I trafficanti di esseri umani preferiscono il cash

Ecco i sistemi con i quali si fanno pagare dagli immigrati. Nel 20% dei casi usano l'”hawala”

I dati dell’Unicef sull’immigrazione irregolare nel mondo rivelano una realtà che spesso, in Occidente, si cerca di dimenticare. Il 90% delle persone che arrivano in Europa pagano dei contrabbandieri per il loro “servizio” di trasporto.

Quanti sono i trafficanti di uomini

Si tratta di veri e propri trafficanti di esseri umani che, nel tempo, hanno diversificato i sistemi di pagamento per alimentare il business della tratta di esseri umani. Il fatto che lascia pensare è che, sempre secondo l’Unicef, l’Europol ha un database con 40mila trafficanti di uomini riconosciuti come tali. Tra gennaio 2016 e gennaio 2017 il numero dei trafficanti è aumentato di 17.459 unità: il 24% in più rispetto alle persone individuate nel 2015.

Il pagamento del “servizio”

I sistemi che usano per essere pagati sono indicati nel grafico sopra. Secondo l’Unicef nel 52% dei casi ottengono soldi cash dagli immigrati. Nel 13% dei casi a pagare i trafficanti di uomini sono le famiglie dell’immigrato che già risiedono in Europa.

Quello che è interessante però è che in un quinto dei casi i contrabbandieri si fanno pagare con il sistema della hawala. Si tratta di un sistema di trasferimento di fondi del tutto informale e che, quindi, sfugge a qualsiasi controllo e che è presente anche in Italia. Sinteticamente: la hawala funziona attraverso dei broker che, da una città all’altra, o da un Paese all’altro, promettono di versare il debito di una persona al suo creditore. Il tutto sulla base dell’assicurazione da parte del debitore, che salderà il proprio debito sia nel confronti del broker che del debitore, che può trovarsi dall’altra parte di un continente. La hawala si basa, quindi, su un rapporto puramente fiduciario che, se viene rotto, può portare a conseguenze drammatiche per il debitore e i suoi famigliari.

I dati si riferiscono al: 2016

Fonte: Unicef

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N.B. Le percentuali indicate nel grafico sono state riprodotte fedelmente dal documento Unicef “A child is a child”