Mobilità in Europa, si spostano solo in 7 milioni

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In pochi si spostano per lavoro. Nei Paesi occidentali il tasso di mobilità è irrilevante

Chi l’ha detto che gli europei, grazie proprio all’Europa, a Schengen, all’abolizione delle frontiere, possono godere di una maggiore mobilità all’interno del Vecchio Continente? Teoricamente è vero, ma di questa possibilità approfittano solo poche persone provenienti da pochi Stati.

La (poca) mobilità in Europa

Nel 2013, ultimi dati disponibili, la mobilità in Europa “per lavoro” delle persone all’interno della Ue è stata limitata ad appena 7 milioni di persone, il 3,3% del totale dei lavoratori europei.

mobilità in Europa

Ci sono poi 1,1 milioni di persone che vivevano nel proprio Paese di residenza ma lavoravano in un altro come, ad esempio, i frontalieri italiani che vivono in Italia ma lavorano in Svizzera, Paese, peraltro, che non fa parte della Ue

La mobilità dei lavoratori è aumentata molto dopo il maxi allargamento a est avvenuto nel 2004, ed è rimasta a livelli elevati fino al 2007. Attualmente, invece, solo 700mila persone in un anno si spostano da uno Stato all’altro per lavorare pari allo 0,29% del totale mentre questo tasso, in Usa, è il 2,4% e in Australia è l’1,5%.

Quanti sono gli europei emigrati per davvero

Il grafico qui sopra mostra il tasso di mobilità dei lavoratori per paese di provenienza nel 2013. Il tasso di mobilità è particolarmente basso per alcuni Paesi, ad esempio: Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Italia, Spagna, Francia, Gran Bretagna e Germania, che si trovano nella parte destra del grafico ed è, invece, molto più alta per i Paesi dell’est Europa, che si trovano nella parte sinistra del grafico.

Ciò che si osserva è che nel corso degli anni la mobilità delle persone che si trasferiscono da sud a nord (aumentata del 38% dal 2012) ha rimpiazzato i flussi di persone che si spostavano da est a ovest. Basta guardare i dati della Polonia e della Romania: il tasso di mobilità è sceso rispettivamente, del 41% e del 33%. Questo nonostante il fatto che, ad esempio, la Romania rimane, nella classifica che registra il numero di persone che si sono spostate per lavoro negli ultimi 5 anni, pur sempre al terzo posto, preceduta dalla Lituania al secondo, e dalla Lettonia al primo.

Si è invece sostanzialmente bloccata la mobilità dei croati e dei polacchi che, invece, sono ai primi posti per la mobilità di lunga durata, cioè quella iniziata da più di 10 anni. Per i Paesi dell’europa occidentale, la mobilità verso altri Paesi europei è percentualmente irrilevante.

I veri dati sulla mobilità in Europa

L’Istituto Jacques Delors, think tank decisamente europeista, segnala, però, che la mobilità in Europa dei lavoratori pone enormi problemi ancora del tutto irrisolti. “Il significativo aumento delle partenze di lavoratori provenienti dai Paesi più penalizzati dalla crisi economica – scrive nel suo rapporto “Notre Europe” del febbraio del 2016 –  rischia di drenare giovani cervelli e questo minaccia la sostenibilità del welfare e del sistema pensionistico nei Paesi dai quali provengono”.

Non solo. Se da una parte l’Istituto sostiene che la mobilità dei lavoratori va rafforzata per creare un unico vero mercato del lavoro europeo, dall’altra sottolinea che i politici del Continente devono impegnarsi a “evitare il rischio di disintegrazione” del mercato del lavoro; a “non creare tensioni” tra i lavoratori “mobili” e quelli “locali” e, contemporaneamente, evitare di costruire ostacoli all’uscita di lavoratori dai Paesi in crisi.

I dati si riferiscono al: 2003-2013

Fonte: Commissione europea (Istituto Jacques Delors)

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