La crisi ha ucciso gli investimenti in start-up: -72% dal 2007 ad oggi
In quasi tutti i Paesi del mondo gli investimenti di venture capital sono precipitati tra il 2008 e il 2009, l’anno della crisi, e poi non si sono mai ripresi. E il venture capital in Italia non fa eccezione.
Il grafico sopra mostra infatti l’apporto di capitale di rischio, in milioni di dollari, da parte degli investitori privati in Italia per finanziare l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo. Dal 2007 ad oggi sono diventati meno di un terzo, passando da 179,2 milioni di dollari a 51,3 nel 2015, cioè -72%, in crescita però rispetto al 2014, quando il livello era ancora più basso.
Chi investe di più nel venture capital in Italia
Austria, Ungheria, Corea, la Repubblica Slovacca e gli Usa sono gli unici paesi dove il livello degli investimenti dei venture capitalist nel 2015 ha superato quello del 2008. Difficile dire cosa accomuni l’Ungheria all’America, se non che i fondi di venture capital hanno più coraggio oppure intravedono migliori opportunità di investimento qui che altrove.
L’Italia non investe in start-up
Difficile fare un paragone con Canada, Israele o Usa, dove gli investimenti sono di un ordine di grandezza superiori rispetto a quanto vediamo in Europa. Ma anche restando più vicini a casa, noi Italiani siamo piccolissimi.
Il grafico mostra gli investimento dei venture capital in percentuale sul Pil di ciascun Paese. Lo strumento del venture capital è molto più usato in Finlandia, Svezia e Svizzera rispetto a tutti gli altri paesi, molto più che in Grecia, Ungheria, Italia, Slovenia e Spagna.
Sì, avete letto bene: quando si parla di investimenti rischiosi in aziende che però potrebbero essere molto promettenti, noi italiani tiriamo le mani indietro. Siamo quartultimi in Europa, con un livello di venture capital che arriva allo 0,00259 del Pil.
I dati si riferiscono al: 2007 – 2015
Fonte: Ocse
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