Il business del pallone cala, ma le imposte continuano a far felice il fisco
C’è un aspetto del calcio professionistico italiano e del fatturato del calcio, assai poco svelato: la sua importanza per le finanze pubbliche.
Quant’è il fatturato del calcio
Se pensiamo infatti che in un anno il mondo del pallone versa una cosa come 1 miliardo di euro nelle casse dello Stato tra tasse e contributi previdenziali, si capisce quanto i 4 campionati di serie A, serie B e Lega Pro (1° e 2° Divisione) stiano particolarmente a cuore dalle parti del Ministero dell’Economia. Non per la competizione tra le squadre, bensì per il gruzzoletto che assicurano, molto utile nell’aiutare a fare quadrare i conti.
Quanto incassa lo Stato dal calcio
La cifra dell’introito complessivo dal 2008 al 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) è sempre stata superiore al miliardo di euro annuo, con la quota principale assorbita dalle ritenute per i redditi da lavoro dipendente e autonomo (il 51% del totale nel 2012, oltre 500 milioni di euro) seguiti da Iva e contributi all’Enpals, l’istituto previdenziale per i lavoratori dello spettacolo e dello sport, soppresso nel 2012 (ora si versa tutto all’Inps).
In 7 anni (2006-12), senza voler considerare le scommesse, il calcio professionistico italiano ha garantito allo Stato 5,9 miliardi di euro.
Il fatturato del calcio
E tutto questo mentre il calcio professionistico perde soldi. Per esempio: nel 2014-2015 il fatturato del calcio è stato di 3,7 miliardi di euro ma le squadre hanno chiuso in rosso per complessivi 525,8 milioni di euro. I campionati professionistici incidono per il 70% dei ricavi totali, quasi 2,6 miliardi di euro, quelli dilettantistici e giovanili per il 24%, con un fatturato di 913,3 milioni, mentre i ricavi netti di FIGC e leghe calcistiche valgono rispettivamente il 4% (153,5 milioni) e il 2% (68 milioni). Il numero di posti rimasti invenduti ha superato gli 8,4 milioni.
I dati si riferiscono al: 2006-2012
Fonte: Figc
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