani, non possono essere esclusi dall’evoluzione politica del Paese.

I dati si riferiscono al: 2015

Fonte: Stratfor

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